Recensione: Vist

Di Alessandro Marrone - 8 Dicembre 2020 - 7:00
Vist
Band: Vetur
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2020
Nazione:
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78

Una piccola capanna di legno immersa in una tormenta di neve a tal punto da non riuscire a tenere serrata la porta d’ingresso. Con questa semplice quanto espressiva copertina gli islandesi Vetur (che significa inverno) consegnano il loro secondo album, a due anni di distanza dal disco d’esordio. Lo fanno con quaranta minuti di black metal dalle forti tinte atmosferiche, che però mai si soffermano troppo a indugiare sul silenzio della foresta, quanto invece sulla ruvidità di un habitat duro e crudo, esattamente come la violentissima e prima autentica traccia intitolata Gandreið.

Il quartetto riesce a mettere insieme un album compatto ed omogeneo dall’inizio alla fine dei quaranta minuti di durata, dove Vist spicca per qualità compositiva e per un sapore maledettamente analogico, ricordando le fredde traversate dei primi Immortal nelle selvagge terre del Blashyrkh, pestando forte e parecchio veloce quando intendono enfatizzare l’incessante assalto della tempesta di neve e rivelandosi anche cupamente melodici in episodi quali Dalalæða, o la più cadenzata Piningur, abile nel giocare con un contrasto tra parti acustiche quasi sussurrate e ripartenze rese ancora più brutali da questo particolare accostamento stilistico. Vist prosegue con estrema disinvoltura, facendoci approfondire la conoscenza con una band solida e in grado di scrivere un lavoro ispirato e che ben si differenzia dal 90% delle produzioni analoghe quando si sfoglia la fitta schiera di release etichettate come atmospheric black metal.

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