Recensione: White Forest Reign Lullabies

Di Roberto Castellucci - 27 Maggio 2025 - 10:00
White Forest Reign Lullabies
Band: Zakula
Etichetta:
Genere: Death  Thrash 
Anno: 2024
Nazione:
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76

Never judge a book by its cover’, recita una nota espressione idiomatica usata nei paesi anglofoni. La traduzione letterale di questa frase in italiano è ‘mai giudicare un libro dalla sua copertina’; se volessimo ‘rendere’ meglio queste parole nella nostra lingua potremmo benissimo scrivere ‘l’abito non fa il monaco’. La copertina di “White Forest Reign Lullabies”, seconda fatica discografica dei greci Zakula, mi ha costretto in qualche modo a non osservare questo saggio consiglio: l’immagine scelta dalla band è stata a dir poco profetica. La cover dell’album mi ha subito richiamato alla memoria Inception, pellicola del 2010 di Christopher Nolan. Non ho intenzione di anticipare nulla riguardo alla trama di quest’ottimo film; i Lettori che non l’hanno visto dovrebbero subito correre ai ripari e guardarlo il prima possibile. Una volta arrivati alla fine dello spettacolo dovrebbero poi prendere in mano l’artwork di “White Forest Reign Lullabies”, in modo da confrontare la skyline residenziale riprodotta specularmente sulla copertina del disco con le città che si arrotolano su loro stesse ritratte nelle ambientazioni oniriche di Inception. Come il film di Nolan l’album degli Zakula richiede parecchio impegno per poter essere compreso a dovere: un apparente caos governa l’opera sin dalla prima nota, un caos in qualche modo regolato dal desiderio di fondere in un unico disco le influenze musicali più disparate.

Il primo, omonimo EP diffuso dagli Zakula nel 2021 rientra a buon diritto nello sconfinato e ribollente calderone del Progressive Metal estremo, oscillando fra Thrash, Black e Death melodico di stampo svedese con una tangibile propensione alla contaminazione con le frange più estreme del Metalcore. Un insolito potpourri, insomma, soprattutto per quei pochi che dalla Grecia si aspettano principalmente Black Metal oltranzista, Death Metal sinfonico o inni Epic/Power Metal sulla scia dei giovani Triumpher. “Zakula”, pur essendo il frutto di una band molto promettente, si rivelava stimolante ma poco coeso nel suo insieme: un’interessante proposta costruita su fondamenta molto eterogenee che necessitava di maggior solidità. “White Forest Reign Lullabies” corregge il tiro, rimanendo in accidentati territori Progressive ma risultando fin dal primo ascolto molto più compatto e ispirato. Con questo secondo disco gli Zakula hanno tolto un po’ di carne dal fuoco restringendo, per così dire, il campo delle loro influenze per mettere l’accento su sonorità Progressive estreme a dir poco eccentriche. Di rado ci si trova di fronte a ‘follie controllate’ di questo genere, in cui la varietà nello stile percussivo e il riffing tortuoso garantiscono un’invidiabile ricchezza espressiva ai brani. La saltuaria presenza di elementi synth infittisce il sound degli Zakula, contribuendo a dar corpo agli evocativi e simbolici testi delle canzoni. Non parliamo di una presenza costante di tastiere à la Mesarthim, intendiamoci: gli Zakula fanno ricorso ai sintetizzatori con parsimonia, con l’obiettivo di diversificare l’esperienza di ascolto senza stravolgere il multiforme impianto Thrash/Death progressivo intessuto con grande equilibrio dagli strumenti ‘tradizionali’. Non ho parlato a caso dell’entità Black Metal Mesarthim. In primis, sia i Mesarthim che gli Zakula hanno dedicato una canzone a TON 618, uno dei buchi neri più grandi dell’Universo conosciuto: i primi nell’albumThe Degenerate Era”, i nostri Zakula invece nella seconda metà di “White Forest Reign Lullabies”. In secundis, i brani dell’ultimo album del combo greco sembrano talvolta strizzare l’occhio alla galassia del Black Metal atmosferico e sinfonico, con inserti chitarristici che non sfigurerebbero in un album dei Dimmu Borgir di inizio millennio.

L’ascolto della prima canzone del disco, “Όλεθρος” (òlethros, ‘distruzione’), fornisce tutti gli elementi necessari per capire ciò a cui ci troveremo davanti: un percorso sonoro complesso, intrigante e ogni tanto addirittura ostico. Potrei usare questi tre aggettivi per commentare tanto la trama del succitato film Inception quanto un capolavoro di schizofrenia come “City” degli Strapping Young Lad, opera che molto probabilmente fa bella mostra di sé nelle discografie casalinghe dei membri degli Zakula. Ho iniziato la recensione con un modo di dire e la concluderò nella stessa maniera. Spesso si usa dire ‘uomo avvisato, mezzo salvato’. Volendo adattare questa nota locuzione italiana al ‘nostro’ ambiente musicale potrei scrivere ‘metallaro avvisato, mezzo affascinato’: deve ancora nascere l’appassionato che, dopo aver letto nella stessa frase le parole ‘ostico’ e ‘intrigante’, non cerchi di approfondire! Un album come “White Forest Reign Lullabies” chiede però di essere ascoltato dall’inizio alla fine, possibilmente senza interruzioni. Isolarsi per una quarantina di minuti in un mondo dominato da brevi reel e ancor più brevi shorts è ormai diventato un gesto provocatorio: se non lo facciamo noi metalhead chi altri oserebbe farlo? Buon ascolto!

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