Recensione: Out Of The Blue

Di Manuel Gregorin - 15 Dicembre 2022 - 0:01
Out Of The Blue
Band: Tarmat
Etichetta: Frontiers Music
Genere: AOR 
Anno: 2022
Nazione:
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74

“Se in Italia non c’è più nessuno da scoprire vuol dire che andremo anche noi all’ estero. Magari in Brasile!”
È con questa frase che nel film L’Allenatore Nel Pallone, Camillo Milli, nel ruolo del presidente della Longobarda Borlotti, spediva l’ingenuo allenatore Oronzo Canà/Lino Banfi in Brasile alla ricerca di un nuovo talento calcistico.
Alla Frontiers devono aver adottato più o meno la stessa politica in campo musicale. Non che l’Italia sia povera di talenti, e non mancano nemmeno quelli accasati proprio presso l’etichetta partenopea. Ma sembrerebbe che la label nostrana abbia individuato un filone d’oro nella scena sudamericana. Non sono poche infatti le formazioni dell’ America Latina accasate presso Frontiers. Potremmo citare i Brother Against Brother, Robledo, Spektra, Landfall, Electric Mob o Inner Stream.
A questi nomi vanno ora ad aggiungersi anche i Tarmat, autori di un AOR melodico molto debitore agli anni 80.
Nonostante la nascita recente della band, i musicisti che la compongono (Alexandre Daumerie alla voce, Eduardo Marcolino alla chitarra, Gabriel Aquino alle tastiere e José Marcus al basso) non sono degli sbarbatelli alle prime armi.
I quattro artisti, infatti, si conoscono da diversi anni e hanno già collaborato in varie band del panorama brasiliano. Ad inizio del 2020 hanno dato vita al progetto Tarmat, con cui proporre un rock melodico sulla scia di nomi come Journey, Boston, Europe, Simply Red, Christopher Cross, Van Halen, Toto e Queen.
Una volta poi firmato per Frontiers Music, iniziano le registrazioni del loro debutto discografico con la collaborazione del batterista Rafael Marcolino. Infine completato il mixaggio ad opera della coppia composta da Eduardo Belchior e Ronny Milianowicz ecco pronto Out Of The Blue.
Opera prima  con una copertina raffigurante la luna e la terra viste in prospettiva da un ipotetico pianeta orbitante nelle nostre vicinanze.

Gia dalle prime note di Backbone Feeling si iniziano a respirare atmosfere anni 80. Il pezzo è un hard rock melodico con una riff di tastiere protagonista al pari della chitarra. Arrangiamenti curati e melodia vocale sono protagonisti. L’assolo molto ben calibrato di Eduardo Marcolino, dona un ulteriore tocco di classe al pezzo. Out On The Blue inizia con la voce di Alexandre Daumerie impegnata ad eseguire un passaggio in falsetto. Il brano è un AOR molto moderato ed soffuso. Sul finale, dopo l’assolo di chitarra, intervengono dei fiati a dare un certo sapore Toto al pezzo.
Ancora un lento con Moving Backwards, canzone dall’ arrangiamento molto pop. L’attacco di pianoforte accompagnato da un malinconiche note di chitarra sulle prime fasi di Gibberish, fà rammentare qualcosa dei Savatage. Il brano però si evolve ancora con un pop rock lento sulla scia di quanto già ascoltato in precedenza.

Ammetto che tre lenti di fila non me li aspettavo, e mi hanno lasciato un po’ spiazzato…
Si cambia però registro con Rosetta Stone, una composizione decisamente più dinamica, con una ritmica ed un cantato più vivaci pur restando sempre in campo hard rock melodico. L’attacco bluseggiante di More Than Less ed il suo andamento contenuto riportano però, il disco su terreni più soft.

La strada percorsa dai Tarmat è decisamente quella di un rock votato alla melodia, le chitarre sono spesso tenute alla briglia con dei suoni pop. La batteria non è mai troppo eccessiva e le tastiere ricamano contorni a volte sognanti, altre più tristi e meditativi.
Non stiamo comunque discorrendo di un disco scialbo o spompato. Anzi, la band brasiliana evidenzia delle qualità musicali importanti, frutto dell’esperienza maturata negli anni. Evidentemente in questo progetto hanno voluto esplorare il lato più melodico e malinconico del panorama rock.

Gli arrangiamenti sono poi molto ricercati e mai  scontati. Inoltre, in certi passaggi emergono qua e là, dei richiami alle cose più melodiche dei Rush, in particolare del loro periodo new wave degli anni 80. Paragone nemmeno tanto fuori luogo quello con lo storico trio canadese, contando che Eduardo Marcolino, Gabriel Aquino ed il drummer Rafael Marcolino militano negli Anxtron, formazione dedita al prog strumentale. Particolare che lascia intendere come i musicisti carioca siano abituati a masticare certe sonorità.

Your Enemy si presenta con un basso protagonista che, accompagnato da innesti di tastiera, scandisce il ritmo ad una ballata riflessiva con un certo andamento solenne. Un arpeggio elettrico apre True Color, un mid tempo dalle tonalità cupe improntato più sull’hard rock. L’assolo di chitarra ad opera del solito Eduardo Marcolino arricchisce il brano già di per sé particolarmente riuscito
Con Dinner’s On The House si battono nuovamente sentieri soft, con un pop rock dove forse si è ecceduto un po’ troppo con i toni melensi. In conclusione The Knight, un pezzo acustico dal sapore folk con cui i Tarmat guardano a sonorità più atmosferiche vicine al prog

Un disco bisognoso di più ascolti.
Confesso, che con tutti questi lenti e ritmi moderati, ad un primo impatto credevo di trovarmi tra le mani un polpettone di ballate AOR e pop rock per cuori infranti appena scaricati dalla fidanzata.
Dopo ripetuti ed attenti passaggi le qualità del disco sono tuttavia destinate ad emergere: merito anche della classe dei musicisti coinvolti. Si sente la mancanza di qualche brano più energico che indubbiamente avrebbe dato più colore ad Out Of The Blue. Un lavoro buono anche se maggiormente indicato ad una cerchia mirata di pubblico, composta principalmente da appassionati del AOR/melodic rock tipico degli anni 80.
Se poi anche qualcun altro volesse provare ad avvicinarsi ai Tarmat, potrebbe sempre ricorrere ad Out Of The Blue per creare un’atmosfera romantica ed uscire a cena con una ragazza appena conosciuta.
Prima però, occorrerà accertarsi che la tipa non sia una fan di Sodom e Testament.
Perché rischiereste che vi pianti da soli in mezzo al ristorante con il conto da pagare…

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