Recensione: Reset
Il chitarrista e polistrumentista Tommy Denander è tra le figure iconiche dell’AOR scandinavo. Pur se svedese, l’artista ha lavorato, ai tempi in cui il rock melodico dominava le classifiche ed i gusti del grande pubblico, anche a Los Angeles, collaborando con figure chiave e leggendarie del genere come membri dei Toto, David Foster, Michael Landau, Bill Champlin.
È del 2001, invece, l’album con cui Denander ha inaugurato la propria attività personale con il marchio Radioactive. Parliamo di “Ceremony Of Innocence” in cui hanno suonato personaggi del calibro di Jimi Jamison, Bobby Kimball, i fratelli Porcaro, Steve Lukather, Neal Schon, Yngwie Malmsteen, Bruce Kulick.
Il progetto Radioactive ha proseguito la sua strada in maniera continuativa negli anni, presentando album sempre di alta qualità e orientati all’AOR più californiano e soft, venato di spunti pop e fusion. Proprio il genere che ha sempre visto i Toto come maestri indiscussi. Un suono che, per chi ha l’età del vostro recensore, rappresenta un immediato rimando alle atmosfere, alle radio, ai film che hanno contraddistinto quegli anni.
E anche il nuovissimo “Reset”, nella quale Denander si è fatto affiancare al canto da Jeff Paris (vi ricordate il cult-classic “Wired Up”?) e Jim Jidhed (Alien) e altri. non si discosta da queste atmosfere e da questo tipo di ispirazione.
Si affacciano da questo album, certo, anche canzoni più hard, come Breakaway (veloce e dalle chitarre qui più aggressive che altrove), When The Lights Go Down (con Jidhed al canto, energica ma sempre elegante), ma la gran parte delle tracce veleggia sul versante più soft e raffinato del rock.
L’ispirazione del soft rock dei Radioactive assume una cadenza più svelta in canzoni come Midnight Train e Shame On You, Shame On Me (dinamiche, piene di ispirazioni prog e fusion, la seconda anche particolarmente catchy e entrambe assolutamente “alla Toto”), Hard Times To Fall In Love (cantata da Joey Vana dei Mecca) e Sentimental, tipico AOR alla Toto/Journey con in evidenza limpida sei-corde e piano.
Da citare in particolare la title-track Reset (con il grande Robin McAuley dietro al microfono), dall’ inizio atmosferico con tastiere in bella vista e dal successivo coinvolgente crescendo da prog “evoluto” ingemmato da una chitarra magistrale ed intensa (Keith Scott) e dal tocco di classe di un altro musicista ospite quali il mitico bassista Tony Levin.
Più quieti, invece, si palesano brani come la semiballata Open Spaces e lo slow dal “cuore in mano” e dalla classe da vendere Gaia.
Niente di nuovo, dunque, troviamo sotto il sole di “Reset”, ma un tuffo nell’ acqua più blu di quei suoni che in particolare contraddistinsero il passaggio tra la fine degli anni settanta e tutti gli Eighties del rock radiofonico e raffinato. Denander e i suoi compagni nel progetto Radioactive non cedono neanche un attimo a ispirazioni provenienti da suoni più attuali, dimostrando – ancora una volta – la loro più totale dedizione all’AOR di gran classe.
Francesco Maraglino