Recensione: Sacrifice

Gli Alchemist sono una band di Torino influenzata essenzialmente dai Megadeth, che propende anche verso l’insano Technical Thrash di Watchtower e Blind Illusion e pure con un certo approccio classico che pesca dagli anni ’70 ed ’80 … parecchia roba, insomma!
Nati nel 2019, con alle spalle un paio di singoli ed un EP (‘Architecture of Humanity’ del 2023), con la formazione che ruota intorno ai fondatori Alessandro Gargivolo (voce e chitarra) e Michele Moglia (batteria), debuttano quest’anno con il Full-Length ‘Sacrifice’, composto da otto canzoni dalla durata complessiva di poco superiore alla mezz’ora.
Le caratteristiche principali di quest’album sono la variabilità della scrittura e la sua relativa breve durata, scelte risultate entrambi positive.
‘Sacrifice’ è un disco “complicato” ma non tedioso proprio perché le sue tracce, per quanto poco duttili, sono ben diversificate tra loro e non si contorcono su sé stesse per l’eccesiva durata.
Il lavoro strumentale è quello di una squadra affiatata, dove ogni componente dice la sua senza sovrastare gli altri od essere sovrastato.
Le parti di chitarra sono dense, con una bella macinatura di riff, arpeggi malvagi ed assoli magnetici ma non invasivi.
La sezione ritmica è un bel martellare, capace di diffondere ritmi classici ma anche inusuali e con una batteria che, in certi frangenti, sembra non riuscire a stare dentro nel pezzo, rendendolo così ancora più sovversivo.
La voce di Alessandro non si impone con prepotenza od arroganza ma vuole conquistare con la sua teatralità, passando dalla disperazione alla rabbia con estrema naturalità, tante volte corroborata da controcanti o voci psicotiche.
Ma è l’ambiente in cui si viene proiettati che colpisce: che il brano sia cadenzato, come ‘Sacrifice’, oppure veloce, come ‘Turning Upside Down’; che contenga elementi sperimentali, come l’utilizzo di una malinconica fisarmonica nella strumentale ‘Butterfly Effect’, oppure classici, come il Thrash Old School che sgorga da ‘The Alchemist’; che tenda al progressivo, come ‘Nevermore?’, o che sia semplicemente rabbioso, come ‘In a Natural Way’, l’energia sprigionata da quest’album rende l’aria rovente, spettrale, allucinogena …
Gli Alchemist riescono a rompere gli schemi, con una buona dose di anticonformismo tecnico, ma anche a ricucirli, richiamando i Black Sabbath nell’inquieta ‘Deception Of’, gli Iron Maiden nella belligerante ‘She Sells … Death!’ ed anche gli Anthrax nel riff della già citata ‘In a Natural Way’.
Il risultato è un “Signor Debutto”, prodotto da una band che sa il fatto suo, magari non immediatamente digeribile vista la sua alta natura tecnica ma completo, con buoni spunti personali ed accattivanti agganci al passato.
Colpisce anche la copertina: fuori dai soliti cliché di mostri, diavoloni, mondi distrutti e politici chiaramente corrotti mostra, con colori tenui ed anche un po’ appannati, che l’effetto di un semplice battito d’ali di una farfalla può causare fratture irreparabili.
Abbiamo detto tutto, a questo punto attendiamo con viva curiosità il prossimo lavoro.
‘Sacrifice’ è stato registrato, mixato e prodotto presso i Castel Verde Records di Pino Torinese (TO) ed è stato masterizzato presso i Tortonia Studio di Poirino (TO).