Recensione: Groundbreaker

Di Fabio Vellata - 12 Settembre 2018 - 20:00
Groundbreaker
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2018
Nazione:
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81

Qualsiasi mezzo a disposizione è sempre il benvenuto per proporre un po’ di melodic rok di quello “buono”.
Un motto che supponiamo essere una costante all’interno delle stanze di Frontiers music.

Se poi gli interpreti che ne animano i contorni sono due pesi massimi della scena come Steve Overland (leggendario singer degli altrettanto leggendari FM) e Robert Sall (chitarrista degli eccellenti Work of Art), la strada che si apre porta ad un bivio che non ammette ulteriori deviazioni.
Dato il talento esposto, le possibilità di un qualcosa di interessante sono concrete. 
Viceversa, se il talento ed i nomi di spessore sono, come troppo spesso accade, un semplice e veloce mezzuccio per attirare l’attenzione, il rischio è di trovarsi per le mani e nelle orecchie il classico prodotto “routinario”, infarcito di cliché. Sostanzialmente inutile e senz’anima.

Fortuna o, più probabilmente abilità di chi l’ha assemblato: Groundbreaker è, in realtà, un progetto con numeri notevoli, canzoni ben confezionate e prestazioni in ogni ambito prive di qualsivoglia sbavatura.
Il songwriting è solido, fedele all’ABC del genere che predica ed esige una grande voce sovrapporta a melodie orecchiabili, teatro d’immagini forse un po’ retrò ma parimenti fascinose. Atmosfere ed ambienti sonori che evocano grandi spazi e sensazioni possibilmente positive e gratificanti.
Sin troppo facile individuarne le coordinate in una brillante commistione dei caratteri tipici proprio di FM e Work of Art: l’ascolto prolungato del disco porta senza possibilità d’errore in quel senso, ponendo in evidenza una considerazione fondamentale e dirimente. 
Se non ci si è ancora stancati d’ascoltare melodic rock, questo primo album griffato Groundbreaker potrà offrire un bel po’ di soddisfazioni, rivelandosi l’ennesimo valido candidato all’acquisto emerso nel corso del 2018. In ambiti melodici, ovviamente.

Classe ed esperienza, unite a buon gusto e suoni puliti (la produzione di Alessandro Del Vecchio è sempre una garanzia) sono un patrimonio, dopo tutto, nemmeno troppo banale o così scontato: brani come “Over my Shoulder”, “Tonight“, “First Time” e “The Way it Goes” esibiscono una bella miscela di tutti gli elementi citati poc’anzi, rinverdendo ancora una volta la sottile magia dell’AOR suonato e costruito con destrezza e mestiere. Oltre ad una quantità imprecisata di maestria e raffinatezza.

Un disco senza dubbio costruito a tavolino che tuttavia poggia sulle individualità di due fuoriclasse (ma anche tre, considerando l’apporto compositivo del già citato Del Vecchio) per ottenere un credibile spessore artistico che ne renda verosimile e sensata l’esistenza. Al di la di qualsivoglia speculazione commerciale.
Vero, la spontaneità non è forse il primo motore dell’opera d’esordio realizzata da Overland e Sall; innegabile, di dischi imbevuti di AOR ne escono ancora in grande quantità ed in ogni parte del globo. 
Non molti però a questi livelli stellari, con questa produzione e con tale grado di virtù. 

Tutte ragioni per cui, Groundbreaker, merita quantomeno un ascolto approfondito da chiunque apprezzi i connotati specifici del genere.

 

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