Recensione: Turbolent Resurgence

Di Daniele D'Adamo - 9 Ottobre 2012 - 0:00
Turbolent Resurgence
Band: Noisear
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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75

Le note d’accompagnamento al lavoro affermano che “Turbolent Resurgence” sia stato scritto in un giorno e quindi registrato in quarantotto ore. Bravura particolare, da parte dei Noisear, oppure dimostrazione che bastano due riff in croce per fare un album di grindcore? La risposta a questa domanda è apparentemente facile poiché verrebbe da affermare (con un pizzico di cattiveria…) che la seconda fattispecie sia quella più vicina alla realtà dei fatti. Tuttavia, se è vero che a ciascuno va il suo mestiere, allora bisogna riflettere che anche una musica la cui struttura sia apparentemente elementare come quella in esame abbisogna di competenze sia tecniche sia artistiche per essere fatta bene.

Competenze che ai nostri non mancano, in virtù di una lunga militanza nel genere e alla produzione di una buona discografia, che comprende cinque split, un EP e due full-length (compreso questo) di cui il primo, “Subvert The Dominant Paradigm” (2010), ha riscosso un più che lusinghiero successo di critica e di pubblico. Non solo: Alex Lucero e la sua gang, oltre all’esperienza, mettono in campo un approccio quasi da technical death metal, alla questione. Fatto, questo, che li distingue da molte altre realtà che bazzicano questo particolare genere musicale, magari più concentrate sull’impatto sonoro che al resto.   

Qui, invece, c’è una decisa propensione per l’azzardo armonico e per le dissonanze, tali da far sembrare le partiture di chitarra, a volte, assimilabili a quelle del djent (“Inflated Ego”). I riff sono rabbiosi e veloci come da scuola grind ma, in più, mostrano delle propaggini verticali che li rendono ripidi come un’arrampicata sul K2 (“Surrounded By Control”). In questo reame della disarmonia trova terreno di caccia la voce di Alex Lucero che richiama, più di una volta, il thrash à la Slayer che, come si sa, fonda le proprie radici (anche) nell’hardcore. Una voce roca, furibonda, scellerata, che mischia – pure – il growl allo scream e grazie alla quale il sound dei Noisear non si discosta così tanto dalla tradizione del genere. Sound che, seppur non originalissimo, tenta comunque di tracciare una propria identità, riuscendoci abbastanza bene in virtù, nondimeno, di un certo mood oscuro (“Intermission”) che, in qualche modo, lima leggermente certi spigoli davvero acuti. Probabilmente il risultato sarebbe stato migliore, per questo, se il rullante della batteria dello scatenato Bryan Fajardo non avesse presentato quel tremendo suono ‘plasticoso’, ahimè troppo comune nel patrimonio genetico degli act di grindcore. Con che, vanificando la pesantezza del potente e rutilante basso di Joe Tapia, movimentato come l’andirivieni delle montagne russe.  

Osservando la durata delle canzoni non si può non notare che esse, ventitré, non sono mai più lunghe di un minuto (a parte le due… suite “Intermission” e “Outro”). Questa decisione anima senz’altro il platter, facendo sì che lo stesso sia una sorta di somma di tanti brividi continui. Tuttavia, l’eccessiva frammentazione dei pur brevi diciotto minuti di musica complessiva portano un po’ di confusione, nella testa di chi ascolta. Tenuto conto che ciascun brano non è formato, come si potrebbe pensare, da un solo riff; una simile quantità di accordi sparati alla velocità della luce, anche se con pulizia e precisione, alla fine provocano un po’ di stanchezza. Il che parrebbe assurdo, data la brevità del disco. Ecco pertanto che, contemporaneamente, si può dire individuato il pregio e il difetto di “Turbolent Resurgence”: una densità di note che lo rende completo seppur fugace e, al contrario, doloroso come un pugno nello stomaco.

Con “Turbolent Resurgence” i Noisear provano a dare una diversa lettura al grindcore, connotandolo di una natura tecnica obiettivamente lontana dall’interpretazione classica dell’hardcore punk, da cui il grindcore stesso proviene. Il risultato non è male ma rende la proposta ostica da digerire e quindi poco immediata all’ascolto, anche se – alla fine – lo sfascio totale è garantito! E, in fondo, al grind si chiede proprio questo…

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Intro 0:25     
2. Pressure Blast 0:46     
3. There Is No God 0:39     
4. Black Trust 0:55     
5. Indifference 0:53     
6. Justifiable Homicide/Legal Gangsters 0:42     
7. Grains Of Sand 0:44     
8. Educate Hatred 0:49     
9. Inflated Ego 0:51     
10. Statue 0:41     
11. Blood Bag For The Leeches 0:43     
12. Intermission 1:07     
13. Surrounded By Control 0:42     
14. Born Alone, Die Alone 1:03     
15. Murderous 0:57     
16. Less Fashion, More Thrashin’ 0:50     
17. Broken Cycle 0:49     
18. Black Holes 0:36     
19. Harsh Reality 0:51     
20. Arm Yourselves 0:42     
21. 6 Million Miles 0:31     
22. Fiery Rebirth 0:58     
23. Outro 1:05
    
Durata 18 min.

Formazione:
Alex Lucero – Voce
Thomas Romero – Chitarra/Voce
Dorrian Rainwater – Chitarra/Voce
Dalton Tuerck – Chitarra/Voce
Joe Tapia – Basso/Voce
Bryan Fajardo – Batteria
 

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