Recensione: Varego

Di Matteo Pedretti - 14 Giugno 2021 - 7:00
Varego
Band: Varego
Etichetta: Indipendente
Genere: Progressive  Sludge 
Anno: 2021
Nazione:
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76

Se si cerca la band Varego su The Metal Archives (aka Encyclopaedia Metallum), enciclopedia on line in cui è indicizzato e contenuto gran parte dello scibile di ciò che è Metal, si legge che questo nome, italianizzazione del termine dialettale genovese avaregau (avvelenato), si riferisce a una pianta velenosa che, però, ha anche facoltà medicamentose. Come dichiarato dal gruppo stesso nel corso di alcune interviste, ad orientare la scelta del moniker è stata proprio questa duplicità, che ben ne rappresenta la proposta musicale: un particolare connubio tra Post Metal, Doom, Stoner lisergico, Prog Metal/Rock ed echi dell’era Grunge.

La nascita dei Varego – nel 2009 ad Arenzano (Genova) – è l’esito dell’unione di musicisti forti di una lunga militanza nella scena underground nazionale. Nel 2012 rilasciano il debut “Tumultum” (prodotto da Billy Anderson, guru della scena Doom/Sludge/Stoner internazionale), le cui impronta sono radicate nel solco tracciato da Neurosis, Voivod, Alice In Chains e, più di recente, Mastodon. L’album è lanciato da Argonauta Records, label fondata all’uopo dall’allora chitarrista della band Gerolamo Lucisano e destinata a divenire quella fucina di gruppi Doom, Sludge, Stoner ed Heavy Psych che conosciamo oggi.

Il percorso dei Nostri prosegue lungo le medesime coordinate stilistiche con l’EP del 2013 “Blindness of the Sun” (con Jarboe al microfono su “Of Drowning Stars”) e con i successivi full lenght “Epoch” (2016) e “I, Prophetic” (2019). Nel 2020 Gerolamo Lucisano abbandona il progetto per dedicarsi a tempo pieno alla sua etichetta discografica e i superstiti del nucleo originale si riorganizzano in un power trio con Davide Marcenaro alla voce e al basso, Alberto Pozzo alla chitarra e Simon Lepore alla batteria. L’11 giugno 2021 i tre, a seguito della separazione da Argonauta Records, hanno pubblicato in modo indipendente l’autotitolato quarto album. “ST” è stato registrato nell’arco di tre giorni presso i Greenfog Studio di Genova. La produzione di Mattia Cominotto (già collaboratore di Tre Allegri Ragazzi Morti e Meganoidi) restituisce un suono che riesce ad essere moderno senza risultare artificiale, la cui resa – anche grazie all’approccio live utilizzato – è al contrario estremamente diretta.

Rispetto ai precedenti episodi discografici, in quest’ultimo i Varego, senza abbandonare i riferimenti ai generi a cui si sono da sempre rifatti, si focalizzano in modo molto più deciso sulla componente Prog Metal/Rock. Anche se a parziale discapito della spigolosità a cui ci hanno abituati, questi brani testimoniano il raggiungimento di più elevati livelli di maturità compositiva. Sono esempi di questa rinnovata visione la opener “Tunnel”, in cui però si ascoltano sequenze al limite del Doom/Death, “Death”, marcatamente ispirata agli Opeth del secondo periodo, “Needles”, “One”, che con un riffing nervoso e linee vocali taglienti trasuda urgenza espressiva, e “Wave”, nella quale si ritrovano alcuni dei passaggi più aggressivi del platter e ponti dal sapore Grunge.

Lo Stoner Metal stradaiolo e diretto di “Limbo” è invece più in linea con il back catalogue dei liguri, mentre a parere di chi scrive il gioiellino nascosto è la closer “Raptus (Un Passo e Muori)”. In lingua madre, le sue strofe si rifanno alla tradizione del più oscuro Prog Rock italico, mentre i ritornelli sono esplosioni Hard Rock innescate da riff gonfi e strabordanti.  

“Varego” è sicuramente un disco ambizioso, ma capace di centrare il bersaglio. Nonostante la durata inferiore ai 40 minuti, sono necessari ripetuti ascolti per comprenderne pienamente la portata e metabolizzare il parziale cambiamento di rotta. È valido anche rispetto al profilo tecnico, con un’abilità esecutiva mai fine a se stessa, ma costantemente messa al servizio dell’obiettivo: la realizzazione di buoni pezzi. Con tenacia, lavoro dopo lavoro, i Varego continuano ad ampliare lo spazio che sono riusciti a ritagliarsi in una scena davvero molto affollata. Pur senza scimmiottare i loro mentori, è ben chiaro da dove partono, ma ciò che sorprende positivamente è che non è altrettanto chiaro dove siano diretti …

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