Recensione: Too Many Lies, Too Many Masters

Di Francesco Maraglino - 16 Settembre 2023 - 8:00
Too Many Lies, Too Many Masters
74

E’ già impressionante il carnet di partecipazioni e di progetti che il brillante singer  Ronnie Romero ha inanellato nella sua pur ancora non lunghissima carriera. In pochi anni, l’ugola di Ronnie si è stagliata alta nelle opere di Michael Schenker Group, Sunstorm, Lords of Black, Ferrymen, Elegant Weapons.

E come non citare l’esperienza con i Rainbow di Ritchie Blackmore, un vero e proprio sogno che diventa realtà?

Non solo. Romero ha al suo attivo ormai anche un paio di lavori solisti (“Raised on Radio” e “Raised on Heavy Radio”), improntati soprattutto su cover di hard/AOR e metal.
Dopo aver dunque definito ed omaggiato le fondamenta della propria ispirazione artistica, ecco che ora il cantante realizza il primo album solista totalmente formato da inediti, rilasciato dalla Frontiers e intitolato “Too Many Lies, Too Many Masters”.

In ogni caso, sebbene alle prese con canzoni originali, anche qui il vocalist cileno paga pegno alle sue radici, con un lavoro che si palesa aperto a diverse articolazioni stilistiche del rock duro.

Certamente, l’ispirazione principale è quella dell’heavy più classico.  Basti ascoltare Mountain of Light e Castaway on the Moon, metal innodico debitore nei confronti di gente come  Rainbow e Maiden, con voce e chitarra sugli scudi. Sulla stessa scia la title-track Too Many Lies, Too Many Masters, con la chitarra che si divide tra riff ficcanti e assoli ora melodici ora vorticosi.

 

Ma, a parte l’ispirazione precipua, l’album tocca altre fonti d’ispirazione, sebbene sempre collocate in ambito hard rock e dintorni, nei quali Romero si è già cimentato in passato. I’ve Been Losing You, ad esempio, è un heavy rock che presenta sfumature AOR, con sprazzi rarefatti  e riff di tastiere sullo sfondo. Crossroad ha un andamento più rallentato rispetto ad altri brani, e sfodera qualche nuance blues e un palese flirt con i Whitesnake. Si tratta di una delle tracce più affascinanti del disco, al pari di A Distant Shore, canzone slow, melodica e riflessiva all’inizio ma che poi si lancia in un variato sviluppo heavy.
Ancora, Chased By Shadows è un midtempo oscillante tra epicità e melodia con un ottimo lavoro di sei-corde e tasti d’avorio.

“Too Many Lies, Too Many Masters” è un’opera sorretta da una voce sempre al top, capace di essere espressiva sia nei brani più colmi di tra energia che nei pochi più delicati come la citata A Distant Shore. Anche gli strumenti (in particolare le chitarre di Andy C.) sono all’altezza del vocalist e della situazione. Queste qualità esecutive  – e la passione che pervade l’album – , fanno perdonare il manierismo di fondo che permea troppo spesso il pur efficace songwriting.

 

Francesco Maraglino

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