Recensione: Unexpected Traumatic Experiences

Di Daniele D'Adamo - 15 Gennaio 2021 - 0:00
Unexpected Traumatic Experiences
75

Gli Infected Humans, provenienti dalla storica città ecuadoregna di Cuenca, cominciano agli inizi del 2021 la loro carriera discografica con “Unexpected Traumatic Experiences”, debut-album che consta di nove racconti. Racconti incentrati sulle atrocità del genere umano che, ogni giorno e ogni notte, costringono le persone a camminare sui margini di confine fra il bene e il male, la redenzione e la dannazione; portando le persone stesse a scegliere di tendere la mano e aiutare, oppure a braccare e uccidere.

Un contesto testuale perfetto per il brutal death metal sciorinato dai Nostri, poiché ne connota con decisione un mood cupo, a tratti addirittura oscuro. Senz’altro disincantato da ciò che trasportano le notizie dei TG, utilizzati come incipit ambient per parecchie canzoni. Detto umore, reso così tetro dall’osservazione delle gesta criminali compiute dalle persone, porta a una conclusione inevitabile: gli Uomini sono solo e soltanto un’infezione, per la Terra.

Questo approccio apparentemente autoptico e purulento alla questione, molto in voga fra le band che praticano il (sotto)genere, in realtà è utilizzato come mezzo per cercare di penetrare sino in fondo l’animo umano, di sondarlo per estrarne i sentimenti più profondi. Fattispecie che fa onore agli Infected Humans i quali, invece di seguire la massa, hanno avuto la forza, le idee e il coraggio di proporre, a livello di temi, qualcosa di diverso dal solito.

Anche la musica, seppure adesa ai dettami di base del brutal, cerca di staccarsi dai numerosi cliché triti e ritriti che, oramai, inchiodano il brutal medesimo. Dopo l’immancabile, gelido ‘Intro’, ‘Killing Perservately Depressed’ mostra sin da subito una formazione di ottimo livello tecnico, in grado di eseguire senza indugi gli accidentati percorsi che tormentano la foggia musicale scelta, offrendo anche spunti jazzistici come in ‘Chaotic Biological Organization’, oppure rapide incursioni nel technical death metal (‘Genocidas del Control’); quest’ultimo – almeno a parere di chi scrive – più vicino al brutal più di quanto non sembri.

Lo stile, il marchio di fabbrica del combo sudamericano, dovendo obbedire ai dettami più su citati, ovviamente non può stravolgere tutto, purtuttavia mostra qualche elemento di distacco. Individuabile, in primis, nell’abnorme dedizione alla chitarra di Claudio C, foriera di una miriade di riff duri, massicci, quadrati; capaci di fornire uno spesso substrato ritmico e, non essendo… zanzaroso, chiaramente udibile, decifrabile. Una colonna vertebrale solida e ben dimensionata rispetto agli altri elementi del sound, che peraltro non si nasconde dallo sciorinare soli melodici (‘Interstellar Torture’).

Elementi del sound fra i quali non si può non citare il sempiterno tappeto di blast-beats di M. Togra che, però, in alcuni momenti, quando i BPM calano di numero, sa anche gestire con tranquillità i cambi di tempo (‘Calcining Human Flesh’). Ignoto il motivo che connota al rullante un fastidioso suono di barattolo, che depotenzia un po’ l’energia erogata dalla band nel suo complesso. Meno visibile l’operato al basso di Israel, ma questa è una conseguenza ovvia, dovendosi farsi sentire in mezzo a tonnellate di accordi stoppati con la tecnica del palm-muting e a bordate di blast-beats. Sia quest’ultimo, sia il citato Claudio C si occupano delle linee vocali. In questo caso, niente di nuovo rispetto ai soliti grugniti del tutto intelligibili. Nulla di male, per carità, ma nemmeno qualche idea in più rispetto alla media.

Si è accennato ai brani, piuttosto varie fra loro. Anche questo un elemento di positività, giacché rende meno monolitico l’insieme, rendendolo più snello e flessibile. Oltre alla concretizza del riffing, pure in questo caso gli Infected Humans provano a movimentare l’incedere delle tracce, riuscendoci per buona parte. Circostanza, questa, che è figlia di una tenacia compositiva volta a proporre qualcosa che, davvero, sia farina del proprio sacco.

Certamente il brutal death metal non è facile da digerire, a volte neppure per i suoi appassionati, ma con “Unexpected Traumatic Experiences” si può davvero tentare la folle immersione evitando affogare.

Bravi, questi Infected Humans.

Daniele “dani66” D’Adamo

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