Recensione: Immaculate Preconception

Di Andrea Bacigalupo - 4 Maggio 2019 - 15:05
Immaculate Preconception
Band: Necrofili
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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75

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Gran bella colata di lava incandescente quella che i laziali Necrofili riversano sul mondo Metal con l’EP ‘Immaculate Preconception’, disponibile in formato CD e sulle più importanti piattaforme digitali dal 12 aprile 2019.

Forte di quattordici anni di esperienza, sia in sede live che discografica, con due Full-Length nel proprio carniere (‘Necrofili’ del 2005 e ‘The End of Everything’ del 2017), dopo alcuni avvicendamenti nella propria lineup, il combo presenta un lavoro di breve durata ma essenziale per dimostrare la sua levatura e la sua crescita.

il sound è un Thrash/Death intransigente e violento, con buone aperture melodiche che ne spezzano la ferocia per creare sensazioni di suspense, di angoscia e malinconia.

Le ritmiche sono aggressive, sia quando marciano velocemente sia quando i tempi sono più cadenzati e si contrappongono, essenzialmente, agli assoli di caratura classica, per entrare nel tessuto sonoro senza stravolgerlo ma arricchendolo.

Un maligno scream sottolinea la rabbia con cui vengono trattate le tematiche dei Necrofili: l’angoscia e lo sgomento dell’uomo che affronta la propria coscienza e quanto c’è di negativo nella società, nella guerra e nella fede.

I brani contenuti in ‘Immaculate Preconception’ sono cinque, molto variabili tra loro, sottolineano la buona capacità compositiva della band.

A Lullaby for Reason’ è una breve traccia strumentale composta da arpeggi e sezioni ritmiche che accompagnano una frase di Giordano Bruno, filosofo, scrittore e Frate Domenicano vissuto nel XVI secolo, condannato per eresia per via dei suoi pensieri contrastanti con i principi dogmatici della Chiesa.

Le sensazioni di oppressione e oscurità che infonde il pezzo fanno da apertura al primo brano vero e proprio: ‘Infaithcted’, termine coniato dall’unione delle parole ‘infetto’ e ‘fede’, che tratta dei pregiudizi che vengono inculcati nelle persone a causa della formazione religiosa. Il pezzo è veloce, carico di elettricità, rabbia e violenza, sottolineate dallo scream, dalle accelerazioni, dagli stacchi strumentali potenti e dai cambi di tempo.   

La traccia successiva è ‘Campo de’ Fiori’, nome del luogo dove fu giustiziato, il 17 febbraio 1600, Giordano Bruno per non aver abiurato e rinnegato i propri pensieri di fronte alla Chiesa. I Necrofili parlano dell’increscioso accadimento passato, causato dalle superstizioni della Chiesa, per ammonire chi oggi ha il cuore gravato da inutili pregiudizi. Il cantato in lingua madre esalta quanto si vuole trasmettere. Ottima scelta direi.

A differenza del brano precedente, il sound è gravoso e pesante, con ritmi variabili e continui che vanno dal malinconico, al grintoso fino al soffocante, con assoli melodici che lasciano un po’ di respiro a chi ascolta.    

L’opera prosegue con ‘The Shapeless Thing’, che inizia con una buona apertura melodica che dà un senso di aspettativa per poi trasformarsi, prima in un Death spasmodico, poi in un attacco Thrash vecchia maniera e poi, ancora, in un più moderno pezzo stoppato. Molto articolato, ricco di cambi di tempo e di una lunga sezione musicale abrasiva, dà bene l’idea della compattezza di squadra dei Necrofili. Il tema trattato è, purtroppo, attualissimo: la depressione, disturbo psichico sempre più comune.    

Chiude ‘Army of the Reaper’, che ci fa conoscere un ulteriore lato della band, quello meno erosivo e più orecchiabile, con una voce in clean che si alterna allo scream. Brano che richiama lo stile della band ad inizio carriera, contiene elementi importanti, che si spera vengano utilizzati anche in futuro.

Concludendo: giudizio più che positivo, per un lavoro articolato, complesso ma anche duttile, feroce ma ricco di musicalità, con quel tanto di impronta propria che oggi è abbastanza raro trovare. Ottimo lavoro.

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