Recensione: Rock Your Face Off

Di Carlo Passa - 6 Agosto 2014 - 9:18
Rock Your Face Off
Band: Kix
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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74

La madre di tutte le domande è sempre la stessa: fu omicidio, o suicidio? l’hair metal implose in una nuvola di lacca, o venne ucciso dalle camicie di flanella di Seattle?
Probabilmente, la verità sta nel mezzo. Al volgere del nuovo decennio, l’hard rock scintillante losangelino che aveva dominato la seconda metà degli anni ottanta aveva raggiunto livelli parossistici, schiacciato tra look improbabili, manager senza scrupoli e dischi di qualità discendente. Il grunge ebbe, dunque, gioco facile, limitandosi ad uccidere un uomo morto. Bastarono un Nevermind e un Ten: e la bara venne chiusa.
Ma la chiusura non fu così ermetica, se è vero che nel corso dei più di vent’anni che ci separano da quei giorni abbiamo assistito a tante reunion di band che facevano parte della scena del Sunset Strip e dintorni. Pur costretto a vivere del proprio glorioso passato (poche, in vero, sono le prove di buona qualità prodotte da band riscaldate), il genere è vivo, soprattutto in virtù di un pubblico ancora numeroso e sinceramente affezionato alle sonorità che agirono da sfondo ai patinati anni ottanta sulla west coast americana. Negli Stati Uniti, band come Poison, Cinderella, Ratt e Dokken riescono ancora a riempire locali di medie dimensioni, seppure soltanto grazie a scalette che si limitano a pescare tra le hit di tanto tempo fa.
Tra le ultime band a ritornare sulle scene con un nuovo disco ci sono i Kix. Pur originaria del Maryland, la band fu tra le protagoniste del fenomeno hard rock californiano. Meno glam e un po’ più hard di altri, i Kix pubblicarono cinque album nel decennio tra il 1981 e il 1991, raggiungendo l’apice del successo con il disco di mezzo, quel Blow  My Fuse, del 1988, che rappresenta un tassello importante, seppur non fondamentale, della scena che fu.
L’ultimo album prima di questo Rock Your Face Off fu Show Business, del 1995, accolto tra l’indifferenza totale a causa degli ultimi vagiti del grunge e, d’altro canto, del primo ritorno del power metal europeo.
La formazione è rimasta la stessa, tranne che per l’assenza di Donnie Purnell alle corde grosse del basso, sostituito egregiamente da Mark Schenker.
Dopo diciannove anni ci si aspetta qualcosa di notevole: Rock Your Face Off non tradisce e denota una qualità media piuttosto alta, dimostrando che l’esperienza conta, e non poco.
Wheels in Motion apre le danze come meglio non si potrebbe, così adrenalinica e piena di lurido spirito street. Più cadenzata la successiva You’re Gone, che gode di un bel groove e si lascia ascoltare con piacere. Sulla medesima lunghezza d’onda è anche Can’t Stop the Show: puro rock da chitarra a mezza gamba.
Rollin’ In Honey ricorda un po’ gli Slaughter: un pezzo che vi sembrerà di aver già ascoltato un milione di volte, declinato in tante salse, eppure sempre sufficientemente fresco.
La title track, purtroppo, non si lascia ricordare per pregi particolari e scompare nel cuore del disco. Molto bella, invece, All the Right Things, che richiama alla memoria i grandi The Dogs D’Amour.
In un disco del genere davvero non può mancare l’ode alle Dirty Girls, che giunge senza, però, cogliere troppo nel segno. E neppure può mancare la consueta ballad costruita intorno a un giro di chitarra acustica. Inside Outside Inn non è così banale come ci si potrebbe immaginare e si candida ad essere uno dei pezzi più riusciti del disco, con quell’atmosfera tra il triste e il decadente, che fa tanto fine serata sullo Strip.
Mean Miss Adventure è puro party hard rock: ritmo in due quarti, riffone sporco e ritornello che più canonico non si può. Scrivere ed eseguire (“rendere” si direbbe) canzoni di questo tipo non è così facile come potrebbe sembrare: e qui è l’esperienza dei Kix a fare la differenza.
Love Me With Your Top Down è una trascurabile clonazione di qualche scarto dei Mötley del periodo di Theatre of Pain. Anche Tail On the Wag non lascia il segno, mentre Rock & Roll Showdown chiude più che dignitosamente il disco, con un bel riffone e un piglio da far invidia alle band più giovani.
Ai Kix non si chiede innovatività, ma continuità con un passato che ancora riluce, senza scadere nella patetica rivisitazione di se stesso. In questo senso, Rock Your Face Off è un passo nella direzione giusta. Li attendiamo alla prova live.

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