Kamelot (Oliver Palotai)
Dopo l’incredibile, almeno per chi vi scrive, “Poetry For the Poisoned” e la malaugurata cancellazione del tour americano è il momento, per i Kamelot di Khan, di tirare le somme, riprendere il fiato e ri-pianificare il futuro. L’impresa non è facile, ma nemmeno difficile, come ci dirà Oliver Palotai, tastierista del gruppo americano.
La prima domanda è d’obbligo. Compatibilmente con il rispetto della sua privacy, cosa potete rivelare sullo stato di salute di Khan?
Non è cambiato molto dal tour negli Stati Uniti. Khan si è ritirato nel suo “circolo” privato, per recuperare. La lavorazione di “Poetry For The Poisoned” ha svuotato le sue pile, fino a un bruciarlo quasi completamente, per lo sfinimento”. Speriamo che possa riunirsi con noi a breve, non appena sarà possibile.
Per l’attività live in un primo tempo pensavate di sostituirlo, mentre poi avete deciso di rinunciare al tour americano. Come mai?
La cancellazione del tour è arrivata con pochissimo preavviso. Abbiamo avuto poco tempo per fare un’audizione del sostituto. Due settimane di tempo sono state un intervallo nel quale era impossibile riuscire nell’impresa, ma ci abbiamo provato lo stesso; perché ci sono tantissime persone che dipendono da un nostro tour, soprattutto se di promozione a un nuovo album. Prima di tutto i fans, ma pensa anche ai promotori, agli equipaggi e alle band di supporto. Se pensi poi che un tour è, addirittura, il più delle volte, una perdita di denaro (anche quando va tutto bene) … Abbiamo quindi chiamato Michael (Eriksen, n.d.r.) dai Circus Maximus, ma abbiamo subito notato che non c’era il giusto feeling, durante le prove. Non è stata colpa di Michael – che ha fatto comunque un lavoro fantastico – , ma probabilmente sarebbe stata la stessa cosa, se qualcun altro lo avesse dovuto sostituire nella sua band. Così abbiamo capito che, con lui, non avremmo potuto garantire lo show che la gente si aspettava da noi.
Ci sono previsioni in merito alla ripresa dei concerti?
Suoneremo in Sud America, in Europa e in Giappone nella prima metà del 2011. Negli Stati Uniti dopo, in autunno.
Su Truemetal.it,“Poetry For The Poisoned” è stato recensito con un giudizio lusinghiero (90/100). La domanda sembra scontata, però sarebbe interessante conoscere il anche il vostro parere oggettivo. La critica principale, in particolare, sembra essere per l’uso troppo forte dell’elettronica. Che cosa puoi dire su questo?
Sono un chitarrista, un tastierista, ma anche un cantante e un produttore. Se ti riferisci a campionature e key-sounds come “elettronica”, posso solo dirti che è un modo di fare musica, come qualsiasi altro. Diamo un’occhiata a una band che non ha tastiere oppure orchestrazione. Dopo la registrazione dello strumento, il suono passa anche attraverso tanta “elettronica”: montaggio, effetti, sostituzione dei suoni, ecc., che porta a un risultato abbastanza lontano dal suono originale.Tutte le band fanno questo, al giorno d’oggi! Anche perché i fans si aspettano quel tipo di suono. Se mettessi semplicemente un microfono in mezzo alla stanza e producessi un CD in quel modo, nessuno lo comprerebbe. A mio parere “Poetry For The Poisoned” è ancora un disco piuttosto heavy, pesante, con gli inserti di tastiera sostanzialmente in secondo piano.
La durata del full-length è quasi di un’ora. Avete utilizzato materiale composto specificamente per l’album, o avete ripreso anche qualcosa del passato che era rimasta nel cassetto?
C’era roba del passato che era troppo buona per doverla cancellare. Solo, non si adattava negli album precedenti. Ma penso che “Poetry For The Poisoned” sia “fresco” oltre il 90% della sua durata!
Com’è nata l’idea di collaborare con Simone Simons? È stato un caso, oppure era proprio quello che volevate?
Scrivi una canzone, e all’improvviso senti quest’altra voce, o il suono di un’altra chitarra, ecc. Poi qualcuno fa un nome, qualche volta prendi in mano il telefono e chiami quel musicista. E così è stato. La voce di Simone si sposa perfettamente con quella di Khan. In fondo è stata la terza volta che ha cantanto per i Kamelot, per cui ha saputo sempre perfettamente cosa fare.
L’album è uscito il 01.09 in Giappone e il 10.09 in Europa. Come stanno andando le vendite?
Sinora davvero bene. Siamo entrati nelle classifiche in molti Paesi, e siamo in testa alle classifiche di vendita in un sacco di negozi specializzati. Abbiamo messo molto impegno nel creare non solo un’esperienza musicale, ma anche un’opera d’arte. Fra l’altro, penso che la confezione del CD sia la più bella di tutti i dischi dei Kamelot.
“Poetry For The Poisoned” rappresenta un punto di arrivo o è, invece, un punto di partenza? Pensate di poter ancora cambiare/contaminare il vostro sound e sperimentare nuove soluzioni, senza snaturare il vostro inconfondibile stile?
Siamo consapevoli che a volte chiediamo tanto dai nostri fans, modificando il nostro sound. Noi, come band, abbiamo bisogno ogni volta di re-inventarci per mantenere inalterata l’energia che ci scorre dentro. Un po’ di tempo fa ho lasciato una band di successo poiché gli album erano sempre uguali. “Poetry For The Poisoned” è molto diverso da “Karma”, per esempio, ma suona ancora Kamelot. E il prossimo sarà ancora diverso da “Poetry For The Poisoned”.
La produzione punta molto sulle sinfonie e sulle parti di tastiera, oltre che sulla voce di Roy. Con un risultato melodicamente splendido ma, forse, poco “elettrico”. La domanda è un po’ provocatoria: vi considerate ancora “metal”?
In genere ho problemi con la catalogazione della musica. Mi rendo tuttavia conto che ciò è necessario, se si compongono note da dare in pasto al pubblico. Per rispomdere direttamente alla tua domanda, sì, direi che i Kamelot fanno ancora metal, e sono anche orgoglioso del fatto che molti nostri fans non siano metallari.
Malgrado quanto sopra (cioè il presunto indebolimento della parte elettrica del sound dei Kamelot) , ci sono sempre dei soli di chitarra fantastici. Viene spontaneo allora chiedersi quale sia lo strumento alla base del songwriting dei Kamelot.
Alla base ci sono sia la chitarra, sia il pianoforte. A volte una canzone inizia con un riff fresco di chitarra, a volte si tratta di una progressione armonica del pianoforte. Noi ci incontriamo poi per le sessioni di songwriting, invece di scambiarci dei files via Internet. Questa volta abbiamo scelto di isolarci in una baita immersa nei boschi della Norvegia, e lì sono state scritte molte canzoni di “Poetry For The Poisoned”.
La produzione di “Poetry For The Poisoned” non solo è tecnicamente elevatissima, ma è anche molto artistica. Era quello che volevate ottenere, o si poteva migliorare qualcosa?
Guardando alla produzione penso che abbiamo raggiunto uno standard molto elevato: “Poetry For the Poisoned” suona più omogeneo e coerente rispetto a qualsiasi nostro precedente lavoro. Aggiungo inoltre che per noi produzione è songwriting non sono così separati. Come hai accennato, entrambi i processi s’influenzano a vicenda. Naturalmente c’è sempre qualcosa che vorresti migliorare, dopo; qualcosa che comunque ti porterai nel songwriting e nella produzione dell’album successivo. In ogni caso, sono molto contento del risultato.
Truemetal.it non può che augurare di cuore una pronta guarigione di Roy e il massimo successo per il disco. Voi cosa potete dire, ai vostri fans italiani?
Ho passato tanto tempo in Italia e sono sempre felice di tornare lì. Alcuni dei nostri fans più fedeli vengono dal vostro Paese, sorprendendoci per il fatto che vengano ai concerti da così lontano. L’Italia è sempre una parte speciale all’interno di un nostro tour, e quindi spero che ci sarà nuovamente un forte scambio di energia durante i concerti, così come del resto è sempre stato, in passato.
Daniele “dani66” D’Adamo
(Trad. Tarja “TarjaLaura” Virmakari)