Recensione: Within

Di Emanuele Calderone - 5 Luglio 2010 - 0:00
Within
Band: Embraced
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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72

La storia degli Embrace ha inizio nel 1993 nella cittadina svedese di Malmö, grazie all’incontro tra il chitarrista Peter Mårdklint e il cantante Kalle Johansson. In seguito al reclutamento degli altri membri la band comincia a farsi conoscere grazie al demo “A Journey To Melancholy” ed al primo disco “Amorous Anathema”.
E’ nel 2000 che, sotto l’ala protettrice della Regain Records, il combo arriva alla pubblicazione del loro secondo lavoro – nonchè oggetto della recensione – nominato “Within” che rimane, ad oggi, l’ultima prova discografica del gruppo.

A farsi notare sin da subito sono i musicisti che prendono parte al progetto, tra i quali spiccano al basso Michael Håkansson (Evergrey), alle tastiere Sven Karlsson (Evergrey, Soilwork) e il batterista Thomas Lejon (Andromeda).
Nonostante i nomi coinvolti possano far pensare ad un gruppo progressive, i ragazzi propongono un metal estremo ricco di sfumature melodiche che, sebbene non brilli per originalità, si lascia ascoltare piacevolmente.
Strutturalmente il disco è piuttosto variegato, con un riffing abbastanza articolato e fantasioso; la sessione ritmica compatta e potente, condotta magistralmente dalla coppia Lejon/Håkansson, contribuisce a rendere più dinamiche le architetture dei brani. Le vere regine del full-length sono, neanche a dirlo, le tastiere, che giganteggiano ovunque, tessendo le melodie portanti dell’album.
Vocalmente il lavoro si alterna tra scream e growl, quest’ultimo utilizzato più di rado, soprattutto nei momenti più tirati del lavoro.
L’album viene introdotto dai quasi sette minuti di “Solitude of My Own” durante i quali si possono scorgere tutte le caratteristiche alle quali si faceva riferimento in precedenza. Il brano risulta ben costruito, dotato di melodie catchy e di facile presa, ma non per questo scontato. La band si dimostra in possesso di ottime capacità esecutive: ciò permette ai nostri di affrontare anche le parti più complesse con estrema disinvoltura.
Andando avanti le canzoni che più impressionano sono “Nightime Drama” e “Sacred Tears”. La prima si lascia apprezzare per la potenza sprigionata e per gli intrecci di chitarre e tastiere, convincenti per tutti i cinque minuti. Notevole anche lo stacco strumentale posto a metà del pezzo, estremamente atmosferico e passionale, con le chitarre acustiche in primo piano.
La seconda è, invece, forse la migliore del lotto. “Sacred Tears” si dimostra sin dall’introduzione perfettamente bilanciata tra momenti più rilassati ed altri più tirati. L’introduzione viene affidata ad un arpeggio di chitarre acustiche accompagnate dalle keyboards per poi esplodere in un pezzo a cavallo tra gothic e black melodico. Il risultato finale è di assoluto rilievo, grazie anche ad una prova veramente convincente da parte del cantante Kalle Johansson.
Il resto delle tracks si muove invece su livelli qualitativi leggermente più bassi, ma comunque sempre più che sufficienti, ad esclusione di “Outro”, splendido congedo strumentale, in cui vien fuori l’anima più sinfonica degli Embraced.

Ottima la produzione e, come già detto in precedenza, la prova esecutiva di ciascun membro. Il songwriting è fresco e di buon livello, nonostante il ricorso ad alcune soluzioni che sanno un po’ di “già sentito”.

Tirando le somme, siamo al cospetto di un LP più che soddisfaciente, in grado di suscitare la dovuta curiosità e capace di mantenere discretamente alta l’attenzione nell’ascoltatore. Pur non essendo un capolavoro, questo “Within” rimane a dieci anni di distanza un album valido, adatto anche a coloro che si affacciano al panorama estremo per la prima volta.

Tracklist:
01 Solitude of My Own
02 Within Me
03 The Fallen
04 Putrefaction
05 Era of Changes
06 Nighttime Drama
07 Sacred Tears
08 Blessed Are Those
09 Outro

Emanuele Calderone

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