Recensione: The Third Impact

Di Andrea Bacigalupo - 26 Febbraio 2022 - 21:06
The Third Impact
Band: Gunjack
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Heavy  Thrash 
Anno: 2022
Nazione:
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75

Partiamo male con questa recensione. Non riesco a comprendere molto quei musicisti che si lasciano influenzare talmente tanto da chi è loro ispiratore da arrivare ad esserne quasi dei cloni. Non dico che non ce ne siano di bravi o che non sappiano scrivere belle canzoni e trovo, anche, che questo agli inizi della loro carriera ci possa stare, come in un primo album ad esempio, ma poi ritengo che sia giusto far emergere la propria personalità per ottenere un vero risultato.

A conferma del mio pensiero, mi viene in mente l’esempio degli spagnoli Violblast: nell’omonimo debutto del 2016, anche se non era male, sembravano i figli poveri degli Slayer, ma poi hanno tirato fuori un proprio stile incisivo e pazzesco dando alla luce due lavori di gran carattere distintivo: ‘Theater of Despair’ del 2019 e ‘Lazarus Abandoned’ del 2021.

Ma basta divagare, nel loro terzo album, dal titolo ‘The Third Impact’ e disponibile dal 2 febbraio 2022, i milanesi Gunjack continuano ad assomigliare tremendamente ai Motorhead.

Al di là dell’attitudine, la “colpa” va data principalmente alla voce di Alessandro Dominizi, in arte Mr. Messerschmitt, che, essendo praticamente uguale a quella caratteristica di Mr. Kilmister, fa venire nostalgicamente in mente il trio più ribelle della Londra di fine anni ’70 in ogni canzone, anche in quelle dove il tiro si distacca dalla sua influenza.

Se poi teniamo conto che l’andatura principale del disco è quella di un selvaggio e granitico Rock ‘N’ Roll, improntata sull’essenziale lavoro di basso, chitarra e batteria …

Detto questo penso che i Gunjack se ne sbattano di suonare come i Motorhead, anzi, che vogliano dimostrare di essere come i Motorhead, proseguendo la loro storia di veri e liberi Rockers, tirando fuori un sound che li richiama con forza, ma che, al tempo stesso, si evolve tramite l’introduzione di elementi Heavy e Thrash Metal propri che ne esaltano la forza. E fanno bene perché ‘The Third Impact’ è, semplicemente, un bel lavoro: essenziale, diretto, dinamico, soprattutto vero.

In altre parole, l’attitudine del trio meneghino si fonde con l’anima di Lemmy e Soci, ottenendo un risultato devastante.

A parte la spettrale intro, dal titolo ‘Dagon’, che non c’entra nulla con le sue orchestrazioni malvagie ed i cori infernali, e l’intermezzo ‘Coma’, un sulfureo arpeggio strumentale che spezza in due il lavoro e che dà l’idea di un viaggio che, però, non si vede l’ora che finisca, tutto il resto è adrenalina pura e sovversiva, circa tre quarti d’ora di divertimento e d’istigazione alla libertà, di immagini di strade dritte da percorrere con la moto a tutta velocità e di fiumi di alcool nei quali immergere il proprio boccale.

Non c’è un pezzo dove questo non si percepisca.

Blast N’ Roll’ è una ceffone in faccia, un treno che viaggia per direttissima trainato dalla locomotiva di ‘Orgasmatron’: obbligatoria sul palco, farà dei feriti.

In questo particolare momento in cui scrivo le sirene antiaeree di ‘Twirling on Your Grave’ mettono i brividi, pensando alle persone comuni, non toppo distanti da noi, che non sanno più dove andare, mentre i potenti si accingono a “dividersi le vesti”, ma poi il tiro del pezzo è avvincente e coinvolgente.

Lasciano il segno il tempo medio evocativo e la fosca atmosfera che crea l’interludio di ‘The Tournament’, mentre il riff ridondante e gli inserti Thrash rendono ‘Destroy The Seventh Seal’ un pezzo trainante da cantare a squarciagola.

Potremo citarle tutte: tra queste la dinamica ‘Nuke to Be Sure’, la scavezzacollo ‘Metal Influencer’, cantata in italiano, soprattutto ‘Heart of Tank’, per la quale posso usare il semplice aggettivo di ‘ottima’, ‘The Knights in White’ con la sua atmosfera egizia alla Iron Maiden e la conclusiva ‘Lie of God’.

Senza nulla togliere alla forza ritmica, un vero assalto all’arma bianca, particolare menzione va alla chitarra solista, veramente di classe.

Concludendo, dal titolo veramente appropriato, ‘The Third Impact’ è un album che non può mancare nella propria collezione. Per questa recensione sono partito in un modo e arrivato in un altro. Mai limitarsi nel proprio giudizio, per quanto consolidato … guardare oltre! Con i Gunjack l’ho fatto e sono rimasto positivamente colpito.

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