Recensione: The Faith [Remastered]

Di Stefano Ricetti - 21 Maggio 2018 - 0:30
The Faith [Remastered]
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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Durante un mia recente chiacchierata con Rolando Cappanera, drummer della Strana Officina, è emerso che le ultime due loro uscite, griffate Jolly Roger Records, costituiscono altrettante “rinascite” all’interno della parabola artistica della band. La prima, intitolata “Non Finirà Mai” e già recensita su queste pagine pochi giorni fa, rappresenta di fatto la ripartenza del gruppo dopo la tragedia legata alla perdita di Roberto e Fabio. La seconda, invece, oggetto dello scritto, prende vita appena dopo gli Osanna ottenuti dalla band durante la propria esibizione al Gods of Metal 2006, in qualità di headliner incontrastata, nella giornata dedicata ai gruppi italiani. Un vero e proprio tripudio di cuori e coscienze quello scatenato dal combo toscano, con dei passaggi commoventi e dei suoni fottutamente killer, in senso positivo, of course. Nonostante abbia visto la Strana Officina tantissime volte alive, ritengo la prestazione di quell’occasione una fra le migliori della loro storia, tanta fu l’intensità e l’atmosfera magica che si sprigionò in quel dell’Idroscalo a Milano. 

The Faith” esce in questa prima metà dell’anno 2018 in versione “remixed and remastered” in quanto il suono originario dell’album, risalente al 2007 e licenziato dalla My Graveyard Productions, non aveva mai soddisfatto appieno le aspettative della band. L’operazione portata avanti sotto l’egida della Jolly Roger Records vede la luce sia in doppio vinile che in Cd, il quale si accompagna a un booklet di otto pagine, totalmente rivisitato rispetto al preesistente di sedici così come la copertina risulta leggermente modificata seppur mantenendo il nero acciaio come colore predominante. A livello di suoni “The Faith” era una “botta” di potenza nel 2007 così come lo è ovviamente anche nel 2018, dopo le “cure” operate da Antonello Saviozzi presso i Mo s.t.r.o. Productions Studio nel 2017, che è poi quello che conta per davvero, in questi casi, al di là delle differenze fra le due versioni. Qui di seguito la recensione dell’album apparsa su queste stesse pagine il 19 luglio 2007, sempre a firma del sottoscritto.          

 

Cosa avrebbe rappresentato la NWOIHM senza la Strana Officina? Probabilmente molto meno di quanto poi Le è stato attribuito a livello di importanza storica. Si può tranquillamente affermare che senza l’apporto della band livornese il metallo made in Italy avrebbe avuto molto meno effetto sia a livello locale e, soprattutto, in prospettiva internazionale. I Nostri hanno scritto capitoli fondamentali dell’HM europeo, guadagnandosi la stima di tutti gli addetti ai lavori lavorando ogni giorno sulla propria credibilità, costruita in primis sulla proposta musicale e appena dopo sull’attitudine: heavy metal a tutto tondo, da quando ci si alza la mattina a quando ci si corica la sera. All’interno di un movimento eccezionale ma frammentato come quello della New Wave of Italian Heavy Metal la Strana Officina ha saputo conquistarsi la stima e la simpatia da tutte le band tricolori, anche le più ostiche e spigolose: fatto eccezionale nell’Italia di allora.

Il combo livornese, attivo fin dalla seconda metà degli anni Settanta, detiene anche un altro importante primato, ovvero il fatto di essere stato il primo a far uscire un album di hard’n’heavy completamente in italiano, andando in controtendenza rispetto all’invasione senza scampo proveniente dai paesi di lingua anglosassone: il debutto omonimo del 1984.

Gli anni seguenti vedono l’uscita di altri due dischi, stavolta proposti in lingua inglese per poter sfondare anche al di là delle Alpi: il roccioso “The Ritual” nel 1986 e il più variegato “Rock’n’Roll Prisoners” del 1988.

Come purtroppo spesso accade in tutte le belle storie, però, la tragedia è dietro l’angolo, o per meglio dire lungo un fossato della Livorno-Firenze. In un incidente stradale i due membri fondatori della “Strana”, Fabio e Roberto Cappanera, rispettivamente batterista e chitarrista, perdono la vita in una notte del luglio 1993. Di lì a poco scompare anche Marcellino Masi, appartenente alla line-up autrice di “Strana Officina”. Pare la fine di un sogno, ma non è così.

Negli anni a seguire i numerosissimi ultras dell’Officina si compattano intorno alle figure del cantante Daniele “Bud” Ancillotti – personaggio dall’umanità smisurata – e a Vincenzo “Enzo” Mascolo, bassista e fondatore della band.

La voglia di Strana Officina continua a salire, il tempo passa, i “piccoli uomini crescono” e oggi sono diventati dei musicisti di alto profilo. Sto scrivendo riguardo al batterista Rolando Cappanera, figlio di Roberto, e a Suo cugino Dario, funambolico chitarrista.

L’anno scorso il miracolo: la Strana Officina viene chiamata a fare da headliner al Gods of Metal durante la giornata dedicata alle band italiane ed è un trionfo. Nella line-up, oltre agli storici Enzo e Bud troviamo proprio Dario e Rolando.

I miracoli di solito si autoalimentano… in questi giorni irrompe sul mercato il “black album” del metallo italiano: “The Faith” della Strana Officina. In realtà di brani nuovi non ce ne sono, infatti vengono risuonati tutti i pezzi di “The Ritual” e “Rock’n’Roll Prisoners” con l’inserimento di tre chicche: le inedite (su disco) ma immancabili nelle performance dal vivo, “Profumo di Puttana” e “Officina”. La terza ciliegina sulla torta è rappresentata da “Autostrada dei Sogni”, tratta dal primo disco della “Strana”. Sempre dall’omonimo del 1984 sono presenti le versioni in lingua inglese di “Luna Nera” (Black Moon) e “Piccolo Uccello Bianco” (Burning Wings).

Tutti i quindici pezzi proposti, nessuno escluso, beneficiano di vita nuova: la produzione attuale restituisce potenza ai brani straight in your face come “Metal Brigade/Gamblin’Man/Kiss of Death” e profondità a quelli più d’atmosfera (“Black Moon, Unknown Soldier, Autostrada dei Sogni”). Le versioni in vinile, infatti, pur essendo più “calde” e affettivamente insostituibili, non hanno mai reso giustizia al potenziale della band: devastante dal vivo e un po’ meno su disco.

Le canzoni godono di una seconda giovinezza, pur restando molto fedeli alle versioni originali, grazie alla batteria stile Scott Travis di Rolando e la chitarra implacabile di Dario. Enzo, come sempre, è un monolite di potenza ritmica, mentre Bud mi è sembrato più “profondo” nelle varie interpretazioni.

I fan della “Strana” già conoscono a menadito ogni singola traccia, per i più giovani, invece, “The Faith” è il miglior modo per scoprire un gruppo leggendario, del quale probabilmente finora hanno solo sentito parlare o letto qualche articolo. Descrivere ogni singolo brano mi pare ingeneroso: mai come in questo caso il gusto della scoperta (o riscoperta a seconda dei casi) si può assimilare a un corteggiamento d’altri tempi, fatto di speranze, attese infinite, batticuori, bigliettini nascosti. Rivelare tutto in anteprima sarebbe come voler violentare i nobili sentimenti di una bella storia.

The Faith” è il primo tassello di un nuovo cammino della Strana Officina che riprende l’insegnamento lasciato da Roberto, Fabio e Marcellino: probabilmente il miglior modo per dire loro ancora grazie da quaggiù…

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

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