Studio Report: Stormlord – “Hesperia”

Di Damiano Fiamin - 9 Luglio 2013 - 9:23
Studio Report: Stormlord – “Hesperia”

Stormlord  “Hesperia” Studio report
06/07/13 – Outer Sound Studios, Roma

– report a cura di Damiano Fiamin

– foto a cura di Erica Fava

 

 

Ancora una volta, gli Stormlord se la sono presa comoda. Sono passati ben cinque anni dalla pubblicazione dell’acclamato “Mare Nostrum”, un intero lustro in cui la band romana ha lavorato e rifinito fino allo sfinimento il primo concept album della sua discografia; per questo “Hesperia”, infatti, i nostri hanno deciso di trarre ispirazione dai primi sei libri dell’Eneide di Virgilio. Una scelta non casuale, che di certo non stupirà chi segue il gruppo e le tematiche che ha affrontato nel corso della sua carriera. Questo ambizioso progetto affonda le sua radici in quella tradizione mediterranea già tante volte tirata in ballo nel corso degli anni, un humus culturale che ha avuto il suo picco espositivo proprio nell’ultimo album.
Il disco non ricalca in maniera pedissequamente cronologica gli avvenimenti narrati nel poema: la narrazione del viaggio di Enea è riproposta come se fosse il semidio stesso a rammentarla, in una nostalgica rievocazione degli avvenimenti che l’hanno portato dalla sua Troia in fiamme alle sponde laziali. Gli Stormlord hanno deciso di mostrare il figlio di Anchise e di Afrodite sotto una luce inaspettata: l’eroe prende vita in tutta la sua umana debolezza, uomo a cui gli Dei hanno imposto un compito e che decide di raggiungere il suo scopo con abnegazione e a dispetto dei sacrifici personali che deve compiere. Nell’intenzione della band, Enea è dunque un esempio attuale e la sua figura racchiude un invito nemmeno troppo velato a rimboccarsi le maniche e tirare avanti nonostante le difficoltà del periodo in cui viviamo.

 

Questa volta gli Stormlord hanno deciso di fare le cose in grande e di mettersi in gioco con scelte stilistiche e compositive impegnative come, ad esempio, l’utilizzo di lingue diverse dall’inglese a cui ci hanno abituato fin’ora. La title-track è, infatti, composta nella nostra lingua madre, ma è di certo la traccia d’apertura che riesce a colpire e impressionare di più per la sua genesi: non solo il brano è cantato in latino, riadattando il testo originale di Virgilio, ma la metrica impiegata è quell’esametro dattilico proprio dei componimenti epici dell’antichità. Con l’aiuto di latinisti professionisti, il gruppo è riuscito a coniugare la modalità espositiva degli aedi, caratterizzata da una cadenza cantilenante, con le ritmiche proprie del metal. Il risultato è interessante ed è un ottimo biglietto da visita per far capire la dovizia di particolari profusa all’interno del CD dalla band capitolina.

Le nove tracce che compongono quest’opus musicale si inseriscono con coerenza nel filone dell’epic metal più estremo inaugurato del gruppo ormai oltre due decenni fa: preparatevi dunque a riff durissimi e taglienti, sparati veloci su una base ritmica che, mai come questa volta, martella decisamente forte le orecchie dell’ascoltatore. Come nei precedenti capitoli della discografia, la struttura dell’album è basata su una dicotomia piuttosto manichea: accanto a fraseggi più duri e aggressivi, vengono affiancati elementi dal sapore più melodico e sinfonico. Non ci sono mezze misure per i capitolini: dalle casse dell’impianto possono fuoriuscire solo tempeste violentissime di note o momenti più intimistici, caratterizzati dall’utilizzo di elementi meno convenzionali: accostati a piano e tastiere, infatti, troviamo anche svariati strumenti provenienti dal folklore mediterraneo.

Gli ospiti presenti sul disco portano in dote un’intera rassegna di percussioni mediorientali e fiati sardi; tali inserti, pur non essendo essenziali ai fini della produzione, riescono a dare quel pizzico di sapore esotico in più alle canzoni, contribuendo a creare l’atmosfera che permea l’intero disco. I passaggi più intimistici e narrativi vengono sottolineati da un rallentamento dei ritmi e dei toni, come nel breve preludio pianistico “Sic Volvere Parcas”, che pare venire fuori dalla produzione dei Virgin Steele.

Sebbene un ascolto sia ovviamente insufficiente per valutare un disco, dopo tre quarti d’ora di analisi, la prima reazione suscitata da questo “Hesperia” è buona. Il disco è l’ideale prosecuzione di “Mare Nostrum”, sia per quanto riguarda le tematiche, sia per la realizzazione tecnica. I romani sono cresciuti e continuano a puntellare il proprio stile, consolidando le loro peculiarità e definendo in maniera sempre più dettagliata la loro proposta musicale.
Se avete amato quanto offerto dagli Stormlord nei precedenti album, rimarrete di certo soddisfatti anche da quest’ultimo opus creativo. Se, invece, fate parte di quella schiera di insoddisfatti e detrattori che proprio non riesce a digerire il combo capitolino, è difficile che questo concept vi faccia cambiare idea. Amanti del metal estremo, tenete gli occhi aperti: a fine settembre potreste trovare qualche sorpresa made in Italy sugli scaffali del vostro negozio preferito.

 

 

Tracce:

  1. Aeneas
  2. Motherland
  3. Bearer of Fate
  4. Hesperìa
  5. Onward to Roma
  6. Sic Volvere Parcas
  7. My Lost Parcas
  8. My Lost Empire
  9. Those Upon the Pyre

 

Formazioni:

Cristiano Borchi – Voce

Gianpaolo Caprino – Chitarra, tastiera, voce

Andrea Angelini – Chitarra

Francesco Bucci – Basso

Riccardo Studer – Orchestrazioni, piano

David Folchitto – Batteria

 

Ospiti:

Elisabetta Marchetti – voce

G/Ab Svenym Volgar dei Xacrestani – narrazione

Simone d’Andrea – Darbouka, Doholla, Udu drums, Saz

Mirko Palanchini – Mandola

Daniele Melis – Benas