Recensione: The Loss Of Beauty

Di Vittorio Cafiero - 1 Giugno 2023 - 18:04
The Loss Of Beauty
Etichetta: Spikerot Records
Genere: Doom 
Anno: 2023
Nazione:
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80

A poco più di due anni dal precedente “Beyond The Shores (On Death And Dying)” (per chi scrive, miglior album del 2020 in assoluto), tornano i romani Shores Of Null con il loro quarto full length ancora una volta su Spikerot Records. Se il lavoro precedente aveva impressionato come opera ricca e profonda nel suo essere un concept coeso e consistente, il nuovo lavoro (tra l’altro, figlio delle stesse sessioni di registrazione) colpisce come insieme di tracce mature dal songwriting curato e ben sviluppato. Meno vincolati ad un soggetto così specifico e “pesante” (senza nessuna connotazione negativa, sia chiaro), i Romani questa volta sono liberi di spaziare e l’ascolto del disco è decisamente meno impegnativo rispetto all’esperienza precedente (dove risultava pressoché impossibile interrompere la riproduzione o anche solo limitarsi ad un ascolto superficiale).

Si parla spesso ultimamente di fluidità di genere a livello sociale ed evolutivo e ormai lo si può tranquillamente fare anche in campo musicale. Il crossover esiste da tempo, ma mai come in questo ultimo periodo lo si può fare anche in campo extreme metal. Cosa suonano gli Shores Of Null? Siamo sempre nei dintorni di una sorta di blackened gothic metal, ma indubbiamente per la band in questione si può parlare anche di doom (anche se forse in misura minore  rispetto al precedente album) ed eventualmente anche di death metal progressivo ed evoluto (con tanti momenti che possono piacere anche a fan di Opeth ed Edge Of Sanity) dove la voce di Davide Straccione, veramente sugli altari, è la caratteristica peculiare: profondo nel growl e intenso nel pulito, caratterizzando le composizioni e arricchendole in personalità.

Destination Woe” e “The Last Flower”, pezzi guarda caso selezionati come singoli, rappresentano alla perfezione l’attuale stile della band capitolina: sono le linee di chitarra armoniose e la voce del cantante a guidare le danze, i pezzi si sviluppano attorno a queste due entità che collaborano perfettamente, con le prime che si producono in un ottimo fondamento (grazie all’ampio spazio concesso ad accordi aperti e a soluzioni ai limiti del black melodico, come ad esempio nello stacco centrale proprio della terza traccia della tracklist) e con la performance di Davide “Beggar” Straccione il quale, con disinvoltura, si giostra tra clean e harsh vocals e sembra farlo con facilità ancora maggiore rispetto al precente lavoro (ancora una volta, esempio lampante in “The Last Flower”). Dopo qualche cenno di Paradise Lost nelle linee di chitarra di “Darkness Won’t Take Me”, melodica e iterativa in un certo senso, è il turno di “Nothing Left To Burn”, solenne e appassionata, forse il pezzo che più riporta alle atmosfere di “Beyond The Shores (On Death And Dying)”. Tra le altre cose, brano scelto come primissimo singolo dell’album e accompagnato dallo splendido, grottesco e felliniano video a cura della “solita” Sanda Movies (Fleshgod Apocalypse, Inno, Oceana) che già aveva girato l’apprezzato lungometraggio legato al precedente album.

Più si prosegue nell’ascolto e più si percepisce la facilità con cui gli Shores Of Null riescano ad essere personali: certo, le influenze ci sono, ma è complicato completare la riflessione “gli Shores Of Null ricordano i….”. E ciò vale anche per “Old Scars”, che sì inizia con qualche rimando agli Opeth dei bei tempi, ma poi si sviluppa in un crescendo di melodia alternata a momenti più death-oriented, decisamente peculiari.
E’ Selvans come ospite speciale ad occuparsi nelle vocals in scream di “A Nature In Disguise”, donando alla traccia un piglio black alquanto arcigno, complementare invece alla solarità espressa nelle voci pulite del “resident singer”, mentre è impossibile non menzionare “My Darkest Years”, struggente nella linea melodica così come nel testo, che sembra usare l’espediente della guerra per affrontare  un percorso interiore attraverso il dolore e il rimorso.

Gli Shores of Null mettono a segno un altro centro in una discografia priva di sbavature, con un album sicuramente più accessibile ma perfettamente scritto, arrangiato e suonato. Questa volta, la struttura più tradizionale del disco consente di proporre pezzi che si fanno ascoltare con facilità e che rimangono rapidamente impressi. Un’altra uscita discografica quindi che, unitamente all’intenso lavoro promozionale e mediatico messo in atto recentemente, conferma quanto già di buono fatto in passato e proietta la band tra le realtà più promettenti del genere – anche a livello internazionale – e il tour europeo appena concluso con Swallow The Sun, Draconian e Avatarium ne è la palese dimostrazione.

Vittorio Cafiero

 

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