Recensione: Songs From November

Di Tiziano Marasco - 18 Settembre 2014 - 7:03
Songs From November
Band: Neal Morse
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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75

“Ascolto un mucchio di musica di tutti it tipi… I dischi prog nei momenti in cui voglio concentrarmi su qualcosa di complesso, ma a volte anche Jazz o la classica. Molte volte però sono attratto da gente che emana “buone vibrazioni”, dagli album di artisti come Jackson Browne o Graham Nash. E così un giorno mi son detto: “Mi piacerebbe far un disco così!” Ecco, Songs From November è qull’album.”

Dal sito ufficiale di Neal Morse.

Ecco, se  aprite il link qui sopra e continuate a leggere scoprirete che Songs from November è stato appunto concepito e scritto nel novembre 2013. Un mese per undici canzoni nuove non rappresenta un buon punto di patenza, soprattutto a chi bazzica il prog ed è abituato a composizioni da venti minute che impiegano mesi  anche solo per esser messe assieme. 11 canzoni in 30 giorni, per chi bazzica il prog, sono sintomo di dozzinalità nella maggior parte dei casi. Ma avrete capito che questo non è il ‘solito’ disco di Neal Morse (se così posso dire). Si tratta infatti di canzoni leggere, più AOR che prog, comunque molto influenzate dal soul, una ricca carellata di canzoni gioiose e ballate malinconiche, perché novembre in California (o comunque in Tennesse, dove Neal attualmente risiede) non dev’essere un mese uggioso come in Italia.

Ad ogni modo, ci troviamo davanti ad un ottimo disco di pezzi brevi, tutti attorno ai quattro minuti l’uno, che rendono omaggio ad artisti molto diversi, dato che, semplice o no, Neal ama la varietà dei suoni e le melodie senza tempo, quelle che si stampano in testa al primo ascolto. Niente intrichi, giacché una suite di Neal dura come e più di quattro delle canzoni qui contenute. Pure la mano dell’artista di Los Angeles si sente, nella delicatezza delle chitarre acustiche, nel modo di costruire i cori, nel modo di mutuare al pop/prog elementi propri del soul più solare o del blues più lussureggiante.

È impossibile resistere alla solarità di pezzi come Whatever Days e The Way of love o all’atmosfera ottantiana di Song for the Free (potrebbe essere del peggior Peter Gabriel). Ma a ben guardare vi sono anche molte ballate tranquille, malinconiche o strappalacrime. Queste sfoderano la loro bellezza con il passare degli ascolti. Irresistibili ad esempio sono Flowers in the Vase (che ha un inspiegabile retrogusto di Calexico), Love shot an Arrow o My Time of Dying. In tutto questo si segnalano anche due pezzi sotto tono come Heaven Smiled e Daddy’s daughter, decisamente troppo lacrimevoli, ma poche ombre non possono minare la qualità complessiva di un disco che rende piena giustizia al nome di chi lo ha concepito.

Neal Morse trasforma in oro tutto quello che registra. Spock’s Beard, Transatlantic, da solo come grande compositore prog e con Songs from November anche come cantautore. Il lavoro non ha nulla degli intricati canoni compositivi di Neal Morse, eppure risulta inconfondibilmente plasmato dalla mano dell’artista statunitense. Ed appurato il fatto che si tratta di un buon disco, perlopiù scevro da dichiarazioni d’amore per l’altissimo, resta solo da decidere quale connotazione affibiargli. Disco estemporaneo e di “rilassamento” oppure inizio di un nuovo ciclo? Difficile dirlo, ma una cosa è certa. Comunque vada, sarà un successo.

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

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