Recensione: Winterheart’s Guild

Di Enkidu - 3 Maggio 2003 - 0:00
Winterheart’s Guild
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Anno: 2003
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85

Due anni dopo Silence eccoci a recensire il nuovo lavoro dei Sonata Arctica, “Winterheart’s Guild“. Un titolo particolare per un album che si presenta come un lavoro maturo e in certe parti innovativo per la band finnica. Tanto si è parlato negli ultimi anni dei Sonata, e molte volte a causa del confronto con i ben più famosi Stratovarius. Li si è tacciati di essere la copia spudorata di Tolkki e soci. Bene, io penso che ciò non corrisponde a verità. C’è una netta differenza dall’essere una copia e fare una musica similare, quando si sente un brano degli Stratovarius e uno dei Sonata si riesce a cogliere a pieno le differenze di stile, di sonorità e di interpretazione. Sono convinto che i sonata Arctica siano molto di più di una semplice copia, e con questo album lo dimostrano ancora.

L’album a mio parere di può dividere in 2 parti, infatti le prime 6 canzoni sono le più classiche che il gruppo ci può presentare, con alcune chicche come i 2 “lenti” veramente eccellenti, invece le restanti canzoni ci presentano alcune novità dal punto di vista compositivo che ci dimostrano come i Sonata non siano completamente statici sul proprio stile, ma stiano cercando di variare e migliorarsi.

Abandoned, Pleased, Brainwashed, Exploited” parte subito grintosa e ci apre il disco con una tipica canzone in stile Weballergy con strumenti e voce che si inseguono velocemente e ritmo sempre frenetico, veramente un’ottima opener. La seconda canzone è quella che ho apprezzato di più, “Gravenimage” è una power ballad di impatto notevole, stupenda canzone, forse una delle migliori scritte dai Sonata. La partenza e lenta e delicata con la voce di Kakko che ci accompagna in maniera onirica per 3 minuti, poi tutto si movimenta e il cantato diventa aggressivo, quasi Kakko stesse urlando verso qualcuno. Stupendo l’attaco del coro verso i 5 minuti e 30. Si ritorna su ritmi più frenetici con “The Cage” che parte con un assolo iniziale di tastiera e che presenta uno dei migliori ritornelli dell’album, canzone tiratissima con un assolo di tastiera centrale veramente notevole. “Silver Tongue” si presenta più calma, ritmi meno sostenuti con maggiore melodia e degli ottimi stacchi prima di bridge e ritornello.

Tocca al pezzo lento dell’album, “The Misery“. I Sonata sono veramente bravi in questi brani e anche in questo caso non si smentisco creando una stupenda atmosfera pregna di tristezza e melanconia. “Victoria’s Secret” è stato il singolo che ha preceduto l’uscita del disco e si presenta come Eagleheart per gli Stratovarius, forse la canzone meno appariscente, ma quella che rispecchia più lo stile della band, sicuramente dal vivo avrà un impatto devastante. A questo punto entriamo in quella che secondo me è la seconda parte dell’album con “Champagne Bath“. Questa è forse la canzone più strana dell’album, anche se nei primi minuti non sembra molto diversa dal resto dell’album presenta un ritmo più cadenzato che veloce, poi nel bridge troviamo un cantato particolare quasi urlato ed infine dal secondo minuto in avanti troviamo un assolo che si trasforma nella parte più particolare del brano con una tastiera suonata a mo di xilofono ed un cantanto molto sporco. La successiva “Broken” parte subito in modo cadenzato e mantiene questo ritmo fino al minuto e trenta in cui il cantato diventa quasi un botta e risposta e lascia posto per poco tempo ad una melodia diversa.

The Ruins Of My Life” parte con rumori di sottofondo che sembrano battaglie per poi cambiare repentinamente in una power song ad alto ritmo con un ottimo stacco verso i 3 minuti, un’altra canzone particolare per lo stile Sonata, con notevoli cambi di ritmo e stile durante la canzone. “Draw Me” conlude l’album con un pezzo delicato e coinvolgente cantato in maniera eccellente da Kakko.

Dopo Ecliptica e Silence i Sonata Arctica ci regalano un’altro ottimo lavoro, qualitativamente a livello dei precedenti ma con una dose di maturità maggiore che gli ha permesso di introdurre nuovi suoni e particolarità senza stravolgere il loro stile e il loro modo di suonare. Trovo notevolmente migliorato il cantato di Kakko che sembra molto più coinvolgente e aggressivo rispetto al passato. Una mano per l’ottima riuscita qualitativa del lavoro è stata data inoltre dal grande Jens Johansson che ha firmato molti degli assoli di tastiera lungo l’album.

Tracklist:

01) Abandoned, Pleased, Brainwashed, Exploited
02) Gravenimage
03) The Cage
04) Silver Tongue
05) The Misery
06) Victoria’s Secret
07) Champagne Bath
08) Broken
09) The Ruins Of My Life
10) Draw Me

Written by David “Enkidu” Bossi

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