Hard Rock Rock

Recensione libro: Joe Perry, Rocks, La mia vita dentro e fuori dagli Aerosmith

Di Stefano Ricetti - 3 Gennaio 2022 - 11:58
Recensione libro: Joe Perry, Rocks, La mia vita dentro e fuori dagli Aerosmith

Rocks

Joe Perry con David Ritz

La mia vita dentro e fuori dagli Aerosmith

I Cicloni 42 – 424 pagine + 3 inserti a colori – 16×23 – ISBN 978-88-94859-53-9

€ 24.90

Tsunami Edizioni

 

Curioso constatare la casualità afferente gli ultimi due libri sfornati da Tsunami Edizioni: Dio, Rainbow In The Dark e Rocks, La mia vita dentro e fuori dagli Aerosmith, di Joe Perry, oggetto della recensione. Entrambi narrano di uomini (e donne), gesta e avventure di artisti con discendenze italiane, poi divenuti dei grandi negli Usa. Ronald James Padovano (poi Padavona) detto Ronnie James Dio in maniera evidente dal cognome mentre Anthony Joseph “Joe” Perry (già Pereira) da parte di madre, dalle origini radicate nel Bel Paese.

Rocks è un bestione di 424 pagine (più tre inserti a colori con varie foto) che deriva dalla traduzione operata da Mia Frabetti di Rocks, My Life in and out of Aerosmith, risalente al 2014, all’interno del quale il chitarrista degli Aerosmith si racconta in maniera amabile e con garbo, come se fosse dinanzi a un pubblico variegato, non tralasciando nulla ma evitando di calcare la mano nei momenti più scabrosi. Se The Dirt dei Mötley Crüe  può considerarsi prodotto Hard Core XXX, Rocks probabilmente nemmeno raggiunge l’elevazione di un Soft Core, tanto per utilizzare una classificazione in uso qualche decennio fa nella catalogazione di certune pellicole.

It’s a Long Way to the Top, come urlavano al cielo gli Ac/Dc di Bon Scott nel 1975 e la vita di Joe Perry ricalca fedelmente tutti i cliché della situazione. Prima di arrivare alla Rock & Roll Hall of Fame, ai macchinoni e alle ville con piscina, ai festini libertini, ai dischi in classifica, alle ospitate con i propri idoli di gioventù e ai singoli in heavy rotation sulle radio di tutto il pianeta, il buon Anthony Joseph ha sudato le proverbiali sette camicie.

Nel segno di un suo sogno a forma di chitarra Perry ci ha messo la faccia, prendendo decisioni inequivocabili sin dalla tenera età e portandole caparbiamente sino in fondo. Scorrendo le numerose pagine del libro Tsunami sorge spontanea la domanda: “Si, ok, Perry s’è fatto un mazzo così e alla fine ce l’ha fatta, ma quanti altri, seppure altrettanto determinati e focalizzati si sono persi per strada?”.

Già, perché a grandi linee le tappe per approdare al successo, per coloro i quali fondarono delle band negli anni Settanta e Ottanta erano quelle e rispecchiavano il modo di essere di un’epoca che non esiste più. Joe racconta i vari passaggi che è un piacere, senza particolare enfasi ma soprattutto privo di quel fastidioso “faso tuto mì” che impregna altre autobiografie. Perry è artista puro, legatissimo ai fan, attaccato alla famiglia e ai figli, sensibile ragionatore, sognatore ma altresì un grandissimo ex (?) tossicodipendente che, insieme con il suo compare Steven Tyler (originariamente Tallarico, anch’egli di chiare origini italiane), nonché cantante degli Aerosmith formava i famigerati Toxic Twins, una definizione che era tutta una garanzia, in termini di sballo.

Joe Perry è uomo solare ma con dei lati oscuri, come da lui stesso ammesso. Per questo motivo dentro Rocks c’è tutto quanto appartiene allo scibile di un gruppo rock: la fame, gli stenti, il freddo patito, le stanze condivise, poi il successo, le groupie, le luci della ribalta, il calo d’attenzione da parte del pubblico, gli scazzi, gli split, i debiti, i cambi di regime di vita forzosi, i divorzi, le litigate con i manager e i produttori, i problemi di ego, le mogli o fidanzate invadenti che mettono zizzania e last but not least, come esplicitato poc’anzi, l’alcool e le droghe: abbondanti, perennemente presenti, destabilizzanti e con incorporati gli inevitabili periodi di rehab.

Nei periodi di maggior sballo Perry venne così apostrofato: “sei una merda cagata due volte!” mentre il suo socio Tyler, al quale Joe non risparmia bordate plurime, va sottolineato, nonostante l‘affetto che li lega, da idolo assoluto, nel momento in cui in studio passa un loro pezzo se ne esce con: “dobbiamo fare una cover di questo brano, è una figata!”. Due episodi simbolo che forniscono la misura del delirio dei due “gemelli” nei loro momenti top, si fa per dire…

Cambiando soggetto, ricollegandomi al concetto espresso a inizio recensione, nasce spontanea una riflessione: in generale nelle interviste tutti gli artisti dicono di amare l’Italia e asseriscono che il pubblico dalle nostre parti è caldissimo. Qualcuno si spinge un po’ più in là e lo definisce il migliore del mondo. Ma come mai, poi, nelle biografie, soprattutto in questi ultimi casi concernenti rockstar dalla chiare origini italiane, non vi è mai menzione di un concerto a Milano, Roma o in qualsiasi altro posto alle nostre latitudini? Meditate, o per meglio dire meditiamo, gente, meditiamo…

Per chiudere,  Rocks è un lavoro che, nonostante le quattrocento e rotti pagine non annoia, scorre bene e riesce a farsi apprezzare anche dai non fan degli Aerosmith, coloro i quali li hanno sempre considerati troppo poco hard rock per poter entrare nei loro cuori. Illuminante, in questo senso (in positivo o in negativo, giudicate voi) quanto raccontato a Pag 369 del libro, con di mezzo i Metallica.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti