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Heavy Fucking Metal Pillar: recensione Ozzy Osbourne (Bark at the Moon)

Di Stefano Ricetti - 19 Agosto 2025 - 9:08
Heavy Fucking Metal Pillar: recensione Ozzy Osbourne (Bark at the Moon)

Di seguito la recensione di Bark at the Moon, il terzo album di Ozzy Osbourne – qui sua intervista del 1986 – in qualità di solista dopo la dipartita dai Black Sabbath avvenuta nel 1979, così come uscita originariamente all’interno delle pagine della rivista Rockerilla numero 41 del gennaio 1984, a firma Giancarlo Trombetti. Alcune stranezze: il vinile di Bark at the Moon, nel 1983, venne pubblicato in diverse versioni, differenti fra loro, non solo a livello di grafiche in copertina riguardanti la colorazione di logo e titolo. Nell’edizione americana e giapponese manca la canzone “Spiders” e in sua vece c’è “Slow Down”. Inoltre il brano “Forever” compare con il titolo di “Centre of Eternity”.

A livello personale posseggo la stampa olandese originale Epic dell’epoca, alla quale fa molto probabilmente riferimento la recensione di Rockerilla, con la seguente tracklist: 1. Rock ‘n’ Roll Rebel, 2. Bark at the Moon, 3. You’re no Different, 4. Now You See It (Now You Don’t), 5. Forever, 6. So Tired, 7. Waiting for Darkness, 8. Spiders. 

Buona lettura,

Steven Rich

 

 

OZZY OSBOURNE

Bark at the Moon

Epic

1983

 

«Grida spezzano il silenzio…

È tornato per uccidere la Luce

E quando avrà trovato colui che cercava

Ascoltate con Reverenza e lo udrete Ululare alla luna»

 

Perfetto, come materializzatosi da un romanzo di Lovercraft, adattando al nostro caso una fantasiosa novella di Allen, più adatto di Christopher Lee alla parte che lui stesso si è scelto, Ozzy il Lupo è tornato… «Bark» è la prima cosa che l’eroe registra in studio dalla crudele morte di Randy; l’attesa è enorme e l’atmosfera doppiamente tesa: da una parte i fans frenetici che neppure il 12 Inch apripista ha saputo calmare, dall’altra la preoccupazione evidente dello stesso Osbourne, consapevole di essere «sotto tiro» ed assolutamente costretto a fare meglio delle due ottime prove precedenti per non fare riaffiorare antiche e sepolte questioni trattate all’epoca degli albums/delusione dei vecchi Sabbath.

Ma non ci sono dubbi da avanzare su questo vinile che va ben oltre qualsiasi aspettativa e rende gloria al fiuto paranormale di Ozzy che si rivela magnifico scopritore di talenti, avendo già fatto assurgere alle più luccicanti note di cronaca i nomi di illustri sconosciuti quali il povero Rhoads ed il fortunato Sarzo, ora esaltato dalla inarrestabile avventura con i Quiet Riot, il velocissimo Brad Gillis, capitano della squadra vincente dei Nightranger e dell’ultimo diamante raro Jake E. Lee, dalla Virginia, prima a capo di una band mai immortalata su vinile a nome di Rough Cutt. E se Bark at the Moon non brilla di luce riflessa ma scavalca agilmente il passato per l’eccelsa produzione e l’inattesa varietà di suono, è certo per l’opera di questo giovane strappato dalla strada che emerge prepotentemente ad aprire squarci di nostalgia nei nostri cuori.

Lee, potranno a lungo disquisirne i tecnici, è uomo dalle sonorità accese, dalle note brillanti ed effervescenti, veloci ed originale come pochi in giro oggi, ma soprattutto, forse involontariamente, altamente evocativo e legato in logica successione al grande predecessore di studio. All’incredibile acume del Nostro Uomo va sommata una vena fortunatamente ancora viva e geniale che sforna un prodotto sfaccettato e personale, filtrato dalla grande produzione che non lascia niente all’improvvisazione e che va a colorare anche gli angoli più reconditi del prodotto; se immensa è la prova del chitarrista, Bob Daisley al basso e Don Airey alle tastiere superano sé stessi ed offrono performances così complete da rendere difficile se non impossibile tentare di andare oltre: Bob esalta i propri virtuosismi da solista e Don è magicamente onnipresente con un tappeto sonoro continuo ma non invadente… Heavenly!

Ed Ozzy, «la chiave», gioca con la sua parte evidenziando un senso dell’Horror parodistico, sforzato, quasi irridente nei confronti di chi vuole fare assurgere il Satanico a stile di vita; il Lupo deride sé e gli altri e gioca con l’occulto, come ad indicare che il tetro sabba iniziato con gli amici di un tempo si è trasformato in un gioco volutamente eccessivo ed ironico. È un Ozzy entertainer consumato quello che traspare dai solchi e dalle shoccanti covers, un personaggio che preferisce attualmente evidenziare le sue qualità più spiccatamente teatrali che vocali, conscio della propria enorme energia carismatica.

Ad una diretta analisi dei solchi brillano agli occhi «Rock ‘N’ Roll Rebel» e l’omonima «Bark at the Moon», tra le cose più belle mai registrate da Osbourne e che contengono senza dubbio le migliori credenziali dell’incredibile E. Lee; così come «Forever», lo sfarzoso prodotto della tecnica che insieme alla incontenibile «Waiting for Darkness», potenziata da una tastiera sinuosa ed avvolgente, ed alla pungente e ritmata «Spiders» costituisce l’ossatura della B-side, indebolita dalla sola indecisa presenza della dubbia «So Tired», forse appesantita da una sezione di archi e certo non indovinata come atmosfera ed ambientazione.

Altra nota di plauso per «You’re no Different» con un’azzeccata sequenza di chitarra e tastiere e per la grande carica epidermica della Flip-side del single, la divertentissima «One Up the B Side» con un tagliente slide di Jake. Il solo drum-set pare un po’ sottotono e troppo «soft», poco presente, per un album che tiene il fiato sospeso per 40 minuti… e forse il buon Tommy AIdridge ha pagato la sua mancanza di aggressività lasciando il proprio posto ad un noto picchiatore dal nome italianissimo di Carmine Appice che toglie così ogni dubbio ad una ventilata ricostituzione dei mitici Vanilla Fudge. Altro non c’è da aggiungere a lode del prodotto di un mito che da tre lustri semina tracce indelebili ad ogni passaggio… A rock & roll rebel never tells you lies…

GIANCARLO TROMBETTI

 

Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

Elenco – con link incorporato – delle puntate precedenti di Heavy Fucking Metal Pillar:

 

CIRITH UNGOL (Frost & Fire)

DEATH SS (…In Death of Steve Sylvester)

HEAVY LOAD (Death Or Glory)

MANOWAR (Battle Hymns)

SAXON (Strong Arm Of The Law)

JUDAS PRIEST (Unleashed In The East)

IRON MAIDEN (Iron Maiden)

METALLICA (Ride The Lightning)

MOTORHEAD (Ace Of Spades)

MOTLEY CRUE (Too Fast For Love)

VIRGIN STEELE (Noble Savage)

RIOT (Fire Down Under)

RUNNING WILD (Gates To Purgatory)

WARLORD (Deliver Us)

SWORD (Metalized)

MERCYFUL FATE (Melissa)

SLAYER (Reign In Blood)

BATHORY (The Return……)

POSSESSED (Seven Churches)

MEGADETH (Peace Sells… But Who’s Buying?)

SLAYER (Hell Awaits)

VENOM (Black Metal)

SAVATAGE (Gutter Ballet)