Recensione: Glory for Salvation

Di Luca Montini - 10 Dicembre 2021 - 0:05
Glory for Salvation
Etichetta: AFM Records
Genere: Power 
Anno: 2021
Nazione:
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80

Secondo capitolo della “Nephilim Saga”, iniziata con The Eighth Mountain (2019), Glory For Salvation è un disco decisamente ambizioso: suo l’onere di dare continuità e al contempo rilanciare il moniker Rhapsody of Fire, il nome e l’identità di una band che ha segnato la storia del power metal sinfonico con tematiche fantasy ed epiche. Il tempo vola; è passato già un decennio dallo split del 2011 con il co-fondatore Luca Turilli, al quale è seguito quello con Fabio Lione nel 2016. La lineup attuale si presenta particolarmente stabile e coesa formata dai mastermind triestini Alex Staropoli (fondatore del gruppo assieme al Turilli Nazionale) alle tastiere e Roby De Micheli (in lineup quando ancora la band si chiamava “Thundercross” ad inizio anni ’90) alla chitarra, il giovane e talentuoso Giacomo Voli al microfono, Alessandro Sala al basso e il neo-entrato Paolo Marchesich alla batteria, a sostituire Manuel Lotter, che riporta i Rhapsody of Fire ad essere una band composta al 100% da musicisti italiani. Una formazione certo molto lontana da quella originale, ma che si dimostra protagonista di un convincente percorso di crescita e maturazione, analogo a quello dell’Eroe narrato nelle liriche dei brani proposti.

Rhapsody of Fire 2021

Devo ammettere che, come altri colleghi in Italia e non solo, ero partito con alcuni pregiudizi negativi prima di approcciarmi a questo nuovo disco della band triestina. A partire dalla recensione del singolo “I’ll be your Hero”, che avevo apprezzato solo in parte, non tanto per il (solo) brano inedito che ritroviamo in questo disco, peraltro non male, quanto per i troppi riempitivi che avevano destato il sospetto che la band non avesse molte idee da spendere per questo secondo full-length della saga. Ecco, mi sbagliavo di brutto.
Dopo numerosi ascolti posso confermare che di idee, guizzi e intuizioni in Glory for Salvation ce ne sono, eccome! La formula vincente risiede in una riuscita sinergia tra le composizioni epiche di Staropoli, l’equilibrio sempre molto misurato di Roby De Micheli (intervistato da Truemetal per l’occasione) tra shredding neoclassico, riffing serrato e scelte armoniche più ficcanti, e soprattutto del contributo interpretativo di quello che è ormai l’araldo della band: Giacomo Voli. Il giovane e telegenico frontman, peraltro di questi tempi protagonista di All Together Now, la trasmissione musicale di Canale 5 condotto da Michelle Hunziker (non è la prima apparizione televisiva del talento emiliano; Giacomo ha infatti partecipato nel 2014 a The Voice Of Italy, posizionandosi al secondo posto), si sta rivelando sempre più il valore aggiunto a questa band, in grado di portare risultati determinanti. Una voce più alta e cristallina di quella, branduardesca, di Fabio Lione. Disco dopo disco Giacomo infatti si sta dimostrando sempre più maturo e capace di modulare con esperienza, professionalità e precisione la propria voce. Un vero talento. Siamo dinanzi ad una nuova incarnazione dei Rhapsody of Fire, fedeli a sé stessi anche nel cambiamento, lontani dalle rivelazioni (o rivoluzioni) quantistiche che caratterizzano le compagini guidate in questi anni da Luca Turilli, che abbiamo recentemente ascoltato nel progetto parallelo Rebirth and Evolution (2019). L’anima musicale del combo triestino qui si incarna in un senso di ossequiosa fedeltà alla tradizione, con un gusto più moderno, e in questo la presenza di un giovane come Giacomo potrebbe aver contribuito.

Il disco risulta essere abbastanza compatto, e porta con sé l’epica magia che ha reso questa band un unicum nel panorama metal mondiale, ancora per certi versi insuperato. Basta ascoltare l’infuriato avvio di “Chains of Destiny” (valorizzata anche da un ottimo videoclip) che ci riporta ai tempi di Power of the Dragonflame (2002), o la più vellutata “Therial the Hawk”, con gli strumenti barocchi e il flauto di Manuel Staropoli, compagno di avventure dai tempi di The Magic of the Wizard’s Dream (2005), introdotta dal narrato di “Eternal Snow”. C’è continuità con il passato, ma anche il sapore di qualcosa di nuovo. Per la prima volta nella storia della band triestina, la suite “Abyss of Pain II” sta al centro del disco, con una lunga intro che potrebbe ricordare coi suoi cori la OST della trilogia di Peter Jackson, e poi via con Voli sugli scudi, tra scream e pulito. Brano buono ma non eccelso (manca il ritornellone ruffiano), che presenta anche un bel duello chitarra-tastiera come da tradizione prog-power.
Ottime anche le velocissime “The Kingdom of Ice” e “Maid of the Secret Sand” coi solos malmsteeniani e Giacomo che raggiunge tonalità altissime nei ritornelli.
Tra i brani più riusciti inserirei anche la ballad “Magic Signs”, che funziona alla grande anche nella versione italiana “Un’ode per l’eroe”, a mio modesto avviso anche preferibile alla prima, capace di far provare un brivido a chi cerca mille avventure in regni dimenticati e lontani.

Glory for Salvation segna un ritorno in grande stile per i Rhapsody of Fire, che con molta umiltà e tanta passione, sacrificio e dedizione sono riusciti nel periglioso e difficile intento di restare fedeli alla tradizione reinterpretando con personalità gli stilemi che li hanno resi celebri in tutto il mondo. Da sottolineare l’ottima prova di Giacomo Voli al microfono, che trascina la band in questa sua nuova incarnazione, l’ottimo lavoro di Alex Staropoli e Roberto De Micheli nella composizione, negli arrangiamenti e nelle armonie, in perenne tensione tra i suoni più epici e bombastici e le melodie incantate degli strumenti barocchi, dei flauti e dei cori. Bentornati Rhapsody of Fire, e che lo spirito di avventura dell’Eroe lo conduca lontano, dalle terre incantate attraverso l’Abisso del Dolore, fino all’auspicata redenzione finale.

Cieli tersi splendono
Di stelle indomite
Luce ed oblio, un’epica elegia
Spettri d’ombra e profezie
E potenti rime e placide maree
Di regni e dinastie…

 

Luca “Montsteen” Montini

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