Recensione: Heroes Temporis

Di Roberto Gelmi - 29 Febbraio 2016 - 10:00
Heroes Temporis
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2016
Nazione:
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80

Gli uomini magnanimi tornano sulle scene con la ristampa shot-for-shot, o meglio track-by-track, della loro rock-opera Heroes Temporis del 2006, questa volta proponendo una world edition (distribuita dall’etichetta indipendente CdBaby e Alliance Entertainment) che saprà accontentare una platea d’ascoltatori assai vasta. Le international soloist voices chiamate in causa per questo intento sono niente meno che due figure di spicco indiscusso (già ospiti comuni negli Avantasia), quali “Sir” Russel Allen (Symphony X, Adrenaline Mob, Level 10) e la valchiria Amanda Somerville (Aina, Kamelot, Trillium), coadiuvati dall’eclettico doppiatore inglese Clive Riche, narratore discreto ma caratterizzante (ricorda un po’ la voce di Mike Terrana in Tales of Ithiria degli Haggard).
I mastermind salernitani Giancarlo Trotta e Luca Contegiacomo azzeccano, dunque, un’accoppiata di voci che risulta ottimale. Non era cosa scontata, si poteva optare per le soluzioni più diverse (Jørn Lande e Sara Squadrani, Mark Boals ed Elize Ryd, giusto per dirne un paio?). Allen è graffiante nei brani più diretti, emoziona, invece, in quelli elegiaci (basti ascoltare il finale di “Never Again”): senz’ombra di dubbio, la sua prova supera quella del tenore Francesco Napoletano chiamato in causa dieci anni fa. Amanda si conferma su livelli di forma invidiabili: quella che fino a un decennio fa era una promessa, oggi è una delle voci femminili più gettonate del panorama metal (i Nightwish avranno pensato anche a lei per il dopo Olzon?). La sua interpretazione di “Intus-Until” è da brivido, non ce ne voglia Ivana Giugliano (vocalist del 2006), ma la sua voce non può reggere il paragone. Il risultato è una miscela di atmosfere fatate e duetti magici, fra tutti “Like the Hawk”, su lidi quasi AOR.
La scaletta è più snella rispetto a quella del 2006, scompaiono i tre brevi intermezzi strumentali; i titoli dei pezzi ricalcano quelli italiani (e il lavoro compositivo di Pietro Ruggiero), le liriche in inglese non tolgono nulla alla bellezza intrinseca del concept. L’artwork è sobrio e un filo impersonale (si poteva fare meglio, l’edizione 2006 era pregevole da questo punto di vista); nel booklet i testi scritti non rispecchiano rigorosamente le parti cantate, ma si tratta solo di alcune inversioni di parole e alcuni verbi ausiliari. Niente da aggiungere per quanto riguarda la prova degli strumentisti coinvolti nel 2006. La sezione ritmica degli Ark (MacalusoCoven) è sinonimo di garanzia, ma anche Marco Sfogli (attualmente nella PFM, dopo il ritiro del maestro Mussica) regala emozioni. Data la caratura epica del concept, va ricordato, la presenza della Bulgarian Symphony Orchestra Sif. 309 è un tassello fondamentale dell’identità sonora dei MAV, che non hanno complessi d’inferiorità nei confronti di nomi più blasonati come Rhapsody of Fire o Therion.

In definitiva un album raffinato, ben suonato e prodotto con cura: il metal è presente ma in modo non pervasivo, l’album vive di più sfaccettature. Chi ama il power metal sinfonico non si troverà deluso dall’acquisto del platter. Segnaliamo in chiusura che il ricavato delle vendite contribuirà alla costruzione d’un reparto per bambini affetti da autismo, seguiti da un team specializzato in clownterapia (per chi volesse contribuire al progetto rimando ad Associazione Heroes Temporis For Autistic Children ONLUS).

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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