Recensione: Smoke
Non c’è nulla di particolarmente nuovo nelle note proposte dai Road Syndicate, neonata band dedita ad un blues rock dai contorni assai tradizionali che, a dispetto di un profilo dichiaratamente underground, cela al proprio interno musicisti esperti e molto rodati.
Lorenzo Cortoni alla voce, Fabio Lanciotti alla chitarra, Emiliano Laglia al basso e Cristiano Ruggiero alla batteria rappresentano un nucleo di sicura affidabilità. Quotati e preparatissimi turnisti che un po’ per gioco e magari pure per un pizzico di ambizione personale ha deciso di creare qualcosa di proprio ed esclusivo.
La strada è quella polverosa della classicità, contornata da Lynyrd Skynyrd, Deep Purple, Kiss, Outlaws, Rolling Stones e Led Zeppelin e corroborata da un songwriting solido e concreto. Sentieri musicali in cui assaporare sensazioni adatte certamente ad un pubblico non più giovanissimo ed avvezzo alle atmosfere di un rock antico, forse demodé, ma sempre molto fascinoso.
Ascoltando pezzi come “Drifting”, “Turning To”, “Silent Scream” e “Voodoo Queen” pare, in effetti, di essere incappati in un qualche vecchio vinile dei gloriosi anni settanta.
Anche la produzione, secca, precisa ma del tutto priva di orpelli e parecchio “vera“, lascia trasparire un sottile effetto vintage. Un escamotage che amplifica l’idea di un’operazione volutamente retrò, realizzata per compiacere il proprio gusto e, qualora possibile, accattivare anche un pubblico di rockers nostalgici, quelli per cui l’idea di musica “mordi e fuggi” non potrà, ne dovrà mai esistere.
Semplice, diretto, a suo modo passionale. Senza dubbio verace e sincero.
Caratteristiche salienti di un debutto forse imperfetto (la voce, non ce ne voglia il buon Cortoni, non ci ha convinto granché) e dai risvolti indubbiamente convenzionali o addirittura retrò.
Dotato però di un’adorabile anima autentica e genuina, percepibile sin dal primo incontro e tale da renderlo un ascolto tutt’altro che sprecato o privo di risvolti piacevoli.