Recensione: Bugaboo Alley

Di Andrea Bacigalupo - 23 Aprile 2022 - 8:30
Bugaboo Alley
Band: Damno
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Avantgarde 
Anno: 2022
Nazione:
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75

Non ci fu mai grande ingegno senza un pizzico di follia
Aristotele

‘Damno’ è il nome della One Man Band di Danilo Teti, non solo un musicista (ex batterista di Synapsicide, Name Insane e Bestial Vomit), ma anche ventriloquo e game design per i giochi di ruolo (GDR) cartacei.

Un progetto nato per dar sfogo al 100% della creatività dell’eclettico artista, senza limitazioni o influenze dettate dalla naturale presenza di altri elementi.

Il risultato è ‘Bugaboo Alley’, EP di quattro pezzi di quello che si può definire Avant-Garde Metal, giusto perché a noi metallari piace catalogare tutto.

Pensiamo a ‘Into the Pandemonium’ (1987) degli, allora, pionieri Celti Frost, od a ‘Disco Volante’ (1995) dei Mr. Bungle di Mike Patton, alle sperimentazioni dei Voivod e dei più recenti Exxperior, giusto per citare qualche nome.

Ascoltare questo genere vuol dire entrare in un mondo bizzarro, creato da una mente genialmente folle (in senso artistico, naturalmente), che usa gli schemi solo per romperli e ricomporli in modi diverso ed imprevedibile.

Bugaboo Alley’ è così. Tutto è inconsueto in questo EP, a partire dal modo in cui è stato composto e realizzato: utilizzando solo il Virtual Studio Technology (VST).

Musicisti e strumenti sono stati sostituiti interamente da campionatori, sintetizzatori ed effetti vari: una sfida non facile quella di voler rompere la tradizione del ‘fumoso e stretto garage’ dove nascono le band e si formano i movimenti, o meglio, un “azzardo nel Metal”, come ha affermato Danilo stesso.

Beh, personalmente, pur non riuscendo a concepire il ‘Metal suonato con il mouse’, devo dire che la programmazione è stata fatta bene: il sound giusto c’è, tutto risulta molto realistico e se l’uso del VST non fosse stato dichiarato (giustamente) nelle note di accompagnamento al CD, non credo che me ne sarei accorto.

Rimane il dubbio della resa di queste quattro canzoni dal vivo, perché comunque meritano di essere eseguite sui palchi.

Il telaio portante lungo il quale si sviluppa il lavoro è essenzialmente il Metal, nelle sue svariate forme: Thrash, sfumature Death, Groove e quant’altro, sono tutte legate assieme per formare un corpo unico e solido, vibrante di insana collera. ‘Bugaboo Alley’ è per metà arrabbiato, per un quarto schizofrenico e per il restante quarto ironico ed esilarante, miscela (agitata ed anche mescolata) che lo rende ancor più fuorviante e destabilizzante.

Crazy Doll Piece by Piece’ parte con un attacco funky che si trasforma in un furioso Thrash ‘N’ Roll dove si insinuano momenti sclerotici, intermezzi semiorientali e follie mezzo grind, ‘Forgotten in the Oven’ è un Rock ‘N’ Roll abrasivo e trascinate mischiato con urletti pazzi, musica elettronica anni ’80 che ricorda i Rockets di ‘Galactica’ e ‘On The Road Again’, un dialogo con Daffy Duck (o qualsiasi altro papero parlante) e altre robe da psicopatici.

Il Groove – Metalcore di ‘Bugaboo Alley’ è più stabile, a parte l’inserto di Jazz malato e l’assolo di tromba … ed, infine, ‘Spanking – Core’ sostituisce parte della rabbia con un sinuoso Funky Jazz che ci porta tutti in discoteca (si … va beh) fino a che non si trasforma in un solido Heavy Metal Old School per un finale trascinante.

Concludiamo: ‘Bugaboo Alley’ sono diciotto minuti di follia, ma anche di buonumore, elementi che, accoppiati, viaggiano bene. Per quanto scorra fluido, ci vuole un po’ di pazienza per assimilarlo, ma è giusto così: è un prodotto che diverte, ma che è anche serissimo e sulla qualità dell’artista non ci sono dubbi. Non ci resta che attenderlo dietro l’angolo, stando attenti che, al suo posto, non compaia lo spauracchio!

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