Recensione: River Of Music: The Power Of Duets, Vol. 1
Jim Peterik, un nome che non ha alcuna necessità di presentazioni.
Se da qualche parte esiste un monumento, una statua, una installazione che celebra il genere musicale AOR, indubbiamente deve avere le sembianze dell’eterno ed adorabile zio Jim. Dagli albori del rock adulto con gli immortali Survivor, sino agli anni duemila, con una serie cospicua di grandi progetti (Pride of Lions su tutti), mr. Jim Peterik ha, infatti, scritto pagine memorabili fatte di stile, classe e tantissima melodia.
Per chi ama visceralmente l’AOR, impossibile non volergli bene. Quasi fosse un familiare.
I suoi dischi sono proprio come la strenna di uno zio che, di tanto in tanto, arriva in città e ti porta un regalo dei suoi.
Con l’ideazione del complesso intitolato “World Stage“, Peterik ha voluto ritagliare per se stesso ed i fan, uno spazio speciale dedicato al versante più intimo, morbido e confidenziale dell’AOR, in luogo di composizioni votate ad un più alto tasso di elettricità e dinamismo.
“River Of Music: The Power Of Duets, Vol. 1” è, in effetti, anche questa volta un disco che privilegia melodia, armonie vocali e calore umano rispetto all’impatto rock immediato. Non è un lavoro rivoluzionario, ma rappresenta con coerenza la fase più riflessiva della carriera del grande songwriter e musicista americano, esaltata dalla produzione levigata di Ron Nevison e da una galleria di ospiti ben integrati nel quadro d’insieme.
Il concept “The Power Of Duets” permette a Peterik di trasformare le canzoni in un dialogo continuo. Al centro di tutto c’è il confronto tra voci, generazioni e percorsi musicali diversi. L’intervento di Ron Nevison si avverte nella pulizia dei suoni, nella scelta di arrangiamenti misurati e nell’equilibrio fra tastiere, chitarre e cori, con un taglio che guarda dichiaratamente al classic AOR più morbido e radio friendly.
Le dieci tracce si muovono costantemente fra pop rock elegante e AOR melodico, con chitarre spesso in secondo piano a favore di pianoforte, tastiere e intrecci vocali. Una scelta che accentua il lato romantico e, talvolta, zuccheroso della scrittura di Peterik. Il flusso dell’album è volutamente omogeneo: pochi sussulti a vantaggio di una linearità di atmosfere che si mantiene equilibrata e rimane al riparo da qualsiasi asperità. Parimenti, un canovaccio che nel suo voler essere del tutto accomodante, quasi “signorile” nello stile, non riserva alcuna sorpresa lasciandosi interpretare immediatamente sin dalle prime battute.
La title track “River Of Music”, con il dialogo familiare fra Jim e Colin Peterik, introduce con delicatezza il tema del passaggio di testimone generazionale e del legame affettivo mediato dalla musica. “Waiting For You”, retta dal duo Dave Mikulskis/Bree Gordon, insiste su toni quasi natalizi e rassicuranti, confermando la scelta di una tavolozza cromatica calda e luminosa, più che grintosa.
“The Cadence Of Things”, impreziosita dalla voce di Jason Scheff, offre una progressione melodica in crescendo che riassume bene il lato più solare del disco, mentre “Soul Of My Being”, con Toby Hitchcock, gioca la carta dell’enfasi emotiva tipica dei Pride Of Lions, pur senza raggiungere sempre un ritornello davvero memorabile. “I’m A Survivor”, in coppia con Kaity Heart, aumenta leggermente il tiro ritmico e introduce un piglio più deciso, prima che “Everything You Need” richiuda il cerchio in modo rassicurante, riportando la narrazione sul rapporto tra padre e figlio.
La scelta degli ospiti è funzionale e meditata: Kevin Cronin (REO Speedwagon), Cathy Richardson (Jefferson Starship), Toby Hitchcock (Pride of Lions), Jason Scheff (ex Chicago)e gli altri partner vocali assecondano il gusto melodico di Peterik, aggiungendo sfumature stilistiche senza snaturare l’identità complessiva del progetto World Stage. I musicisti chiamati ad impreziosire l’opera – nomi esperti come Tony Franklin, Phil X, Mike Aquino e una sezione ritmica di livello – garantisce solidità e professionalità, anche se il mix privilegia sempre l’impatto delle voci rispetto alle prove individuali dei musicisti.
Il punto forte del disco è la coerenza: chi cerca un AOR sofisticato, melodicamente curato e privo di spigoli troverà in “River Of Music: The Power Of Duets, Vol. 1” una collezione di brani affidabili, impreziositi da testi e atmosfere che parlano di relazioni, resilienza e memoria con tono maturo e bonario. D’altro canto, chi spera in un ritorno all’energia più rock dei Survivor o in soluzioni sorprendenti e grintose, potrebbe percepire una certa ingombrante prevedibilità, con parecchi momenti che si appoggiano un po’ troppo su cliché del genere e su un mood costantemente rassicurante. Non la chiameremmo noia. Piuttosto, eccessivo relax.
Nel complesso e considerati tutti gli aspetti che lo caratterizzano, l’album si colloca come un capitolo riuscito, seppur non imprescindibile, della saga World Stage. Un disco che punta più al cuore degli appassionati di AOR classico che alla conquista di nuovi ascoltatori, ma che conferma la capacità di Jim Peterik di scrivere canzoni rifinite e di costruire intorno a sé una comunità di voci e musicisti legati dalla stessa idea di melodia.
Zio Jim si ascolta sempre con immenso piacere. A volte le sue storie sono avvincenti e ricche di avventure. Altre volte hanno i contorni calmi, serafici e rassicuranti di una fiaba natalizia.
In ogni caso, il talento puro ed incontaminato di uno dei più grandi artisti della musica rock d’oltreoceano è sempre lì, tangibile ed evidente.
Pronto ad emergere e a diventare protagonista di ogni sua composizione.



