Recensione: Italian Bastards

Di Marcello Catozzi - 20 Marzo 2010 - 0:00
Italian Bastards
Band: The Rocker
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Hard Rock 
Anno: 2010
Nazione:
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80

All’indomani del parto del CD (invero piuttosto tribolato per i suoi tempi biblici), culminato con il battesimo del febbraio scorso in quel di Milano (Alcatraz), ci accingiamo a entrare nel dettaglio di questo sofferto prodotto discografico. Chi scrive ha avuto l’opportunità di assistere ad alcune sessioni di registrazione, avvenute nel (lontano) 2006 negli Studi di Besate.

The Rocker (inteso come band) è l’ambizioso progetto di Edo Arlenghi, personaggio noto alle cronache musicali soprattutto come leader dei Riff-Raff (AC-DC tribute band). Va detto, però, che il nostro “Brian Johnson tricolore” è molto conosciuto anche all’estero, soprattutto in Giappone, dove ha ottenuto fra l’altro, prestigiosi riconoscimenti, aggiudicandosi addirittura, nel marzo 2000, il Japan Golden Disk Award.
L’artwork della cover mostra un cuore in fiamme con la scritta “The Rocker”; per la cronaca, il logo è lo stesso che campeggia sul bicipite del virgulto frontman. All’interno, un pieghevole patinato ritrae un trio di “machos” (Edo Arlenghi, Fortunato Saccà e Walter Caliaro) in una composizione artistica, con spazio sottostante per eventuali firme con dediche. A voler essere iper-critici, un booklet con le liriche delle canzoni sarebbe stato gradito, a completamento dell’opera. Il management ha comunque rimediato a questa pecca, pubblicando le liriche su www.therocker.org
Le foto e il layout sono frutto dell’ispirazione di Ivano Tomba.

Prima di addentrarci nel racconto delle singole tracce, è opportuno dare qualche cenno sui protagonisti dell’impresa. Edo Arlenghi è già stato citato in premessa. Walter Caliaro (Edge of Forever, Riff Raff) è un chitarrista giovane e talentuoso, con ottime doti tecniche e buona versatilità. Fortu Saccà (Tozzi, Ruggeri, Grignani, Rossovivo), grazie alla sua esperienza, dà un contributo fondamentale alla realizzazione della base ritmica nonché degli arrangiamenti. Infine (direi “dulcis in fundo” in questo caso, vista la mia particolare ammirazione, sotto il profilo tecnico – professionale): Cesco Jovino (Alto Voltaggio, Edge of Forever, UDO) si pone senza dubbio come uno fra i migliori drummer tuttora in circolazione, dotato di una bella “mano pesante” e capace di dare quel tocco in più a ogni canzone, con il suo timing sempre robusto e vigoroso. Per finire, va ricordato che nel più recente periodo storico del gruppo sono state registrate le due cover, con la partecipazione del chitarrista Mauro Palermo (Sharks, Massimo Riva, Vasco Rossi) e del batterista Ramon Rossi (Exilia, Animali Rari, Aida Cooper, Glenn Hughes, ecc.). I suddetti elementi sono ormai entrati in pianta stabile nell’organico della band.
A questo punto, possiamo accendere il nostro lettore e far pompare le casse!

“Pure Rock and Roll never lies” si apre con un riff graffiante e deciso, che irrompe allo sfumare del rumore di un jet, e suona la carica per una cavalcata di vero R’n’R, nel pieno rispetto dei canoni. Il motivo si presenta alquanto trainante, così pure quel riffaccio rabbioso che ti morde le caviglie, insistente come un mastino testardo che non ti molla fino al momento del guitar-solo, preludio di un breve rallentamento per poi schiacciare di nuovo sul pedale dell’acceleratore. Una bella partenza a razzo, che non a caso sfuma con il sibilo del jet.
“No rules”: la spinta dei tamburi imprime un ritmo spedito a questa seconda traccia, anch’essa all’insegna del R’n’R a manetta, che ricorda un po’ i migliori Mötley Crue, per la struttura, i cori e l’impostazione del sound; la chiusura si rivela molto originale e… piuttosto irriverente! Ah ah!
“Italian bastards” si apre con un altro di quei riffoni che si imprimono nella mente e fungono da struttura portante di tutto il pezzo, destinato a diventare una vera hit. La trama melodica è spensierata, e il testo divertente, nella misura in cui prende in giro tutti i luoghi comuni che hanno reso famosi gli Italiani nel mondo: Ferrari e Maserati, pizza e spaghetti, Casanova e Dongiovanni, ecc.; ma la morale è che, nonostante tutto, questi “italian bastards doing it better”! Musicalmente il brano si presenta tosto e variegato nello stesso tempo, con un assolo di chitarra originalissimo, che richiama l’ambientazione grottesca e un po’ rétro di Pulp Fiction. Il lavoro di batteria è massiccio e accurato, e conferisce la necessaria profondità a questo episodio, davvero notevole.
Basso e batteria intessono la trama di “God’s not hate”, forse la più incazzata dell’intero album, in ragione della tematica trattata, peraltro quanto mai attuale: guerra, religione, odio. Il sound risulta a tinte decisamente più scure e lo stesso lavoro chitarristico è improntato a interventi più ruvidi e brutali, mentre l’apporto vocale si fa più graffiato e lacerante, in un crescendo di disperazione sempre più urlata, fino alla brusca chiusura. Questo è uno di quei pezzi che si fanno apprezzare in modo direttamente proporzionale al numero di ascolti.
Un delicato arpeggio apre “To a friend”, in stile ballad, con la voce che assume toni più dolci e puliti rispetto agli standard a cui ci ha abituato Edo Arlenghi. La canzone poi, lungo il suo percorso, acquista comunque un maggiore spessore, in un continuo saliscendi fatto di cambi di ritmo, per poi ritornare alla melodia iniziale, con un delicato finale in dissolvenza.
“Here for today”: una rullata secca e prepotente fa da intro al motivo che costituirà l’asse portante del brano, di presa piuttosto immediata. La chitarra, molto presente, recupera atmosfere ottantiane, con un intermezzo rallentato che non stona affatto nell’economia dell’intera canzone, sempre tirata e muscolare.
L’ouverture di “Little angel” è un po’ AC-DC oriented, ma la traccia acquisisce presto una propria personalità e fisionomia, originale e simpatica, sia nell’impalcatura musicale sia nelle liriche, con un ritornello assai orecchiabile. Spontanea e sobria, è un’altra canzone destinata a lasciare una traccia nella memoria dopo l’ascolto.
La sfrenata e grintosa “Motorocker” regala un’iniezione di pura energia dedicata a tutti i biker, con i cilindri (basso e batteria) che pompano a manetta esprimendo tutta la loro potenza, e le parti vocali (sapientemente cartavetrate) che escono rabbiose dalle marmitte, abbinandosi al ruggito di interventi chitarristici ben dosati. Roooarrrrr…!
L’esordio di “King for a day” si presenta a tinte cupe, che evocano reminescenze dark e doom, con la voce filtrata e le note martellanti di un basso piuttosto sporco. Lo stile ricorda un po’ i Black Label Society, tanto per intenderci. In generale prevalgono tonalità crepuscolari, brusche impennate e drumming tetro (eccezion fatta per il bridge, che lascia intravedere uno spiraglio di luce e di ottimismo): tutti elementi che ne fanno un capitolo a parte, se paragonato alle altre tracce: un momento in bianco e nero nella generale policromia del disco, a vantaggio della multiformità del prodotto inteso nella sua interezza.
“Comfortable disease” si apre con uno stile folk, “tarantelloso”, che prelude a un attacco più familiare, di stampo rock. Si torna alle sonorità spensierate e sbarazzine degli anni 80, allegre e scanzonate come lo spirito sano e genuino di una street band. Un po’ Kiss, un po’ Wasp, si tratta comunque di un altro pezzo sicuramente destinato a scatenare l’entusiasmo in ambiente “live” e a far alzare le mani alla gente sotto il palco.
In “Hungry for fame” troviamo un’impostazione smaccatamente Hard Rock, variegata e di facile ascolto, orecchiabile ma dotata di rilevante personalità e spessore, infarcita peraltro da un ottimo assolo di chitarra che rispecchia tutti i canoni della old school.
Con “Bye bye to the sadness” arriva il momento della ballad, romantica e intensa, arricchita inizialmente da un delicato arpeggio e da un cantato curato e profondo, più pulito e scorrevole e, proprio per questo, differente dalle tonalità standard – segnatamente più grattate – di Arlenghi. La canzone procede in un crescendo di pathos e rappresenta l’episodio più melodico e commovente dell’album.
“It’s a long way to the top (if you wanna R’n’R)”: tanto per non dimenticare le origini è stato inserito questo “must”, che non ha certo bisogno di presentazioni, specialmente per tutti coloro che seguono le imprese dei Riff Raff. Ci limiteremo a segnalare la presenza, qui, dei due elementi che costituiscono la line-up attuale di The Rocker, ovvero Mauro Palermo (chitarra ritmica) e Ramon Rossi (batteria).
“Rocker”: idem come sopra. Il brano, che sovente chiude gli show dei Riff Raff, è stato selezionato come sigillo finale del disco, tirato e scatenato come impone la tradizione. Il finale è a sorpresa, con un allegro e sguaiato coro da osteria che riprende il motivo di “Italian bastards”.

Al termine del disco, il retrogusto che si avverte è corposo e deciso, finanche persistente: il sapore che lascia è piacevole e mette ottimismo. Nei solchi di questo CD, che trasmettono entusiasmo e freschezza, sono ravvisabili ottimi spunti: suoni ben calibrati (chiaro indice, questo, di una produzione all’altezza), frizzante vena compositiva, idee originali pur se considerate in un settore in cui c’è ormai ben poco da inventare, ma soprattutto canzoni dotate di forte impatto e incisività.
Destinato a dare il meglio di sé in sede live, in virtù delle doti innate dei protagonisti, questo album si fa comunque apprezzare per tutte le qualità fin qui menzionate, rivelandosi pure, a seconda delle circostanze, un ideale compagno di viaggio o di palestra, adatto anche nei momenti di relax. Consigliato per tutte le fasce di età, purché “Hard Rock oriented”, il prodotto può essere assunto in dosi massicce. Controindicazioni: nessuna.

Davvero un buon lavoro, italian bastards! See you on stage!

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Tracklist:

01.    Pure Rock n’Roll Never Dies
02.    No Rules
03.    Italian Bastards
04.    God’s Not Hate
05.    To A Friend
06.    Here For Today
07.    Little Angel
08.    Motorocker
09.    King For A Day
10.    Comfortable Disease
11.    Hungry For Fame
12.    Bye Bye To The Sadness
13.    It’s a Long Way To The Top (If You Wanna Rock And Roll)
14.    Rocker

Line Up:

Edo Arenghi – Voce
Walter Caliaro – Chitarra
Mauro Palermo – Chitarra
Fortunato Saccà – Basso
Francesco Jovino – Batteria
Ramon Rossi – Batteria


 

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