Report: Napalm Death, Suffocation 23-24 maggio (TV/RA)
Napalm Death, Suffocation, Warbringer, Cripple Bastards
23 maggio 2008 – New Age (Roncade, Treviso)
Introduzione a cura di Pier Tomasinsig
Report a cura di Pier Tomasinsig e Nicola Furlan
È venerdì sera in quel di Roncade (Treviso) e si respira aria di pioggia e di grande occasione. Non è una serata qualunque infatti quella che sta per iniziare al New Age, club che da ormai parecchi anni è una delle realtà in assoluto più attive nell’organizzazione di concerti metal (e non solo) in tutto il nord est: non capita tutti i giorni di potersi godere assieme dal vivo due vere e proprie leggende del metal estremo come Suffocation e Napalm Death; pionieri e padri fondatori nei rispettivi generi -ovviamente il brutal death e il grindcore-, due headliner al prezzo di uno.
E indubbiamente il popolo metal del triveneto (e non solo) si è reso conto alla perfezione del valore di una simile accoppiata, tant’è che è accorso numeroso e motivato. Non vedevo un simile pienone al New Age da molto tempo, e sono cose che fanno certamente piacere (anche ai gestori del locale!), anche se, per contro, la temperatura interna e l’afa hanno raggiunto ben presto livelli da sauna.
CRIPPLE BASTARDS
(a cura di Pier Tomasinsig)
L’onore di aprire le danze in una serata così significativa spetta ai Cripple Bastards, storica band grindcore italiana, attiva dalla fine degli anni ottanta, che in questo caso riveste il ruolo di “padrona di casa“. Sono circa le 21.30 quando i veneti si lanciano in un vero e proprio assalto frontale all’insegna di un violento grindcore orientato sulla componente hardcore, grezzo e incazzato come si conviene. Il ritmo è quasi sempre molto sostenuto, rotto ogni tanto da qualche rallentone che non inficia minimamente la violenza del tutto.
I nostri danno vita ad uno show compatto e rabbioso, fornendo una prestazione onesta, più che dignitosa anche a livello tecnico, improntata su un’ attitudine “in your face” da manuale. In termini di presenza scenica il ruolo da protagonista lo svolge il frontman Giulio The Bastard, che aizza con grinta da vendere e verve polemica un pubblico già abbastanza folto e discretamente partecipe, alternandosi tra cantato “urlato” tipicamente hardcore (prevalentemente in italiano), scream grind laceranti e accenni di growl.
Mezz’ora di concerto in cui è stato dato spazio a pezzi tratti da tutta la discografia dei Cripple Bastards, da Being ripped Off a Karma del Riscatto e Misantropo a Senso Unico, passando per Insofferenza e l’emblematica Italia di Merda, per chiudere con Il tuo Amico Morto.
WARBRINGER
(a cura di Nicola Furlan)
Chiuso lo show dei nostrani Cripple Bastards è il turno degli americani Warbringer, gruppo dedito a un thrash metal vecchio stile, quello cioè che riporta alla mente la scena californiana di fine anni 80. Ritmiche incalzanti, cavalcate e melodici soli fulminei sono le caratteristiche comuni di un genere che regala ancora tanto piacere all’ascoltatore. La band è giovane, forse pecca di poca personalità, ma si esibisce con piglio e capacità. Oltre a sapersi ben destreggiare dal punto di vista tecnico, i cinque innescano pogo e movimento nelle prime fila, facendo ben comprendere quale sia l’attitudine che già li identifica significativamente rispetto molti colleghi coetanei.
Con un solo disco all’attivo era lecito aspettarsi poca carne al fuoco. Il combo californiano pesca tutto dal debutto di inizio 2008, “War Without End”, distinto esordio prodotto dal guru Bill Metoyer (Slayer, Dark Angel, D.R.I.). Bene i suoni, bene la prestazione dietro al microfno di John Kevill. Insomma una piacevole presenza come antipasto all’imminente massacro sonoro che i Suffocation di Smith & Co. si apprestano a scatenare. Promossi, ma senza lode.
Setlist:
Total War, Dread Command, Beneath The Waves, Systematic Genocide, At the Crack of Doom, Shoot To Kill
SUFFOCATION
(a cura di Pier Tomasinsig)
Dopo tanta attesa e in discreto ritardo sulla tabella di marcia, finalmente è il momento dei Suffocation. Si parte senza fronzoli e senza indugio con la violentissima Liege of Inveracity, opener del seminale album d’esordio “Effigy of the Forgotten”, e già risulta chiaro quale sarà il tenore del concerto: massacro sonoro perpetrato con una tecnica ed un’esperienza invidiabili da veri e propri maestri del genere. Si prosegue con Brood of Hatred e Entrails of You, dove Terrence Hobbs e Guy Marchais macinano tonnellate di riff serrati e contorti, assoli al fulmicotone e stop and go a profusione. La sezione ritmica è come al solito straordinaria, in particolare la prestazione dietro le pelli di Mike Smith (non potrò mai lodare abbastanza questo batterista…) è come sempre incredibile, precisa a livelli quasi inumani. Frank Mullen è in forma smagliante, instancabile, tiene il palco con disinvoltura e naturalezza e con l’energia e la voglia di dimostrare di un ventenne. La sua semplicità ed entusiasmo mettono da subito il pubblico a proprio agio e vengono ripagate con grande affetto e partecipazione.
Ancora un tuffo nel passato con Catatonia e la straordinaria Thrones of Blood prima di tornare all’ultimo, omonimo album con Abomination Reborn. Non c’è un solo calo di tensione in tutto il concerto, non una sbavatura: i Suffocation continuano ad inanellare tecnicismi incredibili con una disinvoltura disarmante, dimostrando una padronanza dei rispettivi strumenti tale da indurre invidia e ammirazione nella maggior parte dei gruppi death (e non solo) in circolazione. Lo show si chiude con il trittico Infecting the Crypts, Bind Torture Kill e, gioia per le mie orecchie, Pierced from Within: del resto, come suol dirsi, il meglio si tiene sempre per ultimo. Classe, esperienza, un repertorio che è storia e l’umiltà che contraddistingue i grandi, per il sottoscritto i migliori della serata.
Setlist:
Liege Of Inveracity, Brood Of Hatred, Entrails Of You, Catatonia, Thrones Of Blood, Abomination Reborn, Infecting The Crypts, Bind Torture Kill, Pierced From Within
NAPALM DEATH
(a cura di Nicola Furlan)
È il turno degli storici Napalm Death. Per chi non conoscesse il gruppo britannico, stiamo parlando della band che, a fine anni 80, delineò i tratti fondamentali della musica estrema contemporanea. Il grindcore, di cui furono capostipiti, rappresenta ancora tutt’oggi una delle più marce e violente espressioni che uno strumento possa produrre. La band è stata capace d’un atteggiamento diretto, violento, verace ed estremo che ha visto concrettizzare, su brani come Scum, Life?, Deceiver, You suffer, The Kill, Suffer the Children e Siege of Power, altrettante equivalenti risposte da parte dei presenti, pronti e scattanti a volare oltre le trasenne ad ogni piè sospinto. Mark “Barney” Greenway lascia il segno scaricando sui fans la sua furia vocale ben supportata dagli scream-chorus caratteristici del chitarrista Mitch Harris (il cui settaggio suoni alle sei corde ha lasciato un po’ a desiderare).
Nota dolente: appena sufficienti nella prestazione sia lo storico bassista Shane Embury che il batterista Danny Herrera, musicisti dai quali tutti forse si aspettavano qualcosa di più in termini di presenza on-stage. Quest’ultimi hanno dato l’idea di dover aspettare solo la fine della setlist per andarsi a bere qualche birra. Difficile però annotare grosse defezioni individuali. Infatti la riproposizione di canzoni come From Enslavement to Obliteration, Smear Campaign, ‘Sink Fast, Let Go’, Extremity Retained e Vision Conquest, ricrea quella atmosfera di sano grindcore che li ha resi celebri, ma sa anche compiacere gli amanti del death metal. Il gruppo di Birmingham estrae dal cilindro un pò di tutto, sia i brani più caratteristici di inizio carriera, sia quelli più death-oriented del post “Utopia Banished” (1992), fino ad arrivare ai brani dell’ultimo full-length targato 2006 “Smear Campaign”. Discreto concerto, un po’ di passione in più non avrebbe di certo guastato.
Napalm Death, Suffocation, Warbringer
24 maggio 2008 – Rock Planet (Pinarella di Cervia, Ravenna)
Introduzione e report a cura di Davide ‘Ellanimbor’ Iori
Recentemente al Rock Planet sta passando davvero tutto il meglio del death metal e del metalcore contemporaneo. Aspettando l’arrivo di Bleeding Through e Throwdown (25 giugno) nonchè di Caliban e Bring Me the Horizon (6 luglio) abbiamo già potuto assaporare i concerti dal vivo di alcune tra le band che hanno fatto e continuano a fare la storia dell’estremo in europa e non solo. Dopo la serata dedicata alle “nuove” leve Aborted e Heaven Shall Burn è arrivata quella dei gruppi storici Vader, Hate Eternal e SepticFlesh. Ma non è di questo che dobbiamo parlare in questa sede, bensì della calata italica di Warbringer, Suffocation e Napalm Death.
WARBRINGER
Iniziano dunque i Warbringer, gruppo di chiara ispirazione Slayer che tuttavia riesce ad aggiungere al thrash metal più aggressivo suggestioni quasi di stampo epic che assicurano una prestazione di tutto rispetto nonostante siano veramente in pochi coloro che mostrano di avere un affetto datato per la band e di supportarla attivamente andando sotto al palco e lasciandosi coinvolgere dallo show. Sebbene anch’essi penalizzati dal punto di vista dei suoni (batteria troppo alta e chitarre poco presenti) e dei volumi in generale, almeno dal punto di vista del tempo i nostri riescono a ritagliarsi uno spettacolo abbastanza lungo da mettere in mostra anche una buona varietà compositiva, evitando in questo modo di sfigurare davanti alle band di stampo ben più pesante che si succederanno a loro nel corso della serata.
SUFFOCATION
Si comincia a fare sul serio quando salgono sul palco i Suffocation, act storico del death metal in generale e del brutal in particolare che si guadagna la palma della miglior band della serata con uno show roccioso sotto tutti i punti di vista, premiato anche da un’esecuzione sopraffina (sebbene non priva di errori) e da suoni assolutamente devastanti. Pronti via e si parte con Liege of Inveracity, seguita immediatamente da una Entrails of You che mette in evidenza il drumming senza compromessi di Mike Smith, vero e proprio mostro della batteria che fa dell’impatto e dei volumi assordanti (soprattutto di doppia cassa) il suo punto di forza, magari anche a scapito della velocità pura. Si torna per un attimo al passato con Catatonia, ma appena conclusa questa digressione si entra nel vivo dello show con il trittico delle meraviglie Abomination Reborn, Thrones of Blood e Brood of Hatred, la prima dall’ultimo omonimo album Suffocation e le altre due dal capolavoro “Pierced from Within”.
Pista piena all’inverosimile, pubblico in delirio e pogo ai massimi livelli accolgono queste tre canzoni, ma il momento topico si raggiunge quando Frank Mullen annuncia la title track del già citato album uscito nel 1995… Pierced From Within appunto. Un boato ed il parterre si scatena ancora una volta sulle note della chitarra di Terrance Hobbs, mostro di tecnica che non ha bisogno di esibirsi in virtuosismi inutiliper dimostratrare la sua bravura. Il concerto si conclude con Bind Torture Kill, killer song estratta ancora una volta da Suffocation che conclude in bellezza uno spettacolo forse troppo corto, ma di sicuro esaltante sotto ogni altro punto di vista. La band americana dà una dimostrazione di forza incredibile riuscendo a dimostrare come il brutal ipertecnico che tanto va di moda oggi sia nulla quando non supportato dalla pesantezza che questo genere richiede per sfoderare tutta la propria aggressività e come il tiro e la potenza esecutiva siano qualcosa che prescinde dalla pulizia estrema di ogni passaggio, cosa che anzi alle volte risulta addirittura controproducente.
Frank Mullen e compagni non sono stati perfetti, anzi, in almeno due casi hanno commesso errori evidenti a chi ben conosce le loro canzoni, ma nonostante ciò hanno raso al suolo il locale con suoni ed esecuzione che, nel 2008, sono ancora il punto di riferimento per tutti coloro che vogliono avvicinarsi al genere. I Suffocation, come solo le grandi bands sanno fare (parliamo di Rush, Dream Theater e pochissimi altri), hanno saputo adattare il proprio suono ai tempi che cambiavano ed è per questo che sono ancora sulla cresta dell’onda dopo 20 anni di premiata carriera, mentre altre bands come Dying Fetus, Cannibal Corpse e Morbid Angel hanno forse perso un po’ quello smalto che un tempo possedevano.
NAPALM DEATH
Ma non è ancora finita. Gli headliner salgono sul palco e la tensione sale in quanto i Napalm Death sono la storia del grindcore, veri e propri messia dell’estremismo sonoro che, da “Scum” in avanti, hanno spianato la strada per tutti coloro che volevano suonare musica aggressiva, amelodica e, in generale, estrema.
I nostri partono e le differenze con i Suffocation si fanno subito evidentissime: la band di Birmingham infatti rimane incollata a quel suono che l’ha caratterizzata fin dagli esordi, nonchè ad una filosofia esecutiva che fa della sporcizia la propria bandiera, anche come metodo espressivo che meglio di ogni altro si accosta al messaggio che essa vuole esprimere. Gli affezionati nel locale ci sono, ed inizialmente la pista ne è stracolma, ma mano a mano che si prosegue nel corso dello show l’interesse da parte del pubblico va a calare, dimostrando come, a differenza dei già citati Suffocation, i Napalm Death non siano riusciti a fare il salto generazionale, a rinnovare i propri suoni in modo da renderli adatti al nuovo millennio.
Dopo la prima mezz’ora quindi, forse complice l’orario e l’apertura delle piste da ballo nelle stanze adiacenti, il salone centrale comincia parzialmente a svuotarsi ed in generale l’entusiasmo a calare, mentre la folla smette di dedicarsi al pogo in ogni singola canzone risparmiando le energie solo per i grandi classici. Quando lo spettacolo ha termine dunque rimane la sensazione di aver assistito alla prestazione di una band ancora in forma, ma che tuttavia, forse anche per il genere proposto, non è in grado di attirare l’attenzione di coloro che non hanno un legame affettivo con le canzoni da essa proposte. Complice anche un livello esecutivo che, sebbene sia adattissimo alla musica, non è forse più adatto ai livelli che oggi si richiedono a musicisti professionisti, i quattro di Birmingham hanno dato la sensazione di essere ancora dei mostri sacri, ma, proprio per questo, di rimanere rappresentanti della musica della generazione passata, non di quella attuale.
Nonostante la piccola e, tengo a dirlo, assolutamente parziale delusione ricevuta nel concerto dei Napalm Death si può dire che la serata sia stata alquanto positiva. Il Rock Planet sta dimostrando di accogliere tra le sue mura quanto di meglio il metal estremo abbia da offrire ad oggi ed il pubblico lo sta ripagando facendo segnare numeri da pienone, quando non da tutto esaurito. L’unico appunto che si potrebbe fare è inerente alla configurazione del locale stesso, dotato di una pista centrale incapace di contenere tutti, di un palco assai piccolo e di un soffitto forse troppo basso che non ha permesso una propagazione adeguata dei suoni, penalizzando dunque l’ascolto di coloro che stavano nelle ultime file. Il problema non è tuttavia risolvibile se non trasferendo il locale stesso in un edificio più spazioso, ma, siccome ho già avuto modo di assistere alle esperienze di gestori che provavano ad ingrandirsi e dopo un paio d’anni erano costretti a dichiarare fallimento, mi sento unicamente di dire: bravi, continuate così, nella speranza che altri seguano presto le vostre orme.