Recensione: Retaliate [EP]

Di Daniele D'Adamo - 4 Luglio 2025 - 0:00

Per i canadesi Serpent Corpse, a due anni dal debut-album “Blood Sabbath”, è il momento di un nuovo capitolo discografico: l’EP “Retaliate“.

Dire EP è in effetti un po’ riduttivo, poiché ci sono solo quattro canzoni, sì, però durano dai cinque a nove minuti per una durata complessiva di venticinque minuti. Non solo, ciò che il combo nordamericano propone è molto compresso, nel senso che nel tempo a sua disposizione riesce ad affermare in toto quale sia la propria idea musicale di death metal.

Idea che involve alcuni aspetti peculiari. A iniziare dal mood. Buio, oscuro, tenebroso. Si direbbe da paura, quasi, e questo grazie all’interpretazione delle chitarre, che spesso divorano accordi ossianici, sulfurei, cattivi, e parti soliste catacombali, da brividi sulla pelle. E al basso che, come uno spaventosa entità maligna, romba continuamente in sottofondo come un sempiterno terremoto. Il tutto, reso possibile grazie al forsennato drumming, spaziante dagli slow-tempo in stile doom ai blast-beats da allucinazione.

Lo stile che ne risulta è davvero ciò che si può definire vero death metal. Che pesca, cioè, a piene mani i dettami di base dal quel brodo primordiale che ribolliva nella seconda metà degli anni ottanta; i cui ingredienti erano il thrash, principalmente, e il black, seppure ai primi passi anch’esso tant’è che l’accezione imperante per certi concetti tendenti al nero era ancora quella di dark metal. Death metal che scava in profondità nell’anima per indurre una cupa sensazione ansiogena per un pericolo imminente che non si sa quale sia. Death metal atmosferico che mostra, ancora, un cordone ombelicale mai tagliato con il già menzionato thrash, se non fosse per altro che per la modalità di concepimento dei riff delle asce da guerra.

I Serpent Corpse, tuttavia, non si sono fermati qui ma si sono evoluti in una qualcosa di più ampio, progredendo verso un modus operandi volto ad abbracciare più emozioni con un songwriting più vario rispetto a quello di base. Amplificando la varietà delle atmosfere di cui sopra per realizzare un lavoro allo stesso tempo (relativamente) breve ma, allo steso tempo, sufficientemente lungo per entrare nella carne di chi ascolta.

L’orrido viaggio da “Brazen Serpent” alla suite finale “Meteor Summon“, difatti, sembra quasi non finire, travolti da una quantità enorme di note, accordi e quant’altro di musicale. Oltre alle inquietanti linee vocali di Andrew Haddad, vero e proprio nocchiero che, con il suo roco growling, svolge impeccabilmente il proprio compito di raggiungere la meta finale per le anime dannate: l’Inferno.

Ecco che, allora, a mano a mano che le canzoni penetrano la pelle per cercare di manifestarsi nel cervello, oltre alla sensazione di uno stile ortodosso nel suo incedere, si cominciano a intravedere i contorni lo spirito, o in qualunque modo si voglia chiamare, di un talento notevole per ricreare visioni torrenziali di grotte abissali in cui la poca aria stringe la gola, e quel poco che arriva sa di morte, di decomposizione, di dissoluzione.

Retaliate“, alla fin fine, è solo un dischetto – così come si usa definire – che, però, ha tanto, tanto da esprimere. E i Serpent Corpse? Molto bravi nell’aver saputo creare qualcosa di nuovo pescando da un calderone in cui c’era solo tanto di vecchio. Si attendono fiduciosi alla prova di un eventuale, secondo full-length.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Genere: Death 
Anno: 2025
75