Recensione: Introspective Crusades

Negli ultimi 6 anni i lombardi Abeyance hanno infine deciso quale cammino intraprendere. Abbandonate alcune caratteristiche che hanno reso l’EP di debutto Portraits Of Manking un prodotto tuttora interessante e alquanto originale, l’esordio su un più ampio minutaggio decide di virare in direzione di sonorità tipicamente Melodic Death Metal. Attenzione però, dato che la scelta della band è azzeccata, perlomeno per quanto riguarda la necessità di viaggiare su sonorità maledettamente nostalgiche di quegli anni – ahimé – ormai andati. Introspective Crusades ha una marcata vena old school e fa l’eco ai grandi nomi scandinavi degli albori del genere.
Il grosso “ma” che purtroppo penalizza – e non poco – l’esperienza una volta premuto il tasto play è un sound eccessivamente appiattito da una batteria che sembra uscita dalle più obsolete versioni di Beatcraft. A tal proposito l’opener Atonement è devastante. E non in senso positivo. Di certo un contraltare che stona non poco di fronte ad un impegno chitarristico che – seppur non impeccabile – riesce a coinvolgere nei circa quaranta minuti di ascolto. Discorso differente per la prestazione vocale del buon Jacopo Marinelli, il quale spicca per spaziare da toni bassi e profondi sino a tratte più melodiche. Niente male.
Introspective Crusades non passerà alla storia come uno dei dischi migliori del 2025, ma contribuisce a gettare nuove fondamenta per una band che ha ancora tutto il tempo necessario per affinare le sbavature e gestire quei particolari che potrebbero rendere il prossimo album decisamente più sostanzioso. Sia chiaro, ogni valutazione è soggettiva, per cui date un ascolto e fatevi la vostra idea. Se siete disposti a non badare più di tanto alla pulizia sonora aggiungete un +3, altrimenti scendete ancora un pochino sul giudizio complessivo.