Recensione: Something That Your Eyes Won’t See

Di Fabio Vellata - 22 Settembre 2023 - 9:00
Something That Your Eyes Won’t See
Band: Remedy
Etichetta: S-Rock Music
Genere: AOR  Hard Rock 
Anno: 2022
Nazione:
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82

È già fuori da parecchi mesi il debutto dei Remedy. Ed occorre correre ai ripari.
Quantomeno per fornire segnalazione e giusta visibilità ad un album passato un po’ troppo sotto silenzio e poco considerato da critica e pubblico.
Un recupero doveroso soprattutto se relazionato alla effettiva qualità del materiale proposto. Invero notevole e di ottimo valore.

Fondati quasi per gioco in epoca di pandemia, quando gli attuali membri del gruppo si erano trovati, giocoforza, esclusi da tutti i progetti presso cui prestavano opera, i Remedy sono comodamente inquadrabili nel melodic rock che tanta fortuna ha portato ai celebri Eclipse, Art Nation, H.e.a.t. e Perfect Plan.
Proprio a questi ultimi il gruppo guidato dal chitarrista Roland “Rolli” Forsmann sembra guardare con maggior favore, in virtù di un impasto sonoro che tra le parole “rock” e “melodico”, tende solitamente a privilegiare un po’ di più la seconda.

Il genere è ovviamente consolidato, tuttavia il disco dal lungo titolo – “Something that your eyes Won’t see” – brilla per freschezza e buone idee. La sensazione è quella di esplorare un territorio ben conosciuto – con i big eighties sempre a portata di mano – il cui paesaggio è però accattivante e meritevole di essere scoperto con attenzione.
In effetti, con brani come la doppietta iniziale “Livin on the Edge” e “I Wanna Have it All“, viene tutto più facile. Bei ritornelli con un taglio di armonie che rende le canzoni molto orecchiabili, ideali per un ascolto reiterato. Roba non certo da debuttanti alle prime armi.
È evidente quanto il quintetto abbia un background profondo e ben cementato nel genere. Il curriculum di alcuni di loro, del resto, parla chiaro. Il batterista Georg Härnsten Egg dichiara, ad esempio, una lunga militanza con Dynazty, Paralydium e Joe Lynn Turner. Andreas Passmark, bassista, è da lungo tempo nella sezione ritmica di Royal Hunt e Narnia, oltre ad avere in archivio una miriade di altre comparsate e partecipazioni.

Colpisce l’immediatezza: non ci sono brani superflui e la tracklist bada all’essenziale, senza perdersi in filler buoni esclusivamente ad allungare il minutaggio del cd. Una caratteristica sempre più rara in un epoca in cui si cerca di far numero più che di condensare nei giusti tempi quanto è nel proprio potenziale.
Curiose ed accattivanti ad esempio, le atmosfere cupe di “Scream in Silence”. Contagiosa la frizzante vitalità di “My Devil Within”, pezzo che non avrebbe sfigurato in uno degli album degli One Desire. Non a caso, il gruppo con cui Forsmann ha collaborato principalmente.
A chiudere il cerchio, quale ulteriore certificazione della statura del progetto, emergono i nomi di Lars Säfsund dei Work of Art ed Erik Martensson degli Eclipse. Il primo quale vocal coach del singer Robert van der Zwan e corista d’eccezione. Il secondo nulla di meno che responsabile di missaggio e masterizzazione del disco.
Come a dire: la qualità, attira la qualità.

Anni ottanta come filo diretto in quanto ad ispirazione ed un afflato altamente contemporaneo sul piano dello stile, parecchio nordeuropeo, sono le componenti che rendono il debutto dei Remedy un recupero essenziale per ogni fan del melodic rock.
Ci sono tutti gli ingredienti utili a rendere auspicabili sviluppi futuri per una band che ha buoni argomenti da proporre. Di certo più di molte altre realtà artefatte che servono solo ad ingrossare senza costrutto i già intasati canali di streaming e distribuzione.

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