Recensione: Shifting Time

Di Francesco Maraglino - 23 Gennaio 2022 - 11:03
Shifting Time
Band: Giant
Etichetta: Frontiers Music
Genere: AOR  Hard Rock 
Anno: 2022
Nazione:
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79

Quello dei Giant è indiscutibilmente un monicker la cui vista sulla copertina di un album (fisico o digitale che sia) fa palpitare i cuori degli appassionati di AOR e hard rock melodico.
La band, all’epoca dei suoi esordi capitanata dall’affermatissimo producer Dann Huff (al suo attivo un numero pressoché infinito di collaborazioni con artisti celeberrimi), è, infatti, titolare di due lavori tra i più celebrati in tale settore della musica rock, gli sfavillanti “Last of The Runaways” e “Time to Burn”, due autentiche perle portate alla luce a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, oltre che di un reunion album del 2001.
I Giant brillavano non solo per il lavoro di voce e chitarra di Dann ma anche per il tocco elegante del tastierista jazz-rock Alan Pasqua, oltre che dell’arte di Mike Brignardello al basso e David Huff – fratello di Dann, con lui anche nella band christian rock White Heart prima ancora che con i Giant – alla batteria.

La gioia di rivedere il marchio Giant su un’altra uscita, però, ha pure come contrappeso malinconico la mancanza nella line-up proprio di Dann Huff e Alan Pasqua. La presenza di un nuovo cantante, però, non è assolutamente una novità: già in “Promise Land”, infatti, dietro i microfoni brillava la voce di Terry Brock (Strangeways), mentre la sei-corde era già allora saldamente nelle mani di John Roth (Winger, Starship).

In “Shifting Time”, pubblicato da Frontiers in questo inizio di 2022, confermato quest’ultimo alle chitarre, spunta ancora un nuovo vocalist, quel Kent Hilli destinatario di univoci consensi per il proprio lavoro con i Perfect Plan, formazione dalla cover facile (vedi l’EP “Jukebox Heroes”), e  che proprio dei Giant hanno già realizzato una rendition di Stay).

Va subito detto, a scanso di ogni equivoco, che i nuovi arrivi fanno un eccellente lavoro, e il signor Roth lo dimostra immediatamente a  partire dalla intro  Shifting Time, carica delle emozioni donate dalle sue chitarre, acustica ed elettrica. Ma tutto l’album è un viaggio avvincente tra tutte le sfumature del genere musicale di riferimento.

Il più patinato AOR/hard rock melodico, in perfetto equilibrio tra aggressività, melodia e classe, è esemplificato a perfezione in tracce come Never Die Young, incalzante e ingemmata da un melodico assolo di Dann come ospite,  a mo’ di benedizione dell’intera operazione, My Breath Away e Let Our Love Win, quest’ultima con il suo riff che introduce un canzone AOR in cui s’avvicendano accelerazioni con chitarre saettanti  e rallentamenti.

Un tenue flavour bluesy s’affaccia nel finale del class rock  Don’t Wanna Lose You e un più robusto tenore hard blues irrobustisce, pur in un contesto melodic rock, Highway Of Love.

Il fronte più slow trova il suo gold standard in It’s Not Over, che mostra una interpretazione maiuscola da parte del vocalist scandinavo, molto espressivo anche in  I Walk Alone, semiballad suggestiva ed intensa con amche tastiere e chitarre sugli scudi, nonché la più elettrica Anna Lee .

 

Insomma, sebbene anche qui Giant appaia più un brand che la band vera e propria dei tempi che furono (con solo metà della formazione originale) , Shifting Time” è un album che funziona a meraviglia grazie a un songwriting quasi sempre d’eccellenza, esecuzioni,  arrangiamenti e produzione scintillanti  ed equilibrati tra rock hard e soft (al mix c’è lo zampino del “nostro” Alessandro Del Vecchio).

Solo a tratti sembra mancare un vero e proprio tratto di ben identificabile personalità (un paio di canzoni – ad esempio Don’t Say A Word e The Price Of Love sembrano assimilabili a tanti progetti che imperversano in questo ambito, sebbene ad un livello “top”).

Ma si tratta di piccoli dettagli che non inficiano il giudizio ampiamente positivo (con sprazzi d’entusiasmo) per un lavoro che farà la felicità di tutti i fans di AOR e dintorni.

 

Francesco Maraglino

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