Industrial Thrash

Intervista Infection Code (Gabriele Oltracqua)

Di Roberto Castellucci - 8 Ottobre 2022 - 8:22
Intervista Infection Code (Gabriele Oltracqua)

Ciao Ragazzi, benvenuti su TrueMetal.it! Siete apparsi talvolta tra le Nostre pagine, vuoi per l’annuncio di una nuova uscita discografica, vuoi per un Live Report, ma mai per un articolo che Vi vedesse come unici e indiscussi protagonisti…approfitterei dell’occasione per farVi raccontare la Vostra storia: dove, come, quando e perché sono nati gli Infection Code? Il nome del gruppo, concedetemi il francesismo, è fichissimo…come è venuta l’idea?

Ciao Roberto. Innanzitutto, grazie per il tuo supporto e lo spazio su TrueMetal.it. La band nasce nell’autunno del 1999 dall’idea di Ricky ed Enrico (nostro ex bassista). Dopo poche settimane, vengo chiamato per completare la line up. Venivamo tutti da bands della zona di Alessandria ed Asti che suonavano Death Metal. La nostra esigenza, allora, come musicisti era quella di formare una band che potesse esprimere al meglio i nostri gusti musicali più marcati. Il Thrash Metal, l’Industrial e l’Hardcore. Senza comunque perdere la vena iconoclasta del Death Metal. Era nostra intenzione creare un crossover tra questi generi. Le bands che hanno segnato il nostro camino da sempre sono Godflesh, Fear Factory, Sepultura, Napalm Death, Pitch Shifter, Carcass, Neurosis. Insomma, anche molte band della Relapse Records o il catalogo più avanguardistico della Earache Records ma anche i primi vagiti del Nu Metal. Non nascondiamoci dietro ad un dito. A fine anni Novanta i primi dischi dei Korn o il debutto degli Slipknot spaccavano ed erano qualcosa, se non di innovativo, di molto originale. Da lì il passo fu breve. Iniziammo a provare e comporre alcune canzoni. Nel giro di pochi mesi uscimmo con un EP di tre pezzi, un album di debutto pochi mesi dopo e poi ci furono concerti, dischi, piccoli tour, voglia di sperimentare, di andare oltre. Abbiamo collaborato con Billy Anderson (produttore di Neurosis, Eyehategod, Brutal Truth, Sleep, Fantomas, Cattle Decapitation), con Eraldo Bernocchi, (Sigillum S, C.S.I.) ,Tommy Talamanca, mastermind dei Sadist, Mattia Cominotto dei Meganoidi. Come vedi abbiamo avuto rapporti artistici con musicisti di estrazione diversa, forse perché anche noi siamo stati in passato molto ondivaghi, ma da qualche anno vorremmo fermarci in zone a noi più sicure e conosciute. Il nome deriva da alcune elucubrazioni del nostro ex bassista. Voleva racchiudere in un unico nome la dicotomia tra organico, negativamente organico (infection) a qualcosa di negativamente inorganico (code).

Siamo qui riuniti, oggi, per celebrare l’uscita del Vostro ottavo album, “Alea Iacta Est”, pubblicato il 30 Settembre 2022 per Argonauta Records (qui la nostra recensione). Vorrei che ripercorreste con noi la genesi del disco, in modo da arricchire l’esperienza di ascolto che affronteranno i Nostri Lettori. Quali coordinate musicali avete seguito in quest’occasione? Che messaggio volete diffondere con i nuovi brani? E soprattutto, in che senso ‘il dado è tratto’?

Negli ultimi quattro anni abbiamo subito molti cambi di line up. Una band Undeground come la nostra, dove si fa tutto solo per passione, può decidere di mollare tutto, dopo che si susseguono avvenimenti che possono minare la stabilità fisica, mentale dei componenti della band stessa o la band nel suo insieme. Abbiamo subito quattro cambi in tre anni. Dal 2018 al 2021. In mezzo la pandemia, in mezzo alcuni grossi problemi personali che ci hanno colpito. Abbiamo resistito. Ricky ed io abbiamo dovuto resistere per portare avanti la band. Un progetto che abbiamo visto nascere, che abbiamo fatto crescere tra mille difficoltà e tanti sacrifici. Ma alcune volte abbiamo vacillato. Quando è entrato Chris lo scorso Dicembre ci siamo detti che poteva davvero essere l’ultima nostra risorsa per andare avanti. Da qui in poi non so se avremmo avuto le forze per reggere un altro sconvolgimento. Detto questo ora siamo più forti che mai ed appunto ‘il dado è tratto’. “Alea Iacta Est” è ancora figlio di sconvolgimenti, di instabilità ed un po’ di confusione. “Alea Iacta Est” è una linea di demarcazione che abbiamo tracciato con il passato nefasto. È la colonna sonora di tutto quello che abbiamo trascorso in questi ultimi anni mettendoci dentro la pandemia e tutte le restrizioni del caso. Quindi è figlio dell’alienazione, dello sconforto, della rabbia e della paura del futuro.

E’ giunto il momento per una bella Guida all’ascolto degli Infection Code… poniamoci l’obiettivo di guidare i Nostri Lettori lungo la Vostra ventennale carriera. Avete esplorato percorsi differenti praticamente in ognuno dei Vostri lavori: ci fate una breve carrellata delle Vostre precedenti pubblicazioni discografiche?

Abbiamo esordito nel 2000, un anno dopo la nostra nascita con “H.I.V 999” un miniCD di tre canzoni stampato solo per gli addetti ai lavori e spedito a case discografiche e riviste. Più di vent’anni fa si usava così. Non c’era Internet ed allora per farti conoscere uscivi con un demotape su cassetta oppure con un miniCD e lo spedivi a tutti. A tutta la scena Metal sperando di destare un poco d’interesse. Due anni dopo esordimmo con “Life Continuity Point”. Un album acerbo che prendeva come riferimento le nostre principali influenze musicali quali l’Industrial Metal, il Thrash Metal ed alcune reminiscenze Nu Metal dell’epoca. Un disco poco focalizzato ma che ottenne buoni responsi. Vendemmo quasi tutte le copie ai numerosi concerti che facemmo. Nel 2004, dopo un cambio di line up, guarda caso alla chitarra, registrammo “Sterile”. Il disco della crescita compositiva anche se peccava di una certa prolissità. Infatti, ci abbiamo davvero messo troppa roba ma lo reputo il nostro disco più completo. Segue “Intimacy” del 2007 dove abbiamo la possibilità di essere seguiti da Billy Anderson già produttore di Neurosis, Eyhaytegod, Brutal Truth. Qui il suono si fa più oscuro, catramoso e prende sempre più piede l’elettronica che diventa parte fondamentale del nostro suono. Un’elettronica molto ambientale che dava una certa profondità al suono. Siamo più vicini al Post hardcore e ci lasciamo alle spalle le sonorità estreme di “Sterile”. Tre anni dopo arriva “Fine”. Anche in questo caso collaboriamo con un produttore di fama mondiale in ambito sperimentale ed elettronico. Il tocco di Eraldo Bernocchi influisce anche un po’ sulla scrittura del disco. Un album elegante, molto lontano dalle oscurità di “Intimacy”. Molto liquido ed atmosferico anche se non mancano le nostre bordate Thrash Metal. Segue uno split album con i Deflore in vinile per l’etichetta discografica Subsound Records nel 2012 e l’anno successivo esce “La Dittatura Del Rumore” che inaugura i cinque anni più sperimentali ed anche un po’ troppo forzati verso sonorità che poi non sentivamo totalmente nostre. Ma tant’è che abbiamo voluto forse spingerci in territori che non ci appartenevano e stavamo perdendo la giusta via. Infatti, anche il successivo MCD, “00-15: L’avanguardia Industriale” era un episodio molto sperimentale, dove il Metal anche contaminato si faceva fatica a scorgere. Va da sé che con “Dissenso” del 2018 siamo leggermente tornati a pestare duro. Da notare che questo fu l’ultimo disco con Enrico, il bassista storico della band e forse il musicista che più di tutti voleva portare lontano dal Metal e dal Rock la band. Da notare che questi ultimi tre lavori sono stati cantati in italiano. Anche questo caratterizza la sperimentazione osata anche dal punto di vista dei testi. Nel frattempo perdiamo anche il chitarrista Paolo che aveva sostituito nel 2012 Davide. Ricky ed io rimettiamo insieme i cocci ed in un paio di mesi troviamo Davide al basso e Rust alla chitarra. Scriviamo e registriamo “In.R.I.”, un disco quasi vomitato in pochi mesi che segna il ritorno alle nostre origini. Pandemia, restrizioni, casini vari, altri cambio di chitarrista con Max e registriamo “Alea Iacta Est”. Finite le registrazioni, altra tegola. Max lascia ma troviamo Chris che da Dicembre del 2021 è con voi. Stiamo pianificando la promozione di “Alea Iacta Est” ma con Chris abbiamo già finito di scrivere il nuovo album.

Durante gli anni gli Infection Code hanno subìto numerosi cambi di formazione…ma è corretto scrivere ‘subìto’? Si potrebbe sostituire questa parola con, che so, ‘guadagnato’? Parlando di Voi, in altre occasioni, ho sostenuto che le rivoluzioni nella formazione sono state un vantaggio ai fini della varietà nella proposta musicale: posso continuare a sostenere che non tutti i cambiamenti vengono per nuocere?

Certo. Non tutti i cambiamenti arrivano per nuocere. Anzi. Chiunque sia passato nella band, per poco o tanto tempo, ha lasciato qualcosa di positivo nella composizione musicale mettendo le proprie conoscenze e la propria competenza. Questo ha dato nuova linfa alla nostra proposta. Ha portato dei piccoli o grandi cambiamenti. Dipende da che prospettiva si analizza la situazione. Secondo me i cambiamenti che abbiamo avuto hanno apportato cambiamenti stilistici minimi. Nel senso che non sono totalizzanti i cambi di line up che hanno dato spunti sull’evoluzione o cambiamento dei nostri dischi. Se mai ci sono stati. Tutti portano il proprio contributo ma non devono snaturare la personalità della band. E penso che sia stato il nostro caso.

I Vostri primi lavori, indicativamente dal 2000 al 2013, presentavano testi in Inglese. Siete passati recentemente all’Italiano, partendo da “La Dittatura Del Rumore” (altro titolo fichissimo) del 2014 per arrivare a “Dissenso” del 2018. Col penultimo “In.R.I.” e l’attuale “Alea Iacta Est” siete tornati all’Inglese. Recuperare l’uso della lingua d’Albione può rendere più appetibile la Vostra produzione musicale a livello ‘internazionale’, ma ci sono altre ragioni di natura artistica che Vi hanno spinto a fare questa scelta?

Il cantato in italiano fa parte di quel processo di troppa sperimentazione iniziato proprio con “La Dittatura del Rumore”. E’ stata una mia scelta perché in quel preciso momento sentivo la necessità di esprimere alcuni concetti che altrimenti in inglese avrebbero perso il significato primo che volevo comunicare. È stato un processo molto difficile ma stimolante. E poi comunque ero anche aiutato dalla poca struttura ritmica che avevano le canzoni. C’erano molti spazi e le metriche fluivano quasi spontanee. L’uso dell’inglese è senz’altro più semplice e molto più adattabile a metriche Rock e Metal. Ha un’assonanza diversa, molto meno spigolosa e più malleabile. Scrivere un testo in Inglese, oppure in Italiano e poi tradurlo in Inglese per poi adattarlo ad un brano Metal, che sia estremo o melodico ma pur sempre Metal, quindi con determinate strutture, penso sia molto più semplice proprio perché foneticamente la lingua inglese si presta maggiormente. Siamo ritornati a cantare in Inglese perché anche questo fa parte del nostro ritorno alle origini. Quello accaduto dal 2013 fino al 2018 è stato un interessante intermezzo, forse azzardato, ma che non intendiamo più percorrere. Cerchiamo di fare le cose che ci vengono meno peggio e che riteniamo più semplici e scorrevoli. Il ritorno al cantato in Inglese rientra in questa serie di cose.

Vorrei che ci toglieste una curiosità, in modo da fornire nuovi spunti a tutti i Lettori e al sottoscritto: le Vostre opere, sempre varie e stimolanti, mi spingono ad immaginare immense collezioni di dischi nelle Vostre case…quali gruppi e/o generi pensate abbiano influenzato maggiormente lo stile musicale degli Infection Code?

Ascoltiamo molti generi e siamo anche collezionisti quasi compulsivi. Almeno Davide ed io ma anche Ricky ha una buona collezione di dischi. Chris ha una conoscenza molto vasta sui chitarristi e su tutto ciò che riguarda stili e modi di suonare. Diciamo che ci sono poche correnti musicali che non ci piacciono. Ma in prima battuta siamo stati forgiati dal Thrash Metal ed il Death Metal dei primi anni Novanta. Così come il Grindcore e l’Industrial. Siamo cresciuti logicamente con il Metal classico e l’Hard Rock per spostarci su sonorità più estreme.

Immagino che abbiate avuto qualche difficoltà nel promuovere il penultimo album “In.R.I.”, pubblicato poco prima dello scoppio della pandemia. Come procede, invece, la promozione di “Alea Iacta Est”? Avete già in programma un tour italiano e/o europeo per la ‘stagione autunno-inverno 22/23’?

Con “In.R.I.” abbiamo fatto davvero pochissime date. Forse neppure dieci. La promozione di “Alea Iacta Est” sta andando molto bene grazie al lavoro di Argonauta Records che sta facendo, come sempre, molto lavoro sporco con professionalità e dedizione. Stiamo programmando un po’ di date in Italia e cercheremo, se ci sono le possibilità, anche di uscire all’estero. Intanto comunque stiamo anche programmando le registrazioni del nuovo album.

Rimaniamo in tema di anticipazioni: il 3 Settembre 2022, sul palco dell’Associazione Positive Music di Vigone (TO), avete presentato al pubblico un paio di canzoni nuove che non fanno parte della tracklist di “Alea Iacta Est”: quali sorprese discografiche ci dobbiamo attendere da parte Vostra nel prossimo futuro?

A Vigone abbiamo presentato alcune canzoni nuovissime, scritta con la nuova line up. Con l’ingresso di Chris in meno di tre mesi abbiamo composto circa dieci canzoni ed otto di queste andranno a comporre il nuovo disco. Questo dimostra che quando trovi delle persone motivate, con la testa sulle spalle, puoi ancora dare molto. Ed in questo caso, riallacciandomi alla tua domanda sul cambio di line up che porta dei cambiamenti, l’arrivo di Chris non poteva che essere provvidenziale nel senso che finalmente abbiamo trovato la persona giusta, soprattutto a livello umano, ma che con il suo bagaglio tecnico e musicale ha dato un forte contributo in fase compositiva senza comunque snaturare la nostra natura.

Come da tradizione, arrivati a fine intervista, lasciamo uno spazio ai musicisti per mandare un saluto ai Nostri Lettori. Oggi tocca a Voi provvedere: vogliamo  convincerli a diffondere il più possibile l’Infezione?

Non possiamo che ringraziarti per il supporto che ci stai dando in questi mesi. Ed è bello sapere che là fuori ci sono ancora persone come te appassionate e preparate che supportano e danno spazio a realtà piccole come la nostra. Vogliamo ringraziare tutti i lettori che hanno avuto la forza di arrivare fino qui esortandoli di fare ancora un piccolo sforzo, visitando i nostri social network e magari acquistando il nostro ultimo album. Non abbiamo molte armi per convincerli. Solo passione per il Metal e per l’Underground!!!

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Gli Infection Code sono: Davide (basso), Gabriele (voce), Ricky (batteria), Chris (chitarra)