Recensione: Reaching for Darkness

Di Tiziano Marasco - 24 Aprile 2021 - 9:25
Reaching for Darkness
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Gothic 
Anno: 2020
Nazione:
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Gli Honoris Causa sono un tipico caso di band nata in luoghi eletti dalle multinazionali per delocalizzare le loro sedi. In parole povere tali luoghi possono essere definiti come “città dell’est Europa piene di stranieri”. Bratislava, Wrocław, Katowice, Varsavia, Budapest, Praga. Ecco, qui ci fermiamo. La band ha infatti base a Praga e si autodefinisce ceca sebbene nella line-up non figuri alcun ceco (come spiegato in dettaglio nell’intervista).

Nella fattispecie la band è un trio composto da un multistrumentista di Milano (ovvero un italiano del nord), un chitarrista di Kuopio (ovvero un finlandese del centro) e una cantante di Prešov (ovvero una slovacca dell’est).

Ora il fatto di avere una cantante potrebbe facilmente lasciar presupporre che ci si trovi difronte al classico progetto di female fronted con varie reminescenze tra gothic e folk. Ciò non potrebbe essere più lontano dalla realtà. Il duo in effetti propone del gothic, ma molto classico e ottantiano, per un EP, dal titolo “Reaching for darkness” composto da cinque brani inediti e la cover di “Falling” dei Lacuna Coil.

Quindi niente orchestre ridondanti, niente bassi superpompati, niente cori operistici a 90 voci. E non solo perché l’ep è un autoprodotto. Piuttosto, “Reaching for darkness” è un lavoro molto essenziale ed old school, fatto piuttosto di atmosfere malinconiche e oscure che di riff ruvidi e rocciosi. Uno dei primi nomi che vengono in mente durante l’ascolto, difatti, è quello dei Lake of Tears.

È anche un disco con diversi limiti, alcuni tecnici ma anche, forse più evidenti, di budget. Questo principalmente perché si tratta di un lavoro creato durante la pandemia; è fatto completamente in casa e con mezzi propri e quindi non può stupire che difetti un po’ in quanto a produzione. Anche se in un mondo metallico fatto di produzioni ampollose questo non è necessariamente un difetto, anzi. Diciamo che un po’ di pulizia in più non guasterebbe.

In ogni caso, i 28 minuti di “Reaching for darkness” scorrono via abbastanza bene, forti di una composizione semplice (al meglio in “The One” e “Grim Reaper”), di melodie relativamente facili da assimilare e da pochi riff messi al punto giusto. Da segnalare in questo senso sono “Stone Bed” e, ancora “Grim Reaper”.

A conti fatti, in ogni caso, la proposta degli Honoris Causa risulta valida proprio nel suo essere old school, cosa che la colloca lontanissimo da quello che è il “classico female fronted gothic del XXI secolo”. C’è un po’ di lavoro da fare, e l’arrivo di una label potrebbe risolvere buona parte dei problemi strutturali.

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