Recensione: Glove Me

Il nome dei belgi Steelover è tornato agli onori della cronaca più o meno recentemente – era il 2022 – nel momento in cui il loro nuovo album, Stainless, vide la luce per la Escape Music, ma anche e soprattutto per un altro motivo: la ristampa del loro debutto targato 1984, quello con una improbabile sexy fatalona disegnata in copertina, operata dalla label specializzata in questi recuperi di tipo archeologico Lost Realm Records, nel novembre dello stesso anno.
La band venne fondata nella zona di Liegi dai chitarristi Pat Fréson e Mel Presti in compagnia del bassista Nico Gardi intorno al 1982. Ai tre si aggiunse il batterista Rudy Lenners, famoso per aver avuto dei trascorsi nientepopodimeno che con gli Scorpions, dal 1975 al 1976, comparendo negli album In Trance e Virgin Killer. Fu proprio il drummer a consigliare alla band il cantante Vince Cardillo, che nel giro di breve si unì alla line-up del gruppo.
Due anni dopo venne pubblicato Glove Me, oggetto della ristampa nonché della recensione, in versione Cd remaster. Il prodotto, come di consueto nel momento in cui c’è di mezzo la label portoghese, si accompagna ad un succulento libretto di venti pagine con la storia della band vergata da Patrick “Picsou” Gerkens, tutti i testi, molteplici foto, flyer, estratti da riviste dell’epoca e manifesti di concerti: su tutti spicca quello con gli Steelover in apertura di Bon Jovi e Kiss.
Tornando al disco del 1984, la cronaca narra di cifre da capogiro, in termini di vendite: 400.000 circa in totale, particolarità non da poco he infatti permise ai metaller di Liegi di imbarcarsi in un tour attraverso l’Europa – nessuna data in Italia – che raggiunse il climax nel momento in cui suonarono con le due big band sopraccitate. Poi la loro storia si fa nebulosa: per imprecisati motivi Vince Cardillo mollò il colpo e venne rimpiazzato da Dani Klein. Registrarono il seguito di Glove Me che però non vide mai la luce e la mazzata finale la assestò Mel Presti nel momento in cui fondò i Vaya Con Dios, una band soul neomelodica che nulla aveva a che fare con l’heavy metal, ove cantava una donna. Inutile sottolineare che a quel punto si chiuse il sipario, per gli Steelover. Il secondo capitolo dei Belgi, quello che poi portò a Stainless, prese inizio nel 2016 e a oggi, dei grandi vecchi in formazione, ne risultano presenti ben tre: Gardi, Fréson e Cardillo.
Glove Me, che nella versione ristampa griffata Lost Realm Records gode di due bonus track – “Reach Out” e “Run Away” – sconta palesemente addentelli con l’hard rock del decennio precedente, nonostante vide al luce nella metà degli anni Ottanta, tanto che fra le varie “Forever”, “Rock Bottle”, “Oh Baby”, “Hold Tight” sono facilmente riscontrabili pesantissime influenze legate ai primissimi Saxon (quelli del debutto del ’79), Kiss, UFO, Nazareth ma soprattutto agli Scorpions non ancora in veste rock arena, ossia pre Blackout, il loro famosissimo album del 1982. Da segnalare, poi, la particolarissima voce di Vince Cardillo, somigliantissima a quella di una donna, a caratterizzare ulteriormente la proposta degli Steelover.
Glove Me non avrà di certo rivoluzionato i destini della musica dura, nel 1984, così come non lo fa di questi tempi, ma senza dubbio ha costituito e rappresenta tuttora un fondamentale spaccato della storia dell’Acciaio belga, soprattutto nella sua accezione legata all’hard rock. Certo è che se le stesse dodici canzoni fossero uscite con un suono di chitarra più appropriato rispetto a quello leggerino presente sul disco – leggasi cattivo, graffiante e maggiormente presente rispetto agli altri strumenti – e una produzione in generale più incisiva (a metà anni Ottanta uscirono album devastanti, a livello di “botta”), staremmo a parlare di ben altro…
Stefano “Steven Rich” Ricetti