Report: Ross the Boss (Gualtieri – RE, 12/05/07)
Sabato 12 maggio, a Gualtieri (Reggio Emilia), è una serata di festa: si celebrano due anni di Metal Maniac (giornale nato da una costola, e anche di più, dello storico Metal Hammer), il raduno dell’Army of Immortals e, soprattutto, l’esclusiva calata italiana di Ross the Boss, leggendario axeman dei Manowar che tanti seguaci, delusi dai recenti trascorsi della band madre, rimpiangono ogni giorno di più. Il suo è uno spettacolo volutamente incentrato sui classici che lo videro protagonista, dall’esordio Battle Hymns al popolare Kings of Metal, senza dimenticare il tripudio epico di Into Glory Ride, Hail to England e Sign of the Hammer; è un appuntamento dedicato ai nostalgici e, più in generale, a tutti i fan della band di New York che non hanno dimenticato le gesta dell’ex-The Dictators (formazione in cui è successivamente rientrato). E allora… in alto i martelli!
Per caricare le prime file, niente di meglio dei The Maniacs! Dietro a questo insolito monicker si cela una all-star band tricolore messa in piedi in fretta e furia, ma che non teme nessun confronto: Daniele ‘Bud’ Ancillotti (voce, Bud Tribe, Strana Officina), Alessio ‘Amos’ Amorati (chitarra, Rain), Ciano (chitarra, Listeria), Alex Ancillotti (basso, Bud Tribe) e Dave Simeone (batteria, Eldritch, Death SS). Nei pochi minuti a disposizione il quintetto propone una manciata di classici immortali, da I Don’t Know a War Pigs (con Paranoid), passando per You’ve Got Another Thing Comin’ e Sin City; azzeccato l’innesto di Solid Ball of Rock, brano dei Saxon meno prevedibile, che ha giovato di un quadrato contributo della sezione ritmica. Bravi tutti, un ottimo riscaldamento per il main event della giornata.
Per i più stagionati, e non solo, Ross the Boss è rimasto IL chitarrista dei Manowar. Per quanto i meriti artistici dei vecchi capolavori vadano ascritti principalmente al genio di Joey DeMaio, lo stile selvaggio e inconfondibile di Ross ha sempre giocato un ruolo chiave nell’economia di tanti pezzi ascesi alla storia. Quel chitarrismo barbaro, così insensibile alla disciplina tecnica eppure carico di grande feeling, riemerge dai solchi di Manowar e Shell Shock, opener della serata; marcia indietro al 1981 anche con Death Tone, che chiude un trittico gradito dai fan della prima ora. La scaletta procede a piccoli passi secondo una certa fedeltà cronologica: ecco esplodere la fiera Gloves of Metal (grazie a cui lo show decolla definitivamente) e il tuono di Thor (The Powerhead), classici divisi soltanto dall’inedito We Will Kill, firmato dal cantante; pezzo per la verità piuttosto banale, che riflette tutti i limiti del suo autore, assolutamente a disagio nelle vesti di emulo di un certo Eric Adams. Compito improbo, siamo d’accordo, ma la sensazione è che, più che incapace, il ragazzo sia semplicemente inadatto a rivestire questo ruolo: questioni di caratteristiche, non di competenze. Il resto della formazione (tutta ereditata dalla cover band tedesca Men of War), si destreggia senza difficoltà, anche se pecca un po’ in presenza scenica. Ma gli occhi e le orecchie sono tutti per la chitarra di Ross the Boss, che nonostante le bizze dell’amplificazione porta a termine uno spettacolo coinvolgente, con Battle Hymn e un lotto di brani da Hail to England a esaltare gli astanti. Encore riservati alla produzione più “recente”, con Fighting the World e la lungamente invocata Hail & Kill a suscitare le ultime ovazioni.
Concerto nel complesso più che godibile, nonostante i limiti di una setlist un po’ stringata e i già menzionati problemi tecnici; l’atmosfera ha fatto il resto, grazie anche agli scatenati membri dell’Army of Immortals. Una festa memorabile per tutti i fan dei Manowar, e più in generale di un HM stagionato che non cede alla prova del tempo.
Federico ‘Immanitas’ Mahmoud