Recensione: Impressions

Di Gianluca Fontanesi - 1 Dicembre 2014 - 20:44
Impressions

Dopo due Ep (“Celestial Angels” e “Nova Vita”), è giunta l’ora anche per i torinesi Aevum di debuttare ufficialmente con il primo full length. La band propone un genere zeppo di contaminazioni e variazioni stilistiche di ogni sorta. Possiamo tranquillamente parlare di avant garde e associarli ai Diablo Swing Orchestra per l’accoppiata metal-soprano femminile, agli Epica per l’accoppiata soprano femminile – parti brutali con cantato growl/scream e, infine, agli Unexpect per la resa sonora generale che però non si colloca a quei livelli. Gli intenti sono comunque degni di nota e la strada intrapresa non può assolutamente definirsi sbagliata.

L’intro che dà anche il nome all’album, a dire la verità, è totalmente evitabile e raffazzonata; per fortuna dura poco e “Blade’s Kiss” mette presto in luce le effettive qualità degli Aevum. Di buon pregio risulta immediatamente l’incedere generale ed è presente un’aura di teatralità che si rivela un buon valore aggiunto alla proposta. La traccia, nei suoi oltre nove minuti, non annoia e sta in piedi piuttosto bene passando da uno stile all’altro senza quella fastidiosa sensazione di copia e incolla che spesso accompagna il mischiare generi agli antipodi tanto per far vedere che lo si sa fare.

A voler essere pignoli, la chitarra avrebbe avuto bisogno di qualche armonizzazione in più a sostenerla, ma sono dettagli; la prova generale della band è davvero convincente. Lodevole anche l’uso della lingua italiana, purtroppo parecchio bistrattata dalla band metal nostrane e a torto. Un breve intermezzo di trombe, trombette e tromboni lascia presto spazio a “The Battle”, la seconda vera e propria canzone del lotto. Anche qui ci assestiamo su minutaggi altissimi superando i tredici minuti, cosa apparentemente fuori dal mondo ma che invece funziona benissimo. Si alternano in fase iniziale momenti con voce maschile e femminile (buona la prova di entrambi su tutto il disco), per poi essere intervallati da un po’ di tutto: stacchi, progressioni e via dicendo.

La componente teatrale qui è dominante e ha una buona resa. Davvero notevole la seconda parte del brano, che esce per un po’ dai canoni del metal sinfonico per passare all’avant garde vero e proprio e a un retrogusto di Therion che ovviamente male non fa. Il disco è prodotto piuttosto bene e la dose imponente di dettagli è gestita in maniera corposa; risulta leggermente sacrificato il basso che a tratti proprio non si sente. Il “Lamento Della Ninfa” è una ballad e la prima traccia del lotto che offre un’impostazione e una durata classiche; gli Aevum si destreggiano bene anche in questo frangente non risultando però ad alti livelli come nelle tracce precedenti. Si è passati dal molto buono al discreto, ci può stare. Impressioni funge da intermezzo e dà un po’ di respiro in attesa della portata successiva, che non si fa di certo attendere e inizia con un’inaspettata cornamusa. Si torna ad alzare l’asticella della qualità con uno dei brani migliori dell’album: mai banale, mai scontato, linee vocali convincenti e un mood che fa dell’imprevedibilità la sua arma migliore. “To be or…to be” è aperta da un pianoforte che accompagna la voce maschile in clean; l’incedere è di quello da film strappalacrime ma senza risultare una fastidiosa nenia. Presto il pezzo si apre a momenti più epici sostenuti dalla doppia cassa a tutto spiano e da entrambi i cantanti; davvero fantastico il ponte che spunta poco dopo dal nulla sfociando in musica da piano bar per poi passare a uno stacchetto che sa di dance anni ’80. Il ritorno ai temi principali del brano è poi gradito e indolore; splendidi gli ultimi due minuti, che colpiscono con la loro semplicità e la voce femminile riesce a emozionare anche uscendo dai binari prettamente operistici. Una breve autocitazione (la traccia porta il nome della band) strumentale lascia presto spazio a Monsters, che è praticamente l’ultima canzone del disco.

Gli Aevum si giocano le ultime carte con un altro ottimo brano che, però, risulta meno ispirato rispetto a quelli precedenti. Apparentemente, perché verso la metà si esula dalla stasi stilistica e succede un po’ di tutto, complice anche una fisarmonica e un andare ridanciano che risulta piuttosto gustoso e accompagna fino al finale piuttosto epico. I due minuti di “Adieu à la scène” calano il sipario con uno xilofono (o un effetto che lo ricorda) lasciato in solitaria a tessere una melodia da carillon, sinistra e interlocutoria come gli oggetti in questione e adattissima ad essere impiegata come finale.

Concludendo, Impressions è un buon disco e una gradita sorpresa da parte di una realtà tutta italiana. Se siete appassionati di metal sinfonico e avant garde con forti componenti operistiche, gli Aevum fanno certamente al caso vostro. Consigliamo comunque un ascolto anche ai meno avvezzi: a un bel disco made in Italy un’opportunità va sempre data.
Il voto non può che essere quindi positivo; ci collochiamo però appena prima del buono, perché la proposta ha ancora margini di miglioramento e bisognerebbe lavorare un pochino sulla personalità. Lo sforzo comunque c’è stato, e questo è un signor debutto.