Recensione: We Are The Night

Di Francesco Sgrò - 18 Giugno 2020 - 22:05

A partire dalla metà degli anni ’90 si è potuto assistere ad un interessante fenomeno di proliferazione di progetti ambiziosi, realizzati da musicisti talentuosi che, per dare corpo alle proprie idee musicali, si sono avvalsi della collaborazione di ospiti illustri, contribuito fondamentale nel rendere memorabili alcuni grandi album usciti nel corso degli ultimi venticinque anni.
Tra i principali iniziatori di questa particolare corrente musicale c’è senz’altro il grande chitarrista (e polistrumentista) bulgaro Nikolo Kotzev, il quale, con i suoi Brazen Abbot prima e con la sua “Rock Opera” dedicata all’astrologo francese Nostradamus dopo (intitolata “Nikolo Kotzev’s Nostradamus”, pubblicata nel 2001), ha riunito intorno a sé una folta schiera di grandi protagonisti della storia del Rock, costruendo negli anni un piccolo mosaico discografico qualitativamente impeccabile.

Sulla scia di quanto realizzato da Kotzev tanti altri artisti hanno creato progetti personali analoghi, basati soprattutto sulla spettacolarità insita nell’avere riuniti tanti nomi fondamentali del panorama Hard ‘N’ Heavy.
L’esempio più importante è certamente costituito dagli Avantasia, il supergruppo creato nel 2000 dall’eccezionale mente artistica di Tobias Sammet (vocalist e leader degli Edguy).

A questa kermesse di realtà musicali “allargate”, si aggiungono, fin dal 2011, gli scandinavi Free Fall, creati dalla sapiente mano del bravissimo Magnus Karlsson. Un musicista poliedrico e molto attivo che, nel corso degli ultimi vent’anni, ha potuto costruire una solida esperienza suonando con vere e proprie icone del genere come Primal Fear, Russell Allen, Jorn Lande, Bob Catley e molti altri.
Con i Free Fall, Karlsson ha dato il via ad una discografia densa, iniziata nel 2013 con l’omonimo “Magnus Karlsson’s Free Fall” ed oggi giunta all’importante traguardo del terzo album, suggellato dal nuovo “We Are The Night” e ribadito dal perdurare del lungo sodalizio artistico con Frontiers Music.

Coadiuvato, oltre che da una straordinaria carrellata di interpreti, anche dall’inossidabile drumming di Anders Köllerfors (già con gli Strabreaker), per iniziare al meglio Karlsson concede libero sfogo alla creatività con la maestosa “Hold Your Fire”. Brano potente e regale nel suo incedere orchestrato e cinematografico, bilancia con perizia potenza e melodia, entrambe ben portate in risalto dalla consueta produzione pulita e cristallina delle uscite targate Frontiers Music.
A trainare le atmosfere del brano c’è la graffiante ugola di un fuoriclasse come Dino Jelusick (Trans-Siberian Orchestra e Animal Drive fra gli altri), protagonista di un refrain orecchiabile e ricco di pathos.
Meno cinematografica e maggiormente diretta è la seguente “Kingdom Falls”, la quale evidenzia la grande attenzione squisitamente svedese per le melodie ariose e di grande impatto. Lo dimostra un eloquente, ottimo, ritornello, interpretato questa volta da un altro singer di caratura superiore come Renan Zonta, frontman dei label mates, Electric Mob.

Velocità ancora controllate caratterizzano l’anima della title-track, contraddista da una struttura assai dinamica, ben divisa fra momenti atmosferici ed altri puramente granitici. Il refrain deciso e corposo, pare concepito ad arte per catturare l’attenzione del fruitore fin dal primo ascolto.
Un suggestivo tappeto orchestrale e la suadente voce della bionda Noora Louhimo (Battle Beast e Kamelot fra gli altri), conducono l’ascoltatore al cospetto della potente “Queen Of Fire”, ancora imperniata su velocità cadenzate, spina dorsale di uno schema melodico intenso e vincente.
Sebbene la proposta musicale di Karlsson non esca praticamente mai dai prevedibili canoni dell’Hard ‘N’ Power, tipici di tante altre produzioni Frontiers, anche “Dreams And Scars” si presenta come un nuovo momento piacevole di “We Are The Night”, doppiato dalla successiva “All The Way To The Stars”. Anima del pezzo, la voce acuta e squillante del bravissimo Michael Andersson (vocalist dei conterranei Fullforce).

One By One” mostra il lato più battagliero dei Free Fall: si alternano ritmi più controllati a gradite accelerazioni, utili nell’evidenziare le potenti melodie intonate da un altro pezzo da novanta come Ronnie Romero, singer di Lords of Black e dei nuovi Rainbow.
Giunti ormai ad oltre la metà dell’album, la certezza fornita da una tecnica inappuntabile è un dato di fatto. “We are the Night” mostra di essere un disco musicalmente altrettanto valido, anche se, a parere di chi scrive, il massiccio utilizzo di mid tempos, a lungo andare rischia di causare un minimo di prevedibilità: è questo il caso di “Under The Black Star”, brano molto buono ma inserito in una sequenza di tracce caratterizzate da una trama comune.
Molto interessante e diretta è la successiva “Temples And Towers”: una notevole ventata d’aria fresca resa al meglio grazie ad eleganti sferzate tipiche del miglior Power Metal svedese unite all’inconfondibile voce del grandissimo Tony Martin.
Con le note teatrali di “Don’t Walk Away” viene inaugurato il trittico finale dell’opera: apprezzabile l’impegno di Karlsson questa volta anche al microfono in un brano poggiato essenzialmente sul virtuosismo stellare delle sei corde. Alquanto suggestiva “On My Way Back To Earth”, emozionante strumentale ricco di atmosfera e passione in cui a dominare è sempre la chitarra di Karlsson. Uno dei momenti migliori del cd.

L’illustre voce di Tony Martin ha infine l’onore di far calare orgogliosamente il sipario con le note della solenne “Far From Over”. Il dichiarato e voluto omaggio allo spirito dei Black Sabbath di album come “Headless Cross” e”Tyr”, è la degna conclusione di un album davvero intenso e ricco di sfumature.

 

 

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