Recensione: The Will

Di Matteo Pedretti - 21 Gennaio 2021 - 8:30
The Will
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I finlandesi Counting Hours si formano nel 2015, ma arrivano alla pubblicazione del primo LP “The Will” (uscito per The Vinyl Division) solo nel 2020. Il fatto che la band abbia un solo album all’attivo non deve trarre in inganno: i musicisti coinvolti nel progetto sono in realtà dei veterani di grande esperienza della scena Metal/Rock del proprio Paese. I chitarristi Jarno Salomaa e Tomi Ullgrén sono membri fondatori dei Shape Of Despair, combo Atmospheric Funeral Doom con una storia venticinquennale alle spalle (entrambi hanno un passato nei Rapture, leggende del Melodic Doom/Death ora in iatus; Ullgrén è inoltre attivo nei blackster Impaled Nazarene), il bassista Markus Forsström e il vocalist Ilpo Paasela provengono invece dai The Chant, formazione Gothic Rock nata negli anni Novanta. Completa il gruppo il batterista Sameli Köykkä, forte della militanza in diverse formazioni Funeral Doom, Gothic e Death Metal.

Con un suono freddo, malinconico e sovente incline a sfuriate rabbiose, i Counting Hours si pongono idealmente al crocevia tra gli stili delle band di origine dei componenti. Il minimalismo dei Shape Of Despair è qui del tutto abbandonato in favore di soluzioni più stratificate, ma di questi è ripreso e sviluppato l’approccio atmosferico al Doom. Dai The Chant sono tratte, invece, le sonorità gotiche e Post Rock/Metal che assumono, in queste composizioni, profili più sinistri. Altri riferimenti si rintracciano nei lavori dei succitati Rapture, di My Dying Bride e Paradise Lost, così come nel Death Rock e nel Gothic Rock di scuola finlandese che va dai compianti Babylon Whores agli Sleep Of Monsters.

“The Will” è aperto dalla title track: una intro in cui melodie di tastiera si fondono con gli echi di una tempesta, segnando l’inizio di questo viaggio di malinconica, ma vigorosa, introspezione (concetto che sembra restituito anche dall’artwork dell’album che ritrae un sentiero innevato e solitario che attraversa una foresta). Proseguendo in ordine sparso si ascoltano episodi piuttosto diretti, ma eleganti, come “Profund”, “To Exit All False” e “Our Triumph” in cui mid tempo Gothic Metal, generalmente caratterizzati da linee vocali pulite e melodiche, cedono il passo a rallentamenti tipicamente Doom/Death, su cui si stagliano profondi growl.

Vi sono poi pezzi che spiccano per architetture compositive più elaborate, in cui la band riesce a esprimere al meglio la propria vocazione alla ricerca e al dinamismo sonori. E così in “Atonement”, “Saviour” e “Buried in the White” si ritrova una marcata differenziazione di atmosfere, conseguita grazie a un’alternanza organica tra sezioni morbide e riflessive, assalti Metal, pesanti decelerazioni Doom e passaggi eterei e sognanti. Completano il quadro “Blank Sunrise” che, con i suoi arrangiamenti tetri e il cantato viscerale e sofferto, è il passaggio più oscuro del disco e la conclusiva “Among the Pines We’ll Die”, il cui solenne riff iniziale sfuma in malinconici fraseggi di chitarra, preludio all’irruzione di una furiosa scarica Death Metal intrisa di una disperazione carica di tragica bellezza.

Considerata l’esperienza dei suoi autori, non stupisce la maturità che traspare da questo debutto sia a livello compositivo (Jarno Salomaa) che lirico (Ilpo Paasela). A mantenere standard elevati contribuisce una produzione che, molto attenta nel modulare con precisione le sfaccettate componenti del suono e nel ricercare il corretto equilibrio tra clean vocals e growl nei passaggi in cui le due tecniche si sovrappongono, restituisce efficacemente la carica espressiva della proposta.

Pur senza discostarsi significativamente dai canoni del Doom/Death Metal, con “The Will” i Counting Hours si dimostrano musicisti capaci di metabolizzare gli stilemi del genere e i propri riferimenti artistici per fonderli con il retaggio delle esperienze pregresse e infine sintetizzare il tutto in composizioni spiccatamente personali e sufficientemente accessibili.

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