Recensione: Montecristo
“Montecristo” è il sesto disco dei veneti Great Master, formazione che, album dopo album, può ormai essere considerata uno dei nomi forti della scena power nazionale. Di “Montecristo” ve ne avevamo già parlato in modo approfondito nel nostro studio report, che potete trovare cliccando qui. In quell’articolo ci eravamo soffermati sul concept che sta alla base del nuovo lavoro di “Jahn” Carlini e soci, cercando di sottolineare come le canzoni risultino fortemente legate alla storia, sia per le atmosfere, che per le emozioni respirate in ogni singola traccia. In quell’ascolto in anteprima “Montecristo” si era rivelato un disco dal forte spessore artistico e ora, dopo ripetuti passaggi nello stereo, siamo qui, curiosi di scoprire se le prime impressioni, provate a caldo, possano trovare conferma.
Senza inutili giri di parole, possiamo dire che “Montecristo” non solo conferma le sensazioni ricevute dall’ascolto in studio, si spinge addirittura oltre. Sì, perché il nuovo “Montecristo” è senza ombra di dubbio il punto artistico più elevato mai raggiunto dai Great Master. Ci troviamo al cospetto di un concept album realizzato come solo i grandi nomi del passato sapevano fare, in cui storia e musica sono l’una l’espressione dell’altra. Un disco teatrale, dal forte spessore emotivo, carico di adrenalina, capace di tenera viva l’attenzione dell’ascoltatore dall’inizio alla fine. Raggiunta la fine, poi, la voglia di premere nuovamente il tasto play e ricominciare il viaggio dal principio è davvero forte. Come facilmente intuibile dal titolo, “Montecristo” è un concept incentrato sul classico della letteratura mondiale “Il Conte di Montecristo”, romanzo scritto da Alexadre Dumas. Attraverso i tredici capitoli che caratterizzano l’album, rivivremo le gesta di Edmond Dantès, assaporando tutte le emozioni provate dal protagonista dell’opera di Dumas: speranza, delusione, sconforto, rabbia, voglia di riscatto e il doppio sapore, dolce e amaro, della vendetta. Con “Montecristo” i Great Master sviluppano ulteriormente il percorso iniziato con “Skulls and Bones – Tales from over the Seas”. Le composizioni mantengono tutte le peculiarità del songwriting di “Jahn” Carlini, ma vengono arricchite da un maggiore uso dei cori, che in più riprese riportano alla memoria alcune soluzioni usate dai Savatage. Anche le orchestrazioni ricoprono un ruolo fondamentale nell’economia di “Montecristo”: non le troveremo mai in primo piano, svolgeranno sempre un lavoro di contorno, risultando però fondamentali per donare maggiore enfasi e per porre i giusti accenti alle varie tracce. Altro punto di forza del nuovo lavoro dei Great Master è la prova di Stefano Sbrignadello al microfono: caldo, espressivo e teatrale: una prestazione davvero trascinante. È sufficiente ascoltare la traccia d’apertura, ‘Back Home’, per comprendere quanto il cantante sia entrato nella parte di Edmond Dantès, trasmettendo emozioni fortissime. A questi fondamentali tasselli si aggiunge poi una batteria elegante e ricercata, ricca di dinamica e sempre in funzione della struttura canzone. Il gruppo veneto, in studio, ha affidato le pelli a due musicisti diversi, con due stili personali e facilmente riconoscibili, un qualcosa che ha donato ulteriore personalità a “Montecristo”. E se i due batteristi coinvolti si chiamano Simone Morettin [Elvenking ed ex Revoltons, n.d.a.] e Denis Novello [Agarthic ed ex Bad As, n.d.a.] era inevitabile raggiungere tale risultato.
Come già sottolineato nello studio report, “Montecristo” è un continuo crescendo di tensione e adrenalina. E non a caso la seconda parte del disco, in cui Dantès passa all’azione e compie la sua vendetta, è nettamente più veloce e aggressiva rispetto alla prima, dove vengono invece narrati lo sconforto di un uomo che ha perso tutto. I testi – davvero molto curati – risultano poi fondamentali per poter vivere e comprendere al meglio l’album, in tutta la sua evoluzione. “Montecristo”, in questo modo, si rivela un disco vero, composto e suonato con una passione fuori dal comune. Risulta davvero complicato citare una canzone rispetto a un’altra: “Montecristo” regala una qualità altissima, in tutta tutta la sua durata. Certo che canzoni come la già citata ‘Back Home’, ‘Your Fall Will Come’, l’elegante ‘Nest of Stone‘, ‘The Weak Point’, ‘Final Revenge’, l’epica ‘October 5th – Wait and Hope’ e la maestosa ‘Montecristo’, posta in chiusura d’album, sono tracce destinate a uscire in loop dalle casse dello stereo.
Da segnalare, poi, la bellissima copertina realizzata dallo stesso “Jahn” Carlini, in cui incontriamo due opere splendide: “La veduta del Castello di Tantallon”, che richiama la prigione del Castello di If, in cui venne rinchiuso Dantès, e “Il viandante in un mare di nebbia”, che rappresenta lo stesso Dantès-Conte di Montecristo. A queste due perle sono stati aggiunti alcuni elementi che richiamano ulteriormente il concept, come il tesoro degli Spada, la nave Le Pharaon e, incastonata nella scogliera in cui sorge il Castello, la testa del Leone di San Marco, forte richiamo alla città d’origine dei Great Master.
Credo non serva aggiungere altro: i Great Master, con “Montecristo”, regalano un prodotto splendido, il punto artistico più alto fin qui raggiunto dalla formazione veneziana. “Montecristo” è uno dei dischi più entusiasmanti usciti in questo 2023, un album destinato a finire nelle classifiche di fine anno, tra i lavori più riusciti e convincenti. Insomma: fate vostra questa gemma, non ve ne pentirete, credetemi.
Marco Donè