Power

Intervista Secret Sphere (Aldo Lonobile)

Di Marco Donè - 30 Marzo 2021 - 8:30
Intervista Secret Sphere (Aldo Lonobile)

Dopo avervi parlato del nuovo e attesissimo “Lifeblood”, abbiamo deciso di approfondire l’argomento Secret Sphere scambiando due chiacchiere con il mastermind Aldo Lonobile. Eccovi il resoconto della nostra piacevolissima chiacchierata, in cui abbiamo parlato di Secret Sphere e di musica a trecentosessanta gradi.

Buona lettura!

Intervista a cura di Marco Donè

Ciao, Aldo, sono Marco. È un vero piacere averti di nuovo ospite sulle pagine di Truemetal.it. Come stai?

Ciao Marco, piacere mio. Devo dire tutto bene, nonostante le difficoltà del periodo.

La prima domanda è quasi d’obbligo: sul finire del 2020 avete vissuto un importante cambio in line-up. Le strade dei Secret Sphere e di Michele Luppi si sono divise e c’è stato il ritorno di Roberto Messina al microfono. Ti va di raccontarci cos’è successo?

In realtà nulla di che, diciamo che era la scelta giusta da fare quella di dividere le strade, in modo che ognuno potesse seguire le proprie priorità e seguire la propria strada musicale come meglio crede.
Non c’è nessun problema personale o storie di risentimenti dietro questa divisione, ognuno ha scelto per quello che crede essere il proprio bene.

Com’è stato lavorare a un nuovo disco con Roberto, dopo tutti questi anni?

Devo dire che quando abbiamo iniziato a lavorare nuovamente con Roberto, ci è sembrato che la divisione durata otto anni fosse sparita di colpo.
Abbiamo avuto crescite individuali e professionali diverse in questo tempo, ma l’intesa è davvero immutata. Abbiamo formato la band quando eravamo studenti, siamo cresciuti assieme ed abbiamo condiviso assieme momenti importanti anche nella vita privata e credo che questo sia un forte legame da sciogliere.

Come sottolineato in sede di recensione, con il nuovo “Lifeblood” i Secret Sphere hanno recuperato quelle partiture power con cui si sono fatti conoscere a livello internazionale. Ascoltando l’album sembra quasi di sentire l’entusiasmo che ha caratterizzato la band durante la sua composizione. Dal mio punto di vista “Lifeblood” riesce a condensare le anime di “Heart and Anger”, “Archetype” e la matrice dal taglio più prog oriented e AOR che vi ha caratterizzati negli ultimi anni. Concordi con questa mia affermazione? Ti va di approfondire questo punto?

Una cosa che tengo a sottolineare è che nessun disco dei Secret Sphere ha una vera e propria pianificazione musicale. Scriviamo e pubblichiamo quando siamo sicuri di avere del buon materiale e soprattutto scriviamo quello che ci piace.
Ad esempio “Portrait Of A Dying Heart” musicalmente era già finito e registrato prima dell’ingresso di Michele, questo vuol dire che non pensiamo mai in funzione della voce o di un altro strumento. Il modo di scrivere musica nella band è invariato dal 1997, la differenza sta in quello che è l’approccio melodico di Michele e Roberto.
Personalmente non ho mai considerato i Secret Sphere esclusivamente una power metal band, basta pensare al nostro terzo disco, che di power ha quasi nulla. Ogni disco racchiude quelli che sono le nostre influenze e stati d’animo. “Lifeblood” è sicuramente meno cerebrale di “The Nature Of Time”, che è un disco per me molto importante, soprattutto per il tema affrontato, ma ha avuto una produzione un po’ sofferta.

Sono un gran divoratore di musica e uno degli aspetti a cui tengo molto sono i testi, le riflessioni, le tematiche affrontate nelle varie canzoni. Ci eravamo lasciati con l’affascinante concept di “The Nature of Time”, ti va di parlarci dei testi del nuovo “Lifeblood”?

“Lifeblood” non è un concept, riprende in parte il cammino di album come “Heart & Anger” o “Archetype” per le tematiche delle liriche, per lo più sono riflessioni sulla vita, in positivo o negativo.
‘Skywards’, ad esempio, parla della difficoltà di portare avanti una scelta che ti consuma emotivamente, ‘Solitary Fight’ parla un po’ del concetto della voce fuori dal coro, quando ti rendi conto che attorno si prendono le informazioni con cui siamo continuamente bombardati senza farsi domande.

Con la situazione che stiamo vivendo, causata dalla pandemia e da tutte le restrizione conseguenti, so che molte band hanno avuto delle difficoltà per poter registrare i propri dischi. Ho avuto modo di parlare con alcuni musicisti che hanno sottolineato i problemi incontrati per gli spostamenti, per il potersi trovare in studio, per le prove… Tutto questo ha causato dei ritardi nei loro ruolini di marcia. Avete avuto anche voi questi problemi o ne siete usciti indenni?

Anche noi abbiamo subito ritardi nella produzione, ma non incredibili, rispetto a quello che ci eravamo prefissati, ci siamo dilungati per circa un mese.
Le batterie sono state registrate nel periodo del primo lockdown, abbiamo messo su uno studio mobile. Idealmente avremmo dovuto fare le registrazioni da Simone, ai Domination, ma purtroppo erano vietati sia gli spostamenti che l’utilizzo di una struttura come uno studio di registrazione, per cui, seguendo i consigli di Simone, abbiamo attrezzato un’area in una sala e abbiamo registrato.
Per le chitarre e basso abbiamo dovuto attendere fine maggio-giugno. Pochi giorni dopo il lockdown eravamo in auto alla volta di San Marino. È andata meglio per le voci, dove era già possibile spostarci, e abbiamo raggiunto Alessandro Del Vecchio a Somma Lombardo.

Ho apprezzato molto la scelta di girare un video per la title track del disco, una canzone che ha messo subito le cose in chiaro e ha fatto capire quale sarebbe stata la direzione presa dal nuovo “Lifeblood”. Dalle riprese del video si deduce che vi trovavate in una zona montagnosa. Dove lo avete girato? È stato difficoltoso portare gli strumenti fino a là? Hai qualche aneddoto da svelarci?

Abbiamo girato il video al lago blu di Cervinia, l’intento era quello di celebrare due forme di bellezza che abbiamo sempre descritto nei nostri dischi: la natura e la bellezza femminile.
Abbiamo girato il video con Lucerna Film, che oramai ci segue da anni, per i videoclip.
Il problema è stato portare la batteria sul piano ai piedi del Cervino. Il meteo è stato clemente, ma abbiamo girato a metà settembre e quando il sole veniva coperto dalle nuvole, faceva dannatamente freddo!

Un paio di domande dedicate alla figura di Aldo Lonobile credo siano tassative… Aldo sei un musicista che si sta imponendo sempre più a livello internazionale: sei il fondatore dei Secret Sphere, suoni nei Death SS, hai composto e suonato nel primo disco degli Archon Angel – con il leggendario Zachary Stevens alla voce – e ora sei all’opera al secondo capitolo dei Sweet Oblivion, con un mostro sacro come Geoff Tate al microfono. Dove trovi l’energia e l’ispirazione per affrontare tutti questi impegni?

Mi considero un musicista istintivo, ho lasciato gli studi di composizione al conservatorio perché ritenevo che venissero inculcate delle regole e visioni troppo personali, a sfavore dell’istinto musicale di ogni individuo. La mia estrazione è rock, un genere che considero istintivo.
Quando realizzo un disco seguo quasi sempre questa regola e passo giornate a non concludere nulla e giornate invece dove riesco a buttare giù molto materiale, ma non mi demoralizzo mai ed è sempre avvincente. Importante per me è il piacere di ascoltare un mio pezzo, non voglio ricorrere a nessun stratagemma di mestiere per realizzare qualcosa, né mi interessa fare a tutti i costi.

E quando qualcuno si impone a certi livelli è normale che diventi un punto di riferimento all’interno della scena e, soprattutto, per gli aspiranti musicisti. Come chitarrista ti va di spiegarci quali sono le tecniche e la strumentazione che preferisci usare, che senti più tue?

Come strumentazione utilizzo sempre le stesse cose da anni, chitarre ESP/LTD, amplificatori Mesa Boogie – mentre in studio 5150 –, un paio di pedali classici come il Tube Screamer o il Phaser P90.
Tecniche non saprei davvero che dire… di tecniche moderne non so nulla, vedo spesso video di ragazzi su Youtube davvero incredibili. Io mi ispiro a miei idoli di sempre, tipo Malmsteen, Romeo, Petrucci, Van Halen, Gilbert, Lynch , etc etc.

Tornando ai Secret Sphere: supponiamo che tra i lettori ci sia qualcuno che non conosce la tua band. Se dovessi consigliare loro tre dischi per iniziare a seguire i Secret Sphere, quali consiglieresti e perché?

Bella domanda…
Direi “A Time Never Come” perché è riconosciuto come il nostro miglior biglietto da visita dai nostri ascoltatori e personalmente è il disco che abbiamo registrato nel miglior clima possibile e mostra svariati lati della nostra musica. “Sweet Blood Theory” è passato in sordina, ma ha dei brani davvero molto belli e variegati.
“Portrait Of A Dying Heart” è un disco con un concept molto bello ed è una bella testimonianza del nostro lavoro con Michele.
Aggiungere “Lifeblood” sarebbe stata la classica risposta di rito (ride, n.d.a.).

Aldo, siamo giunti all’ultima domanda: considerando anche il momento che stiamo vivendo, quali sono i progetti futuri dei Secret Sphere?

Stiamo valutando la possibilità di fare un tour nel 2022, nell’immediato credo che registreremo qualcosa in streaming, che sarà disponibile sui nostri canali.

Aldo, ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato: è stato davvero un piacere. Lascio a te le ultime parole per un saluto ai lettori di Truemetal.it. Spero potremo rivederci presto on the road!

Grazie Marco e grazie Truemtal.it per lo spazio concesso. Speriamo di vederci presto live!