Recensione: From Hell I Rise
Questa era proprio “telefonata”, come si dice in gergo sportivo quando l’avversario fa qualcosa di prevedibile e scontato.
Gli Slayer hanno dichiarato la chiusura della loro attività nel 2019 dopo una lunga e gloriosa carriera durata ben 38 anni, lo hanno fatto dopo il loro ultimo album ‘Repentless’ ed il ‘Final World Tour’, che si era appunto concluso il 30 novembre 2019 a Inglewood, Stati Uniti, loro Città Natale.
Quando, però, hanno parcheggiato la macchina non ne hanno spento il motore ed a Kerry King proprio non andava l’idea di mettersi sul divano di casa in pantofole e vestaglia.
L’ha detto in lungo, in largo e di traverso, su social e controsocial, in modo diretto ed anche cruento, in linea con il suo carattere Slayer 100%, tanto che, alla fine, ha convinto Tom Araya and friends a salire di nuovo sui palchi, con già tre date programmate nel 2024, come riportato sul sito ufficiale della band.
Nel frattempo la sua indole irrequieta gli ha fatto incidere un album solista: ‘From Hell I Rise’ (titolo che ricalca perfettamente il personaggio), disponibile dal 17 maggio 2024 via Reigning Phoenix Music.
Volendo vincere facile, per realizzarlo ha messo su una sorta di supergruppo: Paul Bostaph alla batteria, già con lui negli Slayer in vari periodi e cinque album, Kyle Sanders degli Hellyeah al basso, Phil Demmel dei Vio-lence ed ex Machine Head alla chitarra e Mark Osegueda dei Death Angel alla voce.
Con una squadra del genere per far le cose male bisogna mettercisi parecchio d’impegno … anche perché formata da musicisti che dagli Slayer sono stati parecchio ispirati (come lo prova, ad esempio, ‘The Ultra Violence’ degli appena citati Death Angel).
“Penso che la gente lo paragonerà agli Slayer” dice Kerry King. Beh, per forza … è come voler parlare di Paul Di’anno senza tirar fuori gli Iron Maiden o di Cicciolina senza pensare ai cavalli: impossibile!
Diciamo che il buon Kerry, tra la possibilità di fare qualcosa di diverso o quella di riprendere la strada che ha percorso per quasi quattro decadi ha scelto la seconda, magari più scontata ma più sua, e l’ha fatto partendo da spartiti cominciati a scrivere all’epoca di ‘Repentless’. Potete quindi desumere che la direzione di quest’album non è quella di una raccolta gospel o di musica country.
Alla fine, ‘From Hell I Rise’ è praticamente un album Slayer, l’unico vero elemento che lo differenzia è la voce di Mark Osegueda, che canta con particolare ferocia, ma senza mettersi in competizione con Tom Araya, non avendone proprio la necessità.
Un album, diciamolo subito, non ai livelli di ‘Reign Blood’, ‘South of Heaven’ o ‘Seasons in the Abyss’ … non è stato tirato fuori nulla dal cilindro, ma comunque solido quanto un muro in cemento armato e ruvido come la carta vetrata.
Neanche a dirlo: la forza motrice è una ritmica potente ed esplosiva, con una batteria terremotante e chitarre malvagie dal taglio pesantemente scuro e compatto. Sulla voce abbiamo già detto, Kerry King ha scelto uno tra i migliori cantanti Thrash in circolazione e ci sono anche molti assoli validi e d’impatto.
Il diavolo e le sue forze salgono sulla Terra con l’intro strumentale che porta il suo nome, ‘Diablo’, dopodiché c’è un po’ di tutto: pezzi veloci e smodati, come ‘Where I Regn’, con un massiccio interludio cadenzato, ‘Crucifixation’, roboante ed esplosiva e con una sezione strumentale che mescola Slayer e Black Sabbath, ‘Rage’ e la sua follia e, naturalmente, la Title-Track, con interposti brani cadenzati e pestati che avanzano come dei carri armati, da ‘Residue’ (per la quale è stato girato un video), maligna e con una sfumatura di Groove Metal alla Pantera che ci sta tutta, a ‘Trophies Of The Tyrant’, pesantissima, fino alla micidiale ‘Shrapnel’. C’è anche del posto per dell’irruente Punk, come nella folle ‘Two Fists’, una cui strofa riassume quello che passava per la testa di Kerry durante la fase finale degli Slayer: “this fuckin’ ship’s about to sink / I think I need another drink.” (“questa fottuta nave sta per affondare / penso di aver bisogno di un altro drink“).
Brani tutti avvolti dallo stesso clima da Armageddon, temporalesco e demoniaco, suonati come lo devono essere: con forza, determinazione, capacità fuori misura.
Concludendo, ‘From Hell I Rise’ è un buon album, che forse troverà qualche critica da parte di chi, agli Slayer, chiede sempre il massimo.
Però questo è il lavoro di un loro singolo musicista, che non voleva assolutamente saperne di appendere la chitarra al chiodo, andando anche contro i principi di coerenza che da sempre hanno contraddistinto questa band e che ha deciso di ricominciare. È giusto così, che le canzoni di ‘From Hell I Rise’ siano state tirate fuori e non che siano rimaste chiuse dentro qualche polveroso cassetto.
Vedremo cosa succederà ora: se ci sarà un secondo album solista, oppure se Jeff Hanneman continuerà a guardare suonare la sua band dal Sud del Paradiso.
‘From Hell I Rise’ è stato registrato presso gli Henson Studios di Hollywood in poco più di due settimane ed è stato prodotto da Josh Wilbur (Korn, Lamb of God, Avenged Sevenfold, Bad Religion).