Recensione: Asymmetry

Di Stefano Burini - 10 Dicembre 2013 - 8:00
Asymmetry
Band: Karnivool
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2013
Nazione:
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75

 
Ian Kenny è un artista certamente poco conosciuto e ancor meno apprezzato, alle nostre latitudini; eppure, nella natìa Australia, questo stravagante cantante è una rockstar di prima grandezza, come testimoniano gli ottimi riscontri di critica e pubblico ottenuti dalle ultime pubblicazioni delle sue due creature, entrambe giunte al numero uno delle chart della Terra dei Canguri.
 
Casulità? Certamente no, vista la qualità degli album cui Ian ha preso parte negli ultimi quindici anni; d’altro canto, sentita e considerata (in entrambi i casi) la particolarità della proposta, non stupisce che tanto i Birds Of Tokyo con il loro raffinato indie pop/rock, quanto i prog rocker avanguardisti Karnivool non siano particolarmente noti in quel Vecchio Continente che continua ad essere, viceversa, terra di conquista per gruppi più classici come Airbourne e Wolfmother. Un vero peccato giacché, senza nulla togliere ai bravissimi (ma più “canonici”) Birds Of Tokyo, i Karnivool possono essere inseriti di diritto nel ristretto novero delle band che hanno provato, con successo, a dire qualcosa di nuovo e personale nel sempre affollato panorama prog rock e metal internazionale.
 
Il 2013 ha dunque visto, come anticipato, l’uscita a breve distanza di “March Fires”, nuovo lavoro targato BOT, e di “Asymmetry”, il successore di quel piccolo capolavoro intitolato “Sound Awake” che nel 2009 tante (giustificate) lodi aveva ricevuto. Rispetto ad allora il sound dei Karnivool si è complessivamente ammorbidito mentre il sogwriting si è fatto ancor più complesso e meno d’impatto, andando ad accentuare alcune affinità con i Tool. Canzoni come “Nachash” e “A.M. War” giocano, infatti, sul filo di strutture sbilenche, sonorità aliene e melodie dissonanti, andando a lambire il djent più atmosferico e lasciando la particolare voce di Kenny errabonda sui complicati intarsi chitarristici ad opera di  Andrew Goddard e Mark Hosking. “We Are” è, al contrario, più melodica e non troppo lontana dal gusto tipico dei Birds Of Tokyo, per quanto ritmicamente tesa e spezzettata, mentre “The Refusal” si configura come la più tirata in scaletta, con addirittura alcune partiture in growl ad alternarsi sapientemente al tipico vocalismo kennyano
 
Fino a qui tutto bene, seppur senza guizzi realmente vincenti. Capita, quindi, a proposito la splendida “Aeons”, più aperta e melodica e colorata in maniera impareggiabile da una linea vocale da dieci e lode oltre che dall’ottimo lavoro delle nervose chitarre in primo piano e del corposo basso nelle retrovie: il primo vero proprio high-light finora ascoltato. Segue la title track, uno strumentale rumoristico vagamente Pink Floyd-iano che spiana la strada alla maiuscola “Eidolon”, spaziale eppur a suo modo “orecchiabile”, dominata dal cantato originale e ricercato del cantante australiano e valorizzata da un guitar work molto presente ed altrettanto efficace. “Sky Machine” è un altro gioiellino di (neo?) prog moderno ed emozionante, all’apparenza freddo come il cielo limpido invernale, tuttavia pronto a riscaldarsi grazie a linee melodiche dal gusto, questa volta, “tropicale”. Altro breve intermezzo strumentale e giungiamo al finale, con il terzetto di coda composto dalla celestiale “Float”, poco più che una nenia sussurrata all’orecchio, dalla leggiadra “Alpha Omega”, una sorta di immaginifico swing cibernetico suggellato da un bel finale in drammatico crescendo, e dalla ghost track “Om.”
 
I Karnivool con “Asymmetry” hanno realizzato un disco decisamente introverso e spigoloso, per buona parte della sua durata lontano dalla resa sonora del suo predecessore, eppure in grado di avvincere ed affascinare, pur nella sua praticamente totale mancanza d’impatto. Un lavoro che probabilmente, questa volta, troverà più estimatori tra i prog rocker vecchia maniera che non tra i fan di band dal taglio più moderno e aggressivo, ma al quale vale in ogni caso la pena di dare una chance. Purché sia chiaro a che cosa si vada incontro…

Stefano Burini

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