Recensione: Neptune

Di Fabio Lupetti - 30 Marzo 2016 - 15:35
Neptune
Band: Coraxo
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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70

Amo le coincidenze.

Fanno capire come il destino, tramite una serie di eventi, riesca a legarli tra loro in rapporti di referenzialità reciproca molto divertenti.

È il caso del mio debutto ufficiale su Truemetal.it, sito che seguo da quando avevo 15/16 anni. Un bel traguardo, non c’è che dire, che si apre proprio con un altro debutto, quello dei finlandesi Coraxo

“Neptune” esce per la Massacre Records a due anni dalla fondazione per opera di tre ex-membri dei Destination: Destruction (Tomi Toivonen, Ville Kokko e Ville Vistbacka), dopo i due EP “Starlit Flame I & II” del 2014. Il gruppo si propone di sperimentare nell’ambito del death metal melodico grazie all’aggiunta di elementi strumentali e tecnici e di approccio compositivo a esso estranei.

Il problema è che, dopo tre o quattro ascolti, alcuni pezzi deludono proprio per l’estraneità che intercorre tra le componenti al loro interno: in “Tangier” e “The Citadel” le linee elettro-melodiche viaggiano su binari totalmente diversi rispetto a quelle dedicate alla strumentazione classica. Non sarebbe di per sé un problema: le composizioni dissonanti stimolano l’ascolto attento e matematico di appassionati e musicisti, ed è certamente meritevole di stima per la sperimentazione a livello strutturale.

Il fatto è che poi lo stesso gruppo propone composizioni dove il compromesso sperimentazione-solidità è maggiore: “Symbiosis” è un bellissimo up-tempo pieno di carica e colore, dove l’anima elettronica e quella più violenta della band si amalgamano alla perfezione in un tripudio di melodie sbarazzine e ritmiche ignorantissime.

“In Adoration” parte con un’intro in sassofono (no, non aspettatevi virtuosismi a caso: è tutta ricerca sperimentale sonora) per poi sviluppare con maestria e buongusto l’intreccio delle linee melodiche con quelle più grezze e arroganti, terminando infine con una romantica chiusura che richiama quei finali di episodio malinconici à la Cowboy Bebop.

“The Bastion”, “Lanterns”, “Signal Detected” e “Ghosts” sono brani che lavorano sulla decostruzione sonora e compositiva delle linee strumentali e vocali, e che ben rievocano tema e atmosfere sci-fi. Ciò che li rende degni di nota è la maggiore attenzione della band data alla costruzione dei singoli fraseggi come parte di un microcosmo, ovvero la canzone, dove ogni parte si armonizza bene con le altre.

Il labile confine tra un ammasso di partiture di diversi strumenti e un brano musicale stravagante e intelligente è dato dal sapiente mix di follia e autocontrollo. Solo il tempo ci saprà dire se i Coraxo sapranno mantenere la fermezza che li contraddistinguerà dalla massa di musicisti senza un perché come veri innovatori del genere.

Fabio Lupetti

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