Live Report: Rhapsody of Fire a Trieste

Di Marco Donè - 30 Agosto 2014 - 11:54
Live Report: Rhapsody of Fire a Trieste

Mercoledì 13 agosto, una data importante nell’agenda degli eventi di quest’estate. I Rhapsody Of Fire si esibiscono infatti per la prima volta nella loro città natale, quella Trieste che oltre vent’anni fa vide nascere il primo nucleo della band. All’epoca si chiamavano Thundercross, e di quel nucleo di ragazzi che tentavano e sognavano la scalata verso l’olimpo del metal, facevano parte Luca Turilli, Alex Staropoli, Daniele Carbonera e, in un primo momento, Roberto De Micheli. Tutti nomi che, tra passato e presente, hanno ruotato e ruotano attorno al nome Rhapsody Of Fire. Dal 1997, anno in cui uscì “Legendary Tales”, ad oggi, la storia è ben nota. Ora, i Rhapsody Of Fire, dopo aver superato un terribile terremoto interno che ha portato alla fuoriuscita di uno dei fondatori, Luca Turilli, e l’ingresso di una vecchia conoscenza di Staropoli, Roberto De Micheli, continuamo imperterriti il proprio cammino. Dopo il nuovo “Dark Wings Of Steel”, uscito lo scorso novembre, ed il relativo tour, arrivano le date ai festival estivi, tra cui l’attesissima data odierna che chiude l’undicesima edizione del Trieste Summer Rock Festival. Festival open air organizzato dall’Associazione Musica Libera.

13 AGOSTO 2014, TRIESTE

RHAPSODY OF FIRE

Live Report a cura di Marco Doné
Photo Report a cura di Daniele Peluso

L’edizione 2014 del Trieste Summer Rock Festival non nasce sicuramente sotto i migliori auspici. Si svolge in quella che può esser definita l’estate più pazza, meteorologicamente parlando, degli ultimi anni. Infatti, nelle data odierna, per dare il buon giorno a tutti, questa pazza estate decide di regalare al nord est un acquazzone che si protrarrà dal mattino sino al primo pomeriggio. La paura che la data venga annullata aumenta di minuto in minuto ma, dopo un paio di telefonate ed un “giro” sulla rete, otteniamo la conferma che il concerto si farà. Ci mettiamo dunque in marcia, direzione Trieste.

Arriviamo in Piazza Verdi, piazza che ospita il festival, verso le 20:30. Piazza Verdi si estende lateralmente a Piazza Unità, piazza simbolo di Trieste, donando quindi fascino alla location del Trieste Summer Rock Festival. Ad una prima occhiata rimango alquanto deluso dall’affluenza, la prima data triestina nella storia dei Rhapsody Of Fire e l’ingresso gratuito che caratterizza il festival, escono sconfitti dall’imprevedibilità meteorologica. Per fortuna, nel proseguo della serata, l’affluenza aumenterà, arrivando verso metà concerto a riempire, o quasi, la piazza.

Verso le 21:00, accolta dal coro “Rhapsody, Rhapsody”, la band, sulle note di “Vis Divina”, fa il suo ingresso in scena. E’ la prima volta che vedo i Rhapsody Of Fire dall’uscita di Turilli, la curiosità è quindi elevata. Arriva il momento di “Rising From The Tragic Flames”, la band sembra carica, ma qualcosa non va. I suoni sono tutt’altro che accettabili, la chitarra di De Micheli e le tastiere di Staropoli sono quasi inesistenti, la batteria di Alex Holzwarth ha la cassa che sovrasta il rullante, quando Lione inizia a cantare, il basso di Oliver Holzwarth sparisce. La stessa voce di Lione presenta una cattiva equalizzazione, le frequenze medie e basse sembrano tagliate.

Attendiamo le “canoniche” due canzoni che solitamente servono al fonico per regolare eventuali volumi sballati, sfortuna vuole che arrivi subito uno dei classici della band triestina, la seminale “Land Of Immortals”. I suoni ne penalizzano non poco la bellezza, resta il fatto che le prime file sembrano indiavolate e reagiscono alla grande cantando a squarciagola. Il coro “Rhapsody, Rhapsody” riecheggia nella piazza a fine canzone. Le prime file sono cariche e la band ne risente positivamente. Arrivano altri due classici della band, “The March Of The Swordmaster” e soprattutto “Unholy Warcry”, i suoni migliorano leggermente ma penalizzano ugualmente la performance. Non avendo presenziato alle altre serate del festival, non possiamo dire se questo è un problema d’acustica o più semplicemente una serata no del fonico, rimane il fatto che è un vero peccato non riuscire a gustarsi la band triestina al meglio. Anche perchè i singoli musicisti offrono una prestazione notevole.

Lione (ora l’equalizzazione della voce è buona) semplicemente perfetto, gran presenza sul palco, ottima capacità di gestire il pubblico e poi… la sua voce. Prestazione che rasenta la perfezione. Alex Holzwarth la solita macchina da guerra. Aggressivo ed elegante allo stesso tempo. Il fratello, uno dei migliori bassisti che il panorama metal possa vantare, suona con aggressività ed in perfetta simbiosi con la batteria. Per Staropoli e De Micheli, i due maggiormente penalizzati dai suoni, viene data una perfetta descrizione da una frase di uno dei miei compagni in questa trasferta, “si vede che suonano il mostro ma si sentono a sprazzi”. Proprio De Micheli è l’osservato speciale della serata. Le doti tecniche non si discutono, quello che interessava era la sua presenza scenica, al momento ancora un po troppo da “progster” e un po “slegata” al resto della band.

Dopo il solo di batteria di Holzwarth si riparte con “Triumph Or Agony” e la nuova “Dark Wings Of Steel”. La canzone è preceduta da un gran discorso di Lione in cui parla della mania esterofila che affligge l’italiano medio che, anzichè valorizzare il prodotto artistico di casa nostra, tende a valorizzare ciò che proviene da altre nazioni, invitando a dare più attenzione, supporto e seguito a quello che l’Italia sa offrire. Come dargli torto? Sperando che questo cambio di “direzione” possa finalmente avvenire.

Il pubblico è in pugno a Lione che dà il via ad un trittico semplicemente devastante. “Lamento Eroico”, “Holy Thunderforce” e “Dawn Of Voctory” scatenano i presenti. Le prime file, già indiavolate dall’inizio del concerto, sembrano incontenibili. La band suona con carica da vendere. Lione e Staropoli interpretano al meglio lo spirito delle song grazie a delle movenze che sanno di epicità fino al midollo. La band lascia il palco e De Micheli, con il suo solo, si impadronisce della scena e può dar sfoggio delle sue eccelse doti tecniche. Si riprende poi con con una nuova serie di classici, “The Village Of Dwarves”, la più aggressiva “Knightrider Of Doom” e la ballad “The Magic Of The Wizard’s Dream”.

I Rhapsody Of Fire salutano e lasciano il palco ma il pubblico pretende ancora qualcosa. La band fa il suo ritorno in scena acclamata a gran voce e parte all’assalto con quello che, forse, risulta esser il pezzo più violento della discografia, “Reign Of Terror”, suonata magistralmente dalla band. Il concerto si chiude con la canzone più famosa del combo triestino, quella “Emerald Sword” simbolo della band e di un certo modo di intendere la musica. E’ veramente finita, la band saluta e ringrazia soddisfatta, il pubblico applaude ed acclama i propri beniamini.

Sicuramente una bella serata la data di chiusura del Trieste Summer Rock Festival, anche un po fortunata vista la miracolosa assenza di pioggia che ne ha permesso la riuscita. I Rhapsody Of Fire si sono confermati una band di musicisti dalle elevate doti tecniche, con un gran bagaglio d’esperienza e con un Fabio Lione sopra le righe. Una delle migliori band uscite dal territorio italiano e che ha saputo imporsi nel panorama mondiale. Stasera, purtroppo, penalizzati da dei suoni non proprio all’altezza. Va comunque fatto un plauso all’Associazione Musica Libera che, oltre a riuscir ad offrire un festival dai nomi importanti e con ingresso gratuito, è anche riuscita a “riportare a casa” i Rhapsody Of Fire. Non rimane che darsi appuntamento alla prossima edizione del festival.

Marco Doné

Setlist:
Vis Divina
Rising From Tragic Flames
Land of Immortals
The March of the Swordmaster
Unholy Warcry
Drum Solo
Triumph or Agony
Dark Wings of Steel
Lamento Eroico
Holy Thunderforce
Dawn of Victory
Guitar Solo
The Village of Dwarves
Knightrider of Doom
The Magic of the Wizard’s Dream

Encore:
Reign of Terror
Emerald Sword

Lineup:
Fabio Lione: Vocals
Alex Staropoli: Keyboards
Roberto De Micheli: Guitars
Alex Holzwarth: Drums
Oliver Holzwarth: Bass