Live Report: Porcupine Tree a Bologna e Padova
Report a cura di Nicola Furlan
Foto a cura di Angelo D’Acunto
Graditissimo ritorno in Italia quello dei Porcupine Tree, una fra le band più apprezzate nel nostro paese (come testimonia l’alta percentuale di affluenza registrata), che ha ricambiato l’affetto dei fan con ben quattro date sparse nella penisola. Al di là delle perplessità iniziali scaturite da una setlist incentrata soprattutto sugli ultimi dischi pubblicati, c’è da ammettere che Steven Wilson e soci non hanno di certo tradito le restanti attese, sciorinando una prestazione maiuscola e carica di intensità che si è protratta per oltre due ore, senza far registrare il benché minimo calo di tensione. Momenti piuttosto intensi quindi, riscontrati soprattutto nella prima ora dello show dedicata all’intera title-track dell’ultimo The Incident, dove a farla da padrona è stata l’abilità di una band che non ha sbagliato un colpo (su tutti la prestazione di un Gavin Harrison letteralmente da applausi) e capace di tramutare la musica in emozioni pure. Forse ci sarebbe anche da far notare, per quanto riguarda la data bolognese, alcuni episodi meno felici che hanno visto gli uomini della security (ovvero chi dovrebbe assicurare il tranquillo svolgimento di uno show) “allontanare” fuori dal locale chi si permetteva a scattare qualche manciata di foto… ma questa è tutt’altra (e solita) storia. Concentriamoci quindi completamente sulla musica, che è quello che più conta in occasione dei concerti.
Angelo D’Acunto
DEMIANS
Mi è capitato di vedere dal vivo i Demians di supporto agli Anathema nel tour
europeo di fine 2008. Avevo avuto una bella impressione. In particolare era
convincente la prestazione del cantante Nicolas Chapel, per l’occasione molto
espressivo e coinvolto (sebbene i presenti al tempo fossero un decimo di quelli
di questa data padovana).
Oggi, in veste di opener band dei Procupine Tree, non mi hanno detto
altrettanto. Poco ispirati, autori di una setlist troppo scarna di pezzi degni
di nota (sono mancati quelli più progressivi per intendersi) e non ultimo
penalizzati da un settaggio fonico insufficiente, hanno servito un antipasto
decisamente povero di gusto, a tratti addirittura pesante da digerire. Autori di
un mix musicale fatto di grunge, alternative, ghotic rock emozionante, i
francesi questa volta non hanno fatto centro come in passato. Non che la qualità
manchi. Il debutto “Building An Empire” rimane comunque un disco ricco di spunti
apprezzabili, costituito da pezzi in grado cioè di trasmettere piacevoli
sensazioni. Il songwriting è altresì ricercato grazie all’unicità di alcune
soluzioni compositive di cui stavolta non si è goduto anzi, è sembrato d’aver di
fronte una band molto professionale, ma poco calata nel ruolo d’artista ovvero
nel ruolo di colui che prima di tutto deve cercar di emozionare. Peccato quindi;
a tutti gli effetti verrebbe da affermare che i tre hanno perso davvero
un’ottima occasione per mettersi in mostra davanti a un pubblico numeroso e, con
molta probabilità, esigente.
Nicola Furlan
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PORCUPINE TREE
In corso di avvicendamento tra opener e headliner vi è mai capitato di osservare
un bell’omone dello staff al lavoro sulla pulizia del palco per permettere al
cantante di eseguire il proprio show senza la paura di ficcarsi qualche scheggia
sotto i piedi? Vi è mai capitato di sentirvi dire, dopo ben venti minuti di
ritardo sul ruolino di marcia, che è severamente vietato scattare foto al gruppo
che sta per salire on-stage? Beh, vi sia o no successo, potete solo immaginare i
brusii, i fischi e le risate ironiche in risposta a questo atteggiamento
alquanto borghesotto e supponente. Chi ha capito come è fatto Steve Wilson sa
che il personaggio è pieno di se stesso! Conscio fino all’osso di avere una
marcia in più, il frontman da sempre punta alla ricerca della maniacale
perfezione. Così come su studio album, anche in sede live il
chitarrista/cantante non si è smentito, ma non ha neanche smentito le attese.
Dopo i convenevoli di rito ecco la conferma attesa: verrà proposta per intero
l’omonima suite di “The Incident”, ultimo full-length uscito di recente tramite
Roadrunner Records. L’ultimo album della rock band britannica ha colpito ancora
una volta per la ricchezza di contenuti lirici, per il grande assortimento di
soluzioni tecniche e gli arrangiamenti adottati in sede di songwriting e, non
ultimo, per quel gusto così pungente che i porcospini stanno sempre più
affinando nel corso del tempo. Il gruppo ha proposto i quattordici pezzi della
suite in successione, da Occam’s Razor a I Drive the Hearse: lo show così
progettato ha calamitato emozioni e immaginazione di chi ha avuto la fortuna di
presenziare. Si è goduto della bellezza di pezzi come l’introspettiva The Blind
House, l’accattivante Drawing the Line, la mistica title track o la sognante e
romantica Time Flies, come si è potuto ammirare quattro musicisti dotati di
classe sopraffina. Wilson, Barbieri, Harrison (quest’ultimo un vero maestro
dietro le pelli) e gli altri hanno suonato senza sbavature, sincronizzati alla
perfezione con le immagini del concept proiettate alle loro spalle, per un
risultato complessivo di elevata caratura e dove nulla è stato lasciato al caso.
Tempo qualche minuto per riprendere fiato e riaccordare gli strumenti ed eccoli
nuovamente on-stage a proporre altri pezzi su cui spiccano l’estratta da “Deadwing”,
The Start of Something Beautiful, la nuova e particolare Bonnie the Cat o
l’inattesa Stars Die, vera rarità per un loro live. Tra una battuta e l’altra,
ha chiuso un encore di super classici estratti da quello che forse potrebbe
esser classificato come il capolavoro della loro discografia, “In Absentia”. Si
è trattato di The Sound of Muzak e di Trains, vero cavallo di battaglia con cui
i cinque salutano i tanti presenti. Ottimi infine i suoni e i volumi. Non c’è
che dire: uno show davvero ben riuscito!
Nicola Furlan