Recensione: Resisting Success

Di Orso Comellini - 4 Giugno 2011 - 0:00
Resisting Success
Band: Hades
Etichetta:
Genere:
Anno: 1987
Nazione:
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85

Gli Hades possono essere tranquillamente considerati tra i pionieri del techno thrash, potendo vantare una carriera – ormai ultratrentennale, tra vari split-up, ricongiungimenti e cambi di line-up – che ha inizio nel 1978 per volontà (ma soprattutto per la tenacia) del talentuoso chitarrista ritmico e solista Dan Lorenzo. Sebbene l’ultimo e valido full-length “DamNation” risalga al 2001, il combo del New Jersey è ancora in attività (si segnala il reintegro di Scott LePage), avendo pubblicato nel 2009 il DVD live “Bootlegged In Boston”, che li ritrae in uno show del 1988.

Tuttavia, in questa sede, andremo a raccontare gli esordi della band e più in particolare il debut album “Resisting Success” (1987) che, assieme a “If At First You Don’t Succeed…” dell’anno successivo, rappresenta l’apice creativo della loro discografia. Altro punto di forza, oltre al già citato Lorenzo, è il contributo di Alan Tecchio (poi nei Watchtower di “Control And Resistance”), singer italo-americano dotato di una notevole estensione e maestro nella tecnica della ‘voce di testa’, qui accompagnato da musicisti altrettanto preparati: LePage alla sei corde, Jimmy Schulman al basso e Tom Coombs dietro alle pelli.

Il debutto dell’ensemble dell’East Coast è un lavoro già definitivo e competitivo, in virtù di un’esperienza quasi decennale accumulata dopo una prolifica serie di singoli, demo e quant’altro e facendosi le ossa calcando assiduamente i palchi degli States. Gli Hades hanno così maturato uno stile personale e come accennato piuttosto tecnico (assimilabile sotto vari punti di vista alla proposta dei contemporanei Toxik). Un sound in parte ancorato al retaggio dei grandi nomi della decade precedente, dai quali i Nostri hanno ereditato un gusto marcato per composizioni ricercate, accattivanti e variegate; mettendo perciò le capacità esecutive al servizio delle singole canzoni, più che soffermandosi sui passaggi ‘impossibili’ che caratterizzeranno le successive release in ambito techno thrash (Anacrusis, Hexenhaus, Mekong Delta, Stone, Tourniquet, …) e che restringeranno i confini di questo sottogenere, estromettendoli di conseguenza (in parte) dalla cerchia.

Ottenuto un contratto per la realizzazione di due full-length con la nascente Torrid Records (Exodus, “Bonded By Blood” e Tension, “Breaking Point”) il quintetto di Paramus entra in studio con l’ausilio di David Blake in veste di produttore e Paul Millenchuck per realizzare l’azzeccata copertina, raffigurante un particolare della comune banconota da un dollaro: “The Great Seal” ovvero la piramide con l’occhio al vertice (in questo caso sostituito dal simbolo del dollaro sbarrato) riconducibile alla simbologia massonica. Dietrologia a parte, utile comunque per farsi un’idea di alcuni dei temi affrontati su “Resisting Success”, non resta che passare in rassegna le tracce che lo compongono.

L’apertura è affidata a “The Leaders?” ed è subito un brano memorabile (che troverà sempre spazio nelle set-list del combo): dopo un epico intreccio chitarristico (i due axemen sono tra l’altro gli autori della canzone) di ‘priestiana’ memoria, l’ensemble statunitense parte all’attacco con un devastante riff puramente thrash. Strofe quadrate e un ritornello frenetico, dove il buon Tecchio urla su frequenze alte lunghi versi senza prendere fiato. Incessante il lavoro della sezione ritmica anche nel mid-tempo centrale con imprevedibili variazioni dell’infaticabile drummer Coombs e le cavalcate di Schulman al basso con pattern che sembrano voler intersecarsi quasi da solista al tessuto ordito da Lorenzo e LePage. Quest’ultimo ci regala, poi, un vorticoso solo sulla seguente ripartenza e a quel punto scapocciarsi è quasi inevitabile. “On To Iliad”, introdotta da un incalzante segmento di basso e batteria, è caratterizzata da un appesantito ma ritmato riffing-work di matrice hard, come testimonia anche il rockeggiante solo del versatile LePage. “Legal Tonder” ritorna su ritmi più sostenuti con un minutaggio ridotto all’osso, una partenza in stile “Thrashers” dei Death Angel e ritmiche tipicamente speed. Di nuovo, dopo un brano veloce ne ritroviamo un altro cadenzato (“Sweet Revenge”) e senza nemmeno accorgervene vi ritroverete a muovere il piede a tempo sulle venature groove settantiane quasi funky, condotte dalla dinamicità di Coombs. È interessante, perché abbastanza anomala, la trovata di mettere in fila i soli di Lorenzo/LePage/Schulman/Coombs a due terzi di canzone. A chiudere in maniera esemplare il primo lato del vinile, troviamo la grandiosa “Nightstalker”, probabilmente uno dei migliori episodi della loro intera discografia. Una magica rullata di batteria, un magnetico riff del più elettrico dei blues, il consueto solo ispirato le cui note ci conducono fino al vero e proprio attacco dinamitardo delle due chitarre e non c’è più scampo per nessuno. Sembra riecheggiare il leggendario main-riff di “Metal Church” del combo di Seattle, con un’atmosfera meno rarefatta e sulfurea, in favore di un appeal dannatamente thrashy.

Difficile ripetersi dopo una prova del genere e invece il quintetto americano ci riesce con “Resist $uccess”. Ottimo anthem dalla struttura quasi speculare che riprende e stravolge i ritmi della NWOBHM e una parte centrale da manuale del thrash. Si passa poi a “Widow’s Mite (Chapter Eleven)” e nonostante cali leggermente la frequenza, l’intensità rimane pressoché intatta per merito di una ritmica rocciosa e del consueto impegno in fase solista delle due asce. Prima che l’album finisca, rimangono le due tracce più particolari del lotto: l’oscura ballata elettrica “The Cross” aperta dalla dodici corde di Lorenzo e la lunga suite conclusiva “Masque Of The Red Death” (scritta da uno Schulman che in quest’occasione non ha nulla da invidiare al miglior Steve Harris) che trascrive in musica la fatale festa in maschera usata come espediente dal principe Prospero per sfuggire all’orrore della peste, narrata nel celebre racconto di E. A. Poe.

“Resisting Success” si rivelerà un titolo quantomeno profetico, a dispetto di composizioni di un certo peso storico in ambito metallico e anche se le vendite non furono fallimentari, non bastarono a far emergere gli Hades dalla dimensione di cult band. Sono sicuro comunque che chi andrà a disseppellire questo piccolo tesoro ne rimarrà piacevolmente affascinato.

Orso “Orso 80” Comellini

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Track-list:
1. The Leaders? 4:27
2. On To Iliad 3:02
3. Legal Tender 2:20
4. Sweet Revenge 4:03
5. Nightstalker 5:45
6. Resist $uccess 4:02
7. Widow’s Mite (Chapter Eleven) 3:39
8. The Cross 3:54
9. Masque Of The Red Death 9:09
I. Red Death
II. The Prince’s Master Plan
III. The Masquerade Including The Twelfth Hour And Return Of The Red Death

All Tracks 40 min. ca.

Line-up:
Alan Tecchio – Vocals
Dan Lorenzo – Guitar
Scott LePage – Guitar
Jimmy Schulman – Bass
Tom Coombs – Drums

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