Recensione: The Unbeliever

Di Andrea Bacigalupo - 10 Febbraio 2021 - 8:30
The Unbeliever
50

La storia dei Betrayed ha inizio nel lontano 1987, a Valparaiso in Cile, quando il batterista Claudio Tapia decide di fondare una band di Thrash Metal.

Nel 1989 esce il loro primo demo, ‘Our Option’ e nel 1990 il debut-album, ‘1879: Tales of War’.

Poi, nel 1994, la band si scioglie.

Nel 2004 Claudio Tapia decide di riprovarci: mette assieme nuovi musicisti e, nel periodo 2015-2016, completa la formazione dei rinati Betrayed.

Con questa incide i due EP ‘Looters Will Be Shot’ e ‘The Unbeliever’, rispettivamente del 2016 e del 2017.

Ora è la volta dell’album ‘The Unbeliever’, disponibile dal 22 gennaio 2021 tramite Thrashback Records, compilation che raccoglie le tracce dell’omonimo EP e poi alcuni estratti dal demo ‘Our Option’ e dall’album ‘1879: Tales of War’, registrati nuovamente dalla formazione attuale in presa diretta.

Che dire: è un Thrash Old-School suonato molto di pancia ed istintivo, tirato e furioso con dentro un sacco di richiami ai Testament, agli Exodus, agli Overkill, un po’ agli Slayer, una punta di Anthrax, quei nomi lì insomma: le solite Bay Area ed East Coast.

Niente di che, il songwriting non è il massimo, soprattutto se si pensa all’esperienza che dovrebbe avere Claudio Tapia, che è da più di trent’anni che frantuma tamburi.

Si può dare la sufficienza e qualcosa di più alla prima parte del lavoro, l’equivalente dell’EP ‘The Unbeliever’. La tessitura dei brani è articolata e le andature hanno la giusta grinta aggressiva: la determinazione della title-track e la strafottenza di ‘Panic Attack’ colpiscono il bersaglio, ‘Looters Will Be Shot’ ha un inizio un po’ incerto, ma poi parte bene, ‘Constitution (Of The Oppressors)’ alterna bene la velocità a parti più malvagiamente rallentate e la trama continua di ‘Our Option’ la rende coinvolgente.

Quello che viene dopo, che ci fa entrare nel magico mondo dei demo anni ’80 (l’atmosfera è quella), nonostante si possa apprezzare il coraggio dell’incisione in presa diretta e la volontà di riportare in auge brani passati, è essenzialmente ferocia allo stato liquido, con un certo mordente ma tirata dritta con un secchio, chi prendo prendo.

Velocità ed assalti all’arma bianca in pezzi come ‘Fight For You Land’, ‘The Message’, ‘The Real Me’ o ‘Betrayed’ risultano una folle corsa senza meta e, purtroppo, non basta qualche bell’attacco o qualche cambio di tempo intermedio per renderli coinvolgenti.

Certe cose potevano permettersele artisti come i primi Venom quando, con il loro machiavellico genio del male, volevano rivoluzionare gli schemi entro i quali stava l’Heavy Metal all’epoca, ma erano altri tempi, dove c’era bisogno di questi scossoni.

Purtroppo sono canzoni che, semplicemente, non prendono e che dopo un po’, è brutto dirlo, stufano, compreso la strumentale ‘Human Madness’ che vuole uscire dagli schemi con tratti più morbidi e nostalgici.

Forse i Betrayed dovevano arrangiare nuovamente questi pezzi, metterli su un telaio e ricomporne le trame per dare loro un senso e cercare di portarli al livello della prima parte di ‘The Unbeliever’, dove si sente che la band un potenziale comunque ce l’ha.

Non ci resta che aspettare il prossimo album, c’è la possibilità di rimanerne stupiti.

Per ora, mediando la valutazione tra prima e seconda parte, il giudizio su ‘The Unbeliever’, è mio malgrado, insufficiente.

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