Recensione: The Rise of Medici

Di Stefano Usardi - 11 Ottobre 2022 - 10:00

Tempo di debutto per gli Imaginaerium che, come avrete probabilmente intuito, con “The Rise of Medici” decidono di ripercorrere l’ascesa di una delle famiglie più influenti del Rinascimento e, per farlo, ricorrono allo strumento della Rock Opera. Nella fattispecie, “The Rise of Medici” riprende alcuni episodi della saga medicea nel periodo compreso tra il matrimonio di Cosimo de’ Medici e Contessina de’ Bardi e l’esilio di Rinaldo degli Albizzi, rivale di Cosimo. La musica proposta è ariosa, con una base di robusto rock screziata da elementi neoclassici e barocchi e da rimandi ai lavori di Morricone o a certi Nightwish, e si adatta molto bene al contesto creando la giusta atmosfera sofisticata, teatrale e glamour. Gli Imaginaerium non nascondono la propria ambizione ma si mantengono al tempo stesso concentrati sull’obiettivo, senza sterili e vanagloriose dimostrazioni di bravura: nonostante la lunghezza di quasi un’ora, “The Rise of Medici” scorre molto bene e raggiunge il suo scopo in modo elegante ma senza farsi mancare la giusta dose di magniloquenza.

Si parte doverosamente con “Festina Lente” (Affrettati Lentamente, locuzione attribuita ad Augusto divenuta motto dei Medici), breve traccia introduttiva dallo sviluppo quasi sacrale che si colora nella parte centrale di toni più vicini a quelli di un cantastorie e sfuma, poi, in “Duty of Love”. Contessina riflette sulle conseguenze del matrimonio con Cosimo I, e le sue elucubrazioni si traducono in una traccia nervosa e impattante, in cui una strofa tesa ma dai toni ancora dolci si vede inframmezzata da passaggi più maestosi e battaglieri. Il suono di un clavicembalo introduce “House of Dreams”, in cui Cosimo e Contessina riflettono sulla possibilità di creare un nuovo ordine a Firenze e in Italia grazie alla loro unione. Il tono del pezzo si mantiene sulle coordinate di “Duty…” ma puntando maggiormente sulla maestosità grazie al buon gioco di voci e a melodie che, seppur sorrette da un impianto chiaramente rock, tanto profumano di Rondò Veneziano. Con “The Tide will Change” entra in scena Rinaldo degli Albizzi, che medita la rovina per i suoi avversari ammantando il brano di toni cupi, incombenti, in cui cori virili e percussioni imponenti acquisiscono un maggiore peso. L’intermezzo di pianoforte spezza l’incedere del brano con un diverso tipo di pathos, prima di ritornare ai toni duri in tempo per il finale. Un coro dal possente afflato sacrale, vagamente in odor di “Mission”, introduce “Never Close Your Eyes”, traccia delicata e suggestiva in cui Lucrezia mette in guardia la coppia sui pericoli del successo e sull’invidia che esso, inevitabilmente, suscita. Un arpeggio mesto apre “Glass Throne”, in cui Contessina intravede i pericoli in arrivo. Si torna alle melodie ariose dei primi brani, che si fondono con partiture più rigorose per dar vita ad un pezzo dall’ottimo tiro e che mescola passaggi più diretti e combattivi a momenti placidi, quasi rassegnati. Con “Treachery” i toni tornano a incupirsi: Cosimo è tradito e incarcerato grazie alle macchinazioni di Rinaldo, e la musica riflette il colpo di scena con un fare drammatico che strizza l’occhio a certo progressive degli anni ’70. La traccia incede con ritmi nervosi ma blandi, che si caricano di pathos in occasione del duetto con Contessina, e prende corpo con l’ingresso in scena di Cosimo. L’intermezzo strumentale che apre la seconda metà del brano introduce il coro dei tre ed il breve solo, per poi tenere alto il livello drammatico fino alla chiusura di uno dei pezzi più incisivi dell’album. “Fall from Grace”, secondo intermezzo di Lucrezia, smorza i toni enfatici del pezzo precedente per tornare alla delicatezza quasi bucolica che già aveva caratterizzato “Never Close…”: Cosimo scampa dalla pena di morte ma deve accettare l’esilio a Venezia. Qui si apre “Will I Never Return?”, con Cosimo che, sorretto da un ritmo arcigno e melodie vorticose, deve riflettere sulla sua situazione e sulla possibilità di non vedere più Firenze. La musica saltella tra passaggi a loro modo melodrammatici ed altri più sottaciuti, quasi bucolici, spandendo anche in questo caso un profumo di progressive – a metà strada tra rimandi vintage e un piglio più moderno – per descrivere lo stato d’animo combattuto di Cosimo. Con “Fortune Reverse” si assiste al ribaltamento di scena: è ora il turno di Rinaldo di vedere i suoi piani andare in fumo e a Contessina tocca il presagio della rinascita. Il pezzo si fa articolato, con il comparto sinfonico che gioca con melodie tese ed improvvise impennate trionfali, creando il senso di aspettativa e attesa che presagisce la risoluzione della vicenda. Emblematica, in questo senso, la sezione solista che apre la seconda parte del pezzo con un piglio più rilassato, quasi liberatorio, prima del climax finale che celebra il successo di Contessina. Un coro sacrale apre “The Return of the Medici”, in cui si riprende la strofa che aveva aperto l’album per celebrare il ritrovato potere mediceo: i ritmi si fanno quadrati, marziali, quasi a scandire una marcia trionfale per le vie della città, mentre il gruppo spazia tra melodie ariose ma trattenute e rapidi squarci enfatici che trovano compimento nel sontuoso finale a tre voci, con Contessina e Cosimo in primo piano a ribadire il motto mediceo e Rinaldo relegato al ruolo di contrappunto dalla sua condizione di esiliato. L’album potrebbe tranquillamente finire qui, col perfetto climax raggiunto dalla traccia appena conclusasi, ma c’è tempo per la conclusiva “Legacy” che, dopo un arpeggio delicato che funge da supporto alla dolce voce di Contessina, si apre in una nuova marcia trionfale in cui la matrona medicea riflette sull’influenza e sull’eredità che spetterà loro nel corso della storia. Il pezzo si distacca lievemente dal concept musicale dell’album per via di un taglio più rockeggiante, quasi da musical, che nonostante un certo eccesso di melodramma qua e là chiude degnamente un debutto degno del massimo rispetto. “The Rise of Medici” è un album ambizioso ma al tempo stesso concentrato, che non lascia nulla al caso – da notare anche l’eccellente booklet – e bilancia in modo decisamente efficace i vari aspetti della sua proposta, suonando al tempo stesso maestoso e ricercato.

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